Religione e scoutismo: il creato, la natura, la vita

Oliviero Ferro*

E’ chiaro che “la vita all’aperto è la vera meta dello scoutismo e la chiave del suo successo”. Così scriveva Baden Powell nel 1899. E aggiunge “Dio ci ha dato, per vederci dentro, un mondo pieno di cose belle e meravigliose e ci ha dato non solo gli occhi per vederle, ma la mente per caprile, se solo abbiamo l’accortezza  di guardarle in quella luce”. Attraverso l’osservazione della natura e delle sue bellezze, lo svolgere in essa le attività scout, i ragazzi percepiscono che essa è opera meravigliosa del Creatore, solo se la guardiamo con gli occhi…Di fronte alla natura l’uomo comprende la sua piccolezza e riconosce Dio come Creatore con il quale può sentirsi in più intimo contatto. Interessante quello che scrive, e che è ancora attuale, “c’è una malattia che oggi è estremamente diffusa, tanto che la maggior parte di noi ne è più o meno affetta: è la malattia di chi è troppo pieno di sé(!). Abbiamo tendenza a pensare che le nostre particolari scelte politiche, la nostra visione della società, o qualunque altra cosa al centro dei nostri interessi, sia la sola cosa importante che esiste al mondo. Il miglior antidoto a tale malattia è di dare uno  sguardo alla vastità dell’universo o alla storia antica e all’evoluzione del nostro pianeta e alle specie che lo abitano…”. I ragazzi sono affascinati dalle meraviglie della natura e, se aiutati, possono riconoscere in essa la mano di Dio. L’osservazione della natura è la predica migliore (ricordiamoci san Francesco!). Parlando poi della Promessa scout, ricorda che “abbiamo modificato la formulazione originarie, che era “essere fedeli a Dio” in “fare il proprio dovere verso Dio”. Ciò significa che lo scout deve essere attivo nel prestare servizio, piuttosto che passivo in uno stato d’animo. Mettendo in pratica il contenuto della promessa, il capo,come lo scout, si renderà conto che è tramite i servizio che ci si guadagna il paradiso, e che quel Paradiso non è in un vago futuro, da qualche parte nel cielo, ma qui e adesso, su questa terra; e che non ogni uomo che dice “Signore,Signore” entrerà in quel regno, ma colui che fa la volontà del Padre”. Interessante quello che dice sul modo di insegnare “Il ragazzo è naturalmente portato verso la religione, ma istruirlo in ciò che può interessare un adulto conduce al risultato di annoiarlo o di fare di lui un saccente. Un mezzo sicuro, perché egli prenda coscienza con tutto il suo animo dell’esistenza di Dio è lo studio della natura, così come la pratica scout della Buona Azione,ecc. gli fa prendere coscienza dei suoi doveri di cristiano”. E aggiunse, parlando della religione “non è il formale omaggio domenicale  tributato alla Divinità, ma una più profonda presa di coscienza di Dio in quanto Essere perpetuamente dentro e attorno a noi, ed il conseguente più elevato livello di pensiero e di azione al suo servizio”. Parlando poi della montagna, ricorda che sulla Montagna Gesù ha fatto il famoso discorso della Montagna (Beatitudini) e aggiunge “la religione della montagna è, in realtà, la religione della gioia e della liberazione dell’anima dalle cose che pesano e provocano un senso di stanchezza, dolore e sconfitta. Perciò, durante la salita, salite pure insieme con altri,ma una volta giunti sulla cima gloriosa, con la sua ampia visuale, appartatevi e mettetevi a pensare. E pensando, impregnatevi di quella stupenda ispirazione del tutto. Una volta discesi, vi sentirete uomini nuovi nel corpo e nella mente e,cosa che conta di più, nello spirito, lo spirito dell’ampia visuale”.

Padre Oliviero Ferro,missionario saveriano, A.E. del SAL 1 (3-4-2012)