La filosofia del “si stava meglio prima”

Amedeo Tesauro

È usuale, tipicamente umano, ideare paragoni tra il “vecchio” e il “nuovo” al fine di stabilire una superiorità che o legittimi quanto abbiamo a disposizione nel presente, o viceversa alimenti il rimpianto per quanto è andato perduto. Spesso, ovvero non sempre ma con buone probabilità, in tempi di magra è facile constatare il riemergere del vecchio “si stava meglio prima”, tanto diffuso da divenire luogo comune ma non per questo privato del proprio valore. Del resto siamo nel paese in cui perfino venti anni di regime furono rivalutati nella constatazione che i treni “passavano in orario” e si poteva “dormire con la porta aperta”, poco sorprende dunque che lo stallo di una classe politica incapace animi il rimpianto per i vecchi partiti di un tempo. Le vecchie sigle che hanno caratterizzato per quaranta anni la classe dirigente italiana, dalla Democrazia Cristiana al Partito Comunista con in mezzo i socialisti, vengono ora riesumate rimembrando un tempo in cui perlomeno c’erano degli ideali. Vero che quel sistema politico finì col termine della propria funzione storica, ovvero dopo la caduta del muro e il crollo del dualismo comunisti/non comunisti destinato a vivere solo nelle propagande di comodo, ma ebbe fine sotto i colpi dell’inchiesta di Mani Pulite che rivelò un malaffare di proporzioni inimmaginabili. C’erano le tangenti, c’era il clientelismo, c’erano tutte le componenti della malapolitica che oggi rivivono in scandali numerosi ma a cui purtroppo ci siamo assuefatti. Dati alla mano vale le pena chiedersi se è giusto rimpiangere un passato che in ultima analisi si mostrò sporco tanto quanto lo è il presente della “casta”; di idealistico emerse molto poco. Vero che un tempo i politici apparivano di ben altro spessore, ma è possibile rintracciare una spiegazione senza concludere in ogni caso che gli eletti di un tempo fossero migliori dei corrispondenti attuali. Le grandi personalità del passato, sotto qualunque simbolo, apparivano tali perché capaci di mantenere intatto quel fascino  attorno alla figura del leader, in grado cioè di esercitare quel carisma proprio di ogni capo. Nel momento in cui i mass media sono entrati prepotentemente nel quadro politico, sempre più abbiamo visto e sentito, e ciò ha minato le immagini dei politici non preparati a dialogare col cambiamento. Avere tante informazioni rivela lati prima facilmente occultabili: cogliere con una telecamera il deputato mentre dorme, fotografarlo in strada nella propria quotidianità, spiarlo in vacanza o mentre fa la fila, tutto serve a restituire un’immagine più vicina e per questo meno mitica del leader. Le debolezze, fosse solo anche un momento di non curanza, divengono oggetto di discussione nei talk show, e impediscono così le “costruzioni” propagandistiche di un tempo. Non è un caso che dietro Grillo si sia formato un movimento così ampio: egli è un leader che ha scelto di allontanare le telecamere per prediligere la rappresentazione dal vivo, ovvero il vecchio metodo di far politica, in maniera da non “scivolare” pubblicamente presso questo o quel talk show e alimentare così il carisma della propria figura. Magari i politici di un tempo erano davvero più abili degli odierni, ma il confronto è impari quando agli uni era concesso di nascondere i propri punti deboli mentre gli altri sono costretti a vederli smascherati in pubblico. Poco da sorprendersi, negli Stati Uniti, frontiera avanzata della comunicazione politica, gli studi in proposito mostrano che già dagli anni’60 la gente ritiene i candidati non in grado di occupare il ruolo che svolgono, ovvero da quando iniziarono i confronti pubblici e le sedute del parlamento furono riprese. L’alternativa è imparare a muoversi nel rinnovato campo d’azione dato dal surplus di informazioni, come ben sa Obama e come in Italia comprende un Renzi che va a “C’è posta per te” consapevole dell’importanza di un palcoscenico nazional-popolare in un’epoca in cui i politici sono nazional-popolari gioco forza: sfruttare l’opportunità data dai media piuttosto che subirne l’influsso. In definitiva risulta sempre difficile discutere delle capacità dei nostri rappresentanti in raffronto a quelli del passato, certo è che il “si stava meglio prima” è un luogo comune e tale merita di rimanere.