KUNYWA Bere

Padre Oliviero Ferro*

 “Nasikia kiu (ho sete). Unipatie kitu cha kunywa (dammi qualcosa da bere). Se gli dai dell’acqua, ti guarda un po’ male, ma poi si accontenta. Lui vorrebbe la “pombe”, la birra, sia quella tradizionale di banane, come quella in bottiglia. Ma non ne basta una. E’ meglio che siano in compagnia. C’è un episodio che mi ha fatto molto riflettere. Eravamo nel mese di digiuno dei musulmani. Stavamo ritornando dal viaggio sul lago Tanganika e avevamo dato un passaggio a un signore musulmano. Ogni tanto ci veniva sete e prendevamo un po’ di acqua dalla borraccia. Lui, invece, nonostante avesse sete, si faceva forza e non beveva, perché aveva scelto di vivere fino in fondo la sua religione. Ci sono anche altri momenti in cui la sete deve essere soddisfatta. Un giorno siamo arrivati a un villaggio del lago. Si sentono persone che parlano in tante lingue. Forse era venuto un maestro speciale. Non era così. Giriamo intorno a una capanna vediamo diversi contenitori di birra, ormai vuoti, che erano serviti per la lezione di lingua. Altri, purtroppo, non avendo possibilità di comperarsi il cibo, fin dal mattino addormentavano la fame con la grappa tradizionale, la “kanyanga”, che spaccava loro lo stomaco. Certo, calmava la fame, ma riduceva i loro anni di vita. Quando poi si saliva in montagna, dove c’erano le tribù di pastori ti offrivano il latte o lo yogurt (un po’ acido, a dir la verità, ma bastava metterci un po’ di zucchero e si poteva bere). Per loro era un segno di amicizia e tu volentieri lo accettavi. Tanti modi di estinguere la sete. Certo quella interiore doveva trovare altre soluzioni. Noi pensavamo che con l’aiuto di Gesù, anche quella sete sarebbe stata risolta.

* missionario saveriano