Le anomalie italiane dalla politica al sindacato, una crisi senza fine

Giuseppe Lembo

Il nostro è veramente un Paese poco serio; poco capace di pensare al futuro e di costruirlo insieme, avendo una visione condivisa e solidale dei percorsi da seguire. C’è una crisi profonda; c’è un vuoto di idee; c’è, soprattutto, l’incapacità del dialogo, del confronto, del pensare insieme al bene comune. In politica, come nel sindacato, si preferisce lo scontro al confronto. Nessuno pensa di confrontare le proprie idee con quelle degli altri; ciascuno è convinto che ha, dalla sua parte, la verità – vangelo e che per realizzarla deve liberarsi della presenza scomoda dei propri avversari. È così in politica si pensa di eliminare l’altro; essendo un nemico da combattere e da vincere, va necessariamente eliminato. Anche il sindacato è ormai contaminato dagli stessi mali della politica; pratica il protagonismo dello scontro, a tutto danno del dialogo e del confronto. E così pensando, non ci si è fatto scrupolo di mandare in frantumi la difficile unità sindacale della triplice sindacale (CGIL, CISL e UIL) che un tempo ormai lontano, riusciva a garantire il mondo del lavoro italiano, migliorandone le condizioni socio-economiche e culturali. Grazie alla forza unitaria del sindacato il lavoro e le condizioni dei lavoratori italiani sono cresciuti nel tempo, dando al Paese una crescita ragguardevole ed al mondo operaio un forte miglioramento delle proprie condizioni di vita; venivano eliminate, tra l’altro, distanze e steccati che facevano la differenza, relegando la classe operaia agli ultimi scalini del mondo sociale; tanto, a tutto vantaggio di un padronato avido e senza scrupoli. Fortunatamente, il nostro Paese ha saputo ridurre il gap delle differenze umane e sociali, producendo ricchezza per il bene e nell’interesse di tutti, sia in termini di salari distribuiti che in termini di servizi socialmente utili e di benessere collettivo a livello così alto, da portarlo al ragguardevole traguardo dei primi posti tra i paesi più industrializzati del mondo. Un traguardo eccezionale, nonostante le gravi condizioni di partenza, per una guerra che aveva messo in ginocchio l’intero paese, ridotto all’osso e tutto da ricostruire, guardando con fiducia avanti, tutti insieme. Erano i tempi del miracolo italiano; erano i tempi degli statisti e dei padri della patria, pronti al sacrificio per il bene del Paese. In tutto questo, un grande ruolo è stato svolto anche dalla gente italica, dal popolo unito in un insieme italiano, un grande comune e ricco patrimonio, forza e radici per un protagonismo coraggioso,  tutto proiettato verso il futuro. Il futuro italiano per decenni, con ostinata volontà d’insieme ha visto costruire, pietra su pietra, una nuova Italia, dal Nord al Sud del Paese. Tutti hanno fatto positivamente la loro parte nel “miracolo italiano”. Alla fine del secolo scorso, la positività di un percorso virtuoso è venuta meno, anche per effetto della scomparsa dei tanti statisti e dei nobili padri della patria, riferimenti concreti e guide credibili e sagge per il popolo sovrano, purtroppo, oggi ridotto a popolo senz’anima, da parte di un potere assorbente che è padrone di tutto e di tutti e fa del protagonismo populistico gridando, con false promesse, in una comune condizione di una sempre più falsa ed apparente democrazia, in quanto tale, poco virtuosa e poco interessata alla gente che domina governando e riempiendo di sole chiacchiere.

 

                                                                                               

 

 

 

Un pensiero su “Le anomalie italiane dalla politica al sindacato, una crisi senza fine

  1. Caro Giuseppe,
    il problema di un confronto libero e senza preclusioni di sorta, ma nel rispetto delle reciproche autonomie esiste … e non solo tra realtà sindacali diverse ma anche tra sindacati e movimenti e tra sincati, movimenti e società civile.
    Nasconderlo non sarebbe giusto.
    Ma il problema più grande oggi è la continua perdita di autonomia tra il sindacato e i padroni e tra il sindacto e la classe politica di volta in volta al Governo del Paese, delle Regioni e di altre Istituzioni.
    Essere corporativisti e non pensare agli interessi generali del Paese è una cosa, svendere i diritti dei lavoratori è ben altras cosa.
    E’ come svendere il diritto ad esistere e contare nella società.
    Il mondo finanziario e della grande industria è stato ed è sempre unito a difendere i propri interessi fvregandosene dei diritti del mondo del lavoro e dell’insieme del contesto ambientale e socio/economico dei territori, delle categorie deboli e delle nuove genrazioni.
    Perchè dovrebbero essere solo i lavoratori ad assumersi le proprie responsabilità.
    Un confronto sindacale serio parte da un rapporto di pazri dignità tra tutte le realtà interessate e da obiettivi condivisi.
    Le false unità non servono a nessuno! Di quale unità mi si viene a parlare se questo Governo (con il collegato al lavoro!) prima di svendere i diritti dei lavoratori Fiat aveva già svenduto i diritti dei giovani ched per la prima volta si affacciano nel mondo del lavoro.E’ davvero sfacciato che chi per primo non esitato a vendere i diritti dei lavoratori in nome di una pace sociale (mi chi quale e per chi?) e se ne fregato dei diritti dei giovani in cerca di una prima occupazione, oggi continua a riproporre la solita unità sindacale per ritornare a quel modello di concertazione che non è servito ad altro che a svilire i contratti naz.li e reg.li e altri diritti dei lavoratori soprattutto al Sud e le stesse condizioni ambientali e socio/economici dei nostri territori a quella classe padcronale del Nord che al momento giusto non ha esitato a smontare baracche e burattini e al sciatrci solo cattedrali nel deserto. Onofrio Infantile
    Sabato 28 maggio 2011

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