La Voce e la Vita della Chiesa: “Traslazione reliquie di San Matteo”

La Voce e la Vita della Chiesa: “Traslazione reliquie di San Matteo”
CREATOR: gd-jpeg v1.0 (using IJG JPEG v62), quality = 90

Diacono Francesco Giglio

Gesù vide seduto al banco delle imposte un uomo chiamato Matteo. Gli dice: Seguimi! E quello, alzatosi, si mise a seguirlo (Mt 9,9).

Matteo era un pubblicano, esattore delle tasse e molto ricco. Di fronte alla chiamata di Gesù, egli senza un attimo di esitazione, lasciò tutto. Abbandonò tutte le sue certezze e decise di seguire quell’uomo che, apparentemente, sembrava non avesse nulla da offrirgli. La sua pronta “risposta” rappresenta, in ogni tempo, un esempio per tutti coloro che, pur desiderando seguire Gesù, trovano difficile abbandonare le loro certezze e rispondere con un “si”, all’amore di Cristo. Morì intorno al 69 d.C., ma è incerto il genere della sua morte. I resti mortali dell’Apostolo Matteo arrivano nella città di Salerno nell’anno 954 d.C. Questo evento, facente parte della storia sacra della nostra città, appartiene alla tradizione agiografica dell’alto Medio Evo, verificatosi nell’Italia Meridionale e narra del ritrovamento e del trasferimento  dalla Lucania a Salerno al tempo del principe longobardo Gisulfo I. Questa tradizione trova testimonianza scritta nel “Chronicon Salernitanum” (A.D. 978), nel “Codice membranaceo” (sec. XI e XII) conservato a Benevento, menzionato  pure, anche se di scarso valore storico, nel cosiddetto “Chronicon Cavense”. Pur non essendoci scritti accertanti la data dell’avvenimento, ma basandosi su quanto riportato dal Chronicon Salernitanum sulle citazioni degli Annales Cavenses e quelli Beneventani e sulla scorta della tradizione orale, la data del 6 maggio è accettata dalla critica odierna.

Tra storia e leggenda, prima di essere portati a Salerno, i resti mortali di San Matteo hanno avuto una lunga peripezia. Matteo, predicò il Vangelo di Gesù in vari luoghi imprecisati ma a seguito di una divina ispirazione si recò in Etiopia. In quella terra non solo predicò ma, convertì molti abitanti del posto compreso il re Eglippo e sua moglie. Si narra che proprio a questi, San Matteo, avesse miracolosamente riportato in vita il figlio Eufrano e per riconoscenza non solo gli costruirono una chiesa ma gliela

donarono. Dopo circa un ventennio, alla morte del re Eglippo gli successe Irtaco, il quale non avendo ottenuto dal santo l’aiuto richiesto di convincere la principessa Efigenia a sposarlo, lo fece uccidere. Dopo molto tempo, essendo diventato abitudinario l’uso di commerciare anche i reperti sacri, le spoglie di Matteo da una città della Persia, dove erano state conservate, ad opera di alcuni mercanti del Leon furono prese con l’intento di portale a Legio. Secondo una leggenda, durante la navigazione  al largo della Bretagna, in seguito ad una tempesta, miracolosamente furono salvati dal santo da sicuro naufragio, sbarcarono nella parte occidentale della Bretagna e precisamente a Pointe Saint-Mathieu. Dopo circa mezzo secolo le reliquie, per volontà del cavaliere lucano il prefetto militare Gavino, furono portate nel Cilento e precisamente nella città di Velia, ed ivi rimasero per quattrocento anni. Con il passare del tempo, in seguito alle tante invasioni di Vandali, Goti, Bizantini, Saraceni e dei Longobardi, che con la loro presenza non solo distrussero e devastarono paesi e città, contribuirono a cancellare storie e tradizioni locali fino e a far cadere nell’oblio la storia della stessa Velia e la presenza delle reliquie del  santo. Nella “Translatio sancti Matthei apostoli et evangeliste”, opera di un ignoto monaco del monastero di S. Benedetto di Salerno vissuto nella seconda metà del X secolo, si racconta che nel 954 d.C., una pia donna di nome Pelagia, madre del monaco Atanasio, asseriva di aver sognato l’Apostolo che le indicava il luogo della sua sepoltura. Dopo accurate ricerche, il sogno divenne realtà e furono ritrovate  le spoglie del martire. Si racconta che lo stesso Atanasio avrebbe tentato, per scopo di lucro, di riportare in Oriente le spoglie ritrovate ma che per ben due volte per improvvise tempeste la navigazione fu ostacolata. Constatata la volontà del santo martire di rimanere in terra campana i suoi resti furono conservati in loco. Il Vescovo del posto, Giovanni, saputa la notizia si recò sul posto per venerare le sacre spoglie e posto i sigilli le collocò in un’arca anch’essa sigillata per trasportarle nella cattedrale di Capaccio. Dopo una sosta a Rutino, arrivò nell’attuale Santuario della Madonna del Granato e deposto nel sarcofago, oggi divenuto altare. Nel mentre si svolgevano questi fatti, la notizia del ritrovamento e trasferimento delle reliquie, arrivò a Salerno e il principe longobardo Gisulfo I, incaricò nel 954 il vescovo Bernardo di recarsi a Capaccio e trasferire le reliquie a Salerno. In quello stesso anno le sacre spoglie arrivano in città accolte trionfalmente.  Da quel momento divennero “l’inestimabile tesoro della città di Salerno”. Esse furono custodite nel palazzo del principe fino al 1084, data in cui vennero traslate nell’attuale cattedrale dedicata allora a “Santa Maria degli Angeli” ed oggi “Santi Matteo e Gregorio Magno”. In questo grandioso duomo normanno ricco di arte e di storia, costruito per volontà di Roberto il Guiscardo, su progetto dell’allora arcivescovo di Salerno Alfano I e consacrato dal papa Gregorio VII, sono venerate le spoglie dell’Evangelista e martire Matteo, collocate nella sottostante splendida cripta della cattedrale. La tradizione narra anche dei tanti miracoli attribuiti al santo sia in terra di Etiopia che durante la permanenza ed il trasferimento da Velia a Salerno. Recentemente è stato anche ricostruito il tragitto dei paesi toccati dal lungo peregrinare fino a Salerno. Il “Cammino di San Matteo”, lungo circa cento chilometri, segna le seguenti tappe a partire dal Cilento : la prima a Velia, intorno al V secolo che è durata circa quattro secoli; la seconda a Casal Velino, nell’attuale chiesetta a lui dedicata; la terza a Rutino, dove ancora oggi esiste la fonte, a lui dedicata, in ricordo  del miracolo ivi avvenuto per intercessione del santo; la quarta tappa a Capaccio, nell’attuale tempio che nel sec. XIV assunse il titolo di “Madonna del Granato”; la quinta tappa: l’arrivo a Salerno.

La presenza, il culto e la vita dei santi hanno, nel corso dei secoli, segnato la storia di tanti luoghi e di tante popolazioni. Nei posti in cui vi sono forti ed antiche tradizioni religiose vi è sempre stato il desiderio di avere i resti mortali di quelli che sono a giusta ragione considerati “Santi Patroni e protettori”. Il possedere una reliquia accresce, la fede e rinvigorisce storie e tradizioni popolari. Alcune reliquie del gabelliere, Apostolo ed Evangelista Matteo, sono conservati oltre i confini territoriali della città di Salerno. Le ritroviamo a Roma in S. Maria Maggiore e nelle chiese di S. Prassede, di S. Nicola e dei Santi XII Apostoli; a Benevento, nel Molise, in Abbruzzo e in Puglia a S. Marco in Lamis sul Gargano. Le reliquie del Santo hanno fatto nascere nei secoli, il grande amore che non solo la città ma anche la diocesi e la  provincia, hanno verso l’autore del primo Vangelo. La loro presenza ha contribuito anche che, all’ombra del maestoso Duomo e il campanile romanico, nascesse e si sviluppasse l’amore per la storia, l’arte e le tradizioni. San Matteo ha protetto, più volte durante i secoli, la città che lo venera. Nel 1544, secondo la tradizione, il Santo Patrono salvò Salerno dalla distruzione, costringendo alla fuga i pirati Saraceni capeggiati da Ariadeno Barbarossa. In segno di riconoscenza lo stemma della città venne impreziosito con la figura di San Matteo, che con la mano sinistra regge il Vangelo e con la destra benedice. Da allora in poi i Salernitani si impegnarono a condurre in processione ogni anno, il 21 settembre, con grande solennità, la statua del Santo Patrono.

Salerno quindi tra fede, storia, leggende e tradizioni nel corso dei secoli, sotto la dominazione longobarda e durante il Medioevo, da capitale del Principato di Salerno ha esteso il suo dominio su quasi tutta l’Italia Meridionale. È stata anche la prima e più importante Istituzione Medica d’Europa, conosciuta come Scuola Medica Salernitana. Infine, dal febbraio all’agosto del 1944 è stata sede del Governo italiano. Salerno annovera anche la nascita di tanti illustri personaggi e studiosi  che con le loro conoscenze, intelligenze e studi, nei tanti campi dell’umano sapere, hanno contribuito a tramandare e rendere grande la città di S. Matteo fino a farle meritare, nel 1996, di aggiungere nel suo stemma la scritta HIPPOCRATICA CIVITAS, ovvero “Città di Ippocrate, antico attributo della città in riferimento alla Scuola Medica Salernitana, per secoli vanto della cittadinanza.

Ancora oggi percorrendo il cammino spirituale che conduce alla Tomba di San Matteo, i pellegrini alimentano la propria fede attraverso gli insegnamenti del suo Vangelo che, da sempre, sono per i cristiani luce e guida.