Ma quali politici vogliamo?

Rita Occidente Lupo

Ma quali politici vogliamo? Quelli dall’auto blu e dell’ I-phone o quelli che si fingono i nuovi poveri, in una sterile lotta al capitalismo demodè? Quelli che se ne vanno in giro con tanto di voli aerei gratuiti, scorrazzando con familiari e affini per l’etere, con l’unico obiettivo della velocità gratuita o quelli che ancora pagano il salato pedaggio autostradale? Quelli che non mollano poltrone, rimettendosi a giro in formazioni politiche anche dell’ultim’ora, pur di riavere potere o quelli che ancora detengono il pudore della coerenza nella scelta ideologica? Quelli che riescono ad imbastire un discorso corretto in italiano, commestibile anche alla mole immigrata, ormai impossessatasi anche del lessico dello Stivale o quelli che a malapena sanno che esiste non un feudo da gestire, ma un servizio per la causa civica? Quelli che inneggiano a letti etero e trans o quelli che riescono ancora a portare avanti crociate di castità? Spontaneo chiederselo sotto striscioni e proclami, che in questi giorni tagliano il nastro d’arrivo dei nuovi sindaci dei piccoli e grandi Comuni! Tra l’accelerata ai propri paladini a la tema che gli astensionisti, potrebbero optare per spallucce o per un week end fuori porta, anzicchè sentirsi autori di una scelta democratica, con i propri rappresentanti. Perchè, di tali emblemi, attualmente, per dirla con Totò “Annata di morìa delle vacche!” I politici parrucconi, a detta di qualcuno, da prima Repubblica, come Andreotti, che nelle sue pluristagionate primavere, malgrado gli acciacchi, fatta eccezione dei problemi respiratori che ancora gli stanno intimando un break sanitario, riusciti a tener fede alla politica a qualunque costo. Negli alti scanni democratici d’un tempo, anche Cirino Pomicino che, dopo uno stand bye in attesa di trapianto, ha ripreso da un bel pezzo l’ attività parlamentare. E poichè sarebbe ancora lunga la sfilza di quanti hanno saputo la politica cosa fosse e tuttora si tengono allenati sulla scena, prima di sollevare l’indice accusatorio, per urlare spazio ai giovani, ricambio generazionale, occorrerebbe monitorare i nuovi alfieri, per constatare se effettivamente i loro colletti bianchi, potrebbero reggere le sorti di un Paese sempre più agonizzante. Nel piccolo, ognuno guarda il suo campanile e drizza lo sguardo verso questo o quel candidato, optando per uno stretto rapporto amicale o parentale. Sperando di poter ottenere servigi e favori, una volta eletto! Ancora la mercatura di certi incarichi, non perde il vizio di far scadere l’arte, così bistrattata. Certi discorsi elettorali, enfaticamente prolissi o eccessivamente sdolcinati, avulsi spesso da un filo logico, che possa far intuire pragmatismo e non astrazione fantastica. Ovviamente, in certi contesti, i toni scaduti accelerano addirittura timori in fazioni opposte, blindando certe uscite, certi discorsi…insomma, un terrorismo psicologico si respira laddove le urne fremono e si punta ad ogni costo a vincere. L’ambizione, mordente di certi scatti protagonistici, che tutto sommato lasciano a bocca asciutta i cittadini, che di politica non sentono più neanche l’eco. Si sparla volentieri e ci si lagna, optando per il bastone e giammai per la carota. Senza metafore, prediligendo anche l’opportunismo. Sarà questa la politica che vogliamo? Questo il trafiletto che ognuno verga sul proprio notes, nel momento in cui deve estrarre la scheda elettorale, per recarsi al seggio, senza ripiegarla orfana del timbro elettorale?