L’uomo e lo sfruttamento

Giuseppe Lembo
L’uomo, per sua natura, si ribella allo sfruttamento messo in atto dagli altri uomini. Rifiuta di essere o di sentirsi sfruttato dagli altri uomini, in quanto trattasi di un fatto assolutamente innaturale e disumano. Perché mai si dovrebbe accettare in modo compiacente ed accondiscendente di essere sfruttati? Oggi nel mondo e soprattutto nel nostro Paese, viviamo in un momento di crisi profonda; ma, è proprio nei momenti di crisi che i caini si attrezzano scientificamente per meglio sfruttare i propri simili che, diventano così, innaturale fonte di privilegi e di benessere del tutto e solo per sé. La gente di fronte alla crisi assordante, con rassegnazione, assume atteggiamenti di indifferenza a tutto, diventando così più facile cavia di sfruttamento, diventando, così, senza prospettive di un futuro possibile o addirittura semplicemente immaginabile. Tutto appare, sempre più incerto; tutto è in discussione. Anche i diritti acquisiti sono messi in discussione con il libero convincimento che possano, prima o poi, essere cancellati. La gente non crede più a niente; è solo e sempre più fortemente preoccupata per il proprio futuro che può essere arbitrariamente e con violenza,  governato da sfruttatori indifferenti del danno prodotto. Non è per niente naturale, pensare di poter sfruttare altri uomini che, a buon diritto, possono anche agire e reagire ribellandosi e cancellando con la violenza, il diritto innaturale basato sull’infame pretesa di sfruttare i propri simili, pur essendo nati uomini liberi ed attenti a non vivere sfruttando gli altri, un fatto assolutamente grave contro l’UOMO. Bisogna uscire dagli equivoci in cui si vive oggi; bisogna sgomberare il campo dalla cultura dello sfruttamento; bisogna evitare di contrabbandare il diritto, come favore elargito da qualche Santo in paradiso. L’Italia è, purtroppo, un Paese che vive di Santi in Paradiso. Una condizione questa grave per il presente, ma soprattutto per il futuro; in tanti, si affidano solo ai santi protettori, affinché aprano come privilegio di pochi le porte del Paradiso a tutto danno di chi non ha un santo protettore a cui rivolgersi. Così facendo non si agisce per il bene comune, ma sempre e più e con violenza per il bene della sola parte dei privilegiati. L’Italia dei Santi in Paradiso riflette anche i suoi tanti mali territoriali e di appartenenza umana e sociale; riflette, tra l’altro, le condizioni diffuse di uomini non liberi; di uomini sfruttati e senza futuro, soprattutto, per i tanti non protetti dai Santi in Paradiso. Ma è sempre e per tutti così? Per fortuna qualcosa sta cambiando; sono sempre più numerosi gli italiani che non invocano l’aiuto miracoloso del Santo in Paradiso. Chiedono, con dignità ed a viva voce, di lavorare; chiedono di non essere sfruttati; chiedono di essere rispettati nei loro diritti, in quanto uomini e di avere le dovute garanzie per il futuro, che oltre ad essere una speranza da non tradire, è un diritto messo, purtroppo, in discussione dalla politica e dalla casta dei privilegiati che pensa solo a se stessa; solo al proprio bene; solo al bene dei propri figli che non risultano mai né disoccupati, né precari, ma sempre ben protetti ed al posto giusto.