Una Destra da rifondare

Angelo Cennamo

Le recenti elezioni amministrative in Emilia e in Calabria, oltre la naturale valenza territoriale, sarebbero servite – si diceva – a testare i  migliori perdenti dietro il Pd di Matteo Renzi, partito dato per vincente in tutti i sondaggi; e a verificare se la Lega dell’altro Matteo, Salvini – astro nascente della politica euroscettica ed anti-immigrazione – sarebbe riuscita nel clamoroso sorpasso dell’alleata Forza Italia, già dalle scorse europee, precipitata nel turbolento declino del suo fondatore e uomo immagine Berlusconi. Il forte astensionismo, sintomo di chiara disaffezione dei cittadini alla politica in generale e, in Emilia, strumento di contestazione agitato dall’ala più estremista e sindacalista della sinistra, non ha impedito ai candidati renziani di consolidare un trend che ha pochi precedenti per numero di affermazioni e per le ampie percentuali di distacco dagli altri partiti. Sminuire questo dato evocando la bassa affluenza alle urne, sarebbe politicamente miope oltre che una magra consolazione per chi non ha vinto. Chi invece si attendeva che Forza Italia proseguisse la sua discesa libera verso il baratro, rischiando addirittura di perdere la doppia cifra, non ha potuto fare a meno di dire: me l’aspettavo. Magra consolazione anche questa, certo. Resta il fatto che, nel centrodestra, scansare le macerie lasciate dalla infinita prorogatio di Berlusconi alla guida della destra moderata e dai tatticismi che lo stesso Cavaliere ha intavolato con il giovane pupillo nel patto del Nazareno, sarebbe impresa ardua anche per il volontario più esperto della protezione civile. La destra italiana, specie quella di Forza Italia, ci appare oggi come uno dei cantieri della metropolitana di Napoli. Ce li avete presenti? Nessuno ha ancora capito se le stazioni, sotto terra, le devono costruire o le devono cercare. Il risultato della Lega Nord in Emilia –  seconda, davanti ai 5 Stelle, e col minimo sforzo ( ci perdonerà Alan Fabbri – persona simpaticissima e pragmatica, ma ci ricorda più Mick Jagger che Alcide De Gasperi) – è il segnale di una rivoluzione già in atto in altri Paesi, a cominciare dalla vicina Francia dove il Front National si appresta a varcare la soglia dell’Eliseo dopo essere stata additata per anni come una forza razzista e fascista. Salvini piace, sì ma non solo agli elettori delusi di Berlusconi. Il suo liberismo lafferiano, coniugato ad un welfare di stampo danese anti Fornero, solletica infatti anche molti operai iscritti alla Fiom. L’altro Matteo riesce, come pochi altri leader politici sanno fare, ad intercettare il disagio degli ultimi e a dare voce alle frustrazioni delle piccole partite iva. Se ne va in giro per mercati e periferie, fa volantinaggio come l’ultimo militante di via Bellerio, apre e chiude gazebo in ogni città del nord, del centro e ora anche del sud Italia. Nel contempo, riesce  a farsi ospitare da tutte, ma proprio tutte, le trasmissioni televisive, facendo impennare gli share asfittici dei talk show politici di destra e di sinistra. E’ lui adesso l’anti Renzi. E se Berlusconi mastica amaro per il subbuglio sollevato tra le sue fila dalla fronda fittiana, smaniosa di rifondare il movimento partendo dal basso e azzerando ogni carica, il Matteo lumbard, invece, si frega le mani in vista delle prossime elezioni politiche, quelle – lui spera – della definitiva consacrazione. (Angelo Cennamo)