Salerno: “ArechiMultiservice”, continua la protesta

Anna Maria Noia

Prosegue la protesta – l’ennesima – da parte dei ventiquattro dipendenti della società in house“ArechiMultiservice” – che manifestano da ben cento giorni dinanzi palazzo S. Agostino, sede dell’ente provinciale attualmente retto da Giuseppe Canfora. Ventiquattro figure professionali assunte nel 2012, tramite pubblico concorso ma che già dal 2009 possedevano – dichiarano – requisiti ed esperienze maturati nell’azienda; operai a tempo determinato che attendono da tempo le rassicurazioni dei vertici istituzionali in seno alla Provincia, dopo che l’ultimo contratto di lavoro stipulato tra di essi e “Arechi” è scaduto il 31 dicembre 2014 e in seguito non è stato più rinnovato. Anche se – a detta dei manifestanti – sicuramente vi sarebbero state le condizioni per continuare ad operare all’interno della “Multiservice”, avendo anche l’amministrazione provinciale – sono parole dei dipendenti – stanziato gli appositi fondi per ri-assorbire (e ri-assumere) tali professionalità nella realtà decennale di “ArechiMultiservice”. È in corso la causa, che dovrebbe svolgersi il prossimo 22 aprile, al tribunale di Salerno. I lavoratori sono tutto sommato ancora fiduciosi di una prossima risoluzione della vertenza. La società si occupa della manutenzione ordinaria di strade ma soprattutto di istituti scolastici. Dove – è evidente – il loro contributo è utile per evitare crolli di soffittature. Una insostenibile condizione di incertezza e di precarietà, dovuta non tanto a un “valzer” di poltrone a palazzo S. Agostino – bensì alle normative poste in essere dal governo Renzi, in vigore a livello nazionale, e che regolano (diversamente da quanto avveniva in precedenza) l’esistenza e le funzioni delle Province. Il presidio dei lavoratori relativo al giorno 1 aprile è stato tranquillo, composto, moderato. Accanto agli interessati, pochi altri cittadini ma numerosi esponenti della sigla sindacale Ugl – oltre naturalmente ai cronisti, per lo più testate televisive e web tv. In tutto, una cinquantina di “attivisti” e/o simpatizzanti. Tra i presenti (in tal data), dell’Ugl: Franco Bisogno – segretario provinciale di tale organo sindacale, che da sempre ha espresso solidarietà e presenza fisica ai dipendenti in questione; l’altro responsabile Ugl (metalmeccanici) Enrico De Martino; la segretaria confederale Ornella Petillo; il bancario Nicola Alagia (Ugl credito, banche e assicurazioni) e altri. Se l’avamposto è stato quieto, non è così – nell’animo – per i malcapitati: essi sono infatti allo stremo. Con loro, ventiquattro famiglie stentano ad andare avanti – a causa dell’incresciosa situazione; dietro i loro volti, amareggiati, c’è tanta delusione ma non rassegnazione. Le storie sono quelle di ordinaria criticità: G.A., 50enne, deve mantenere sei figli – tutti disoccupati; c’è poi V.P., 40 anni, con una bambina necessitante di costose cure per un tumore che gli ha già portato via la moglie. Infine, M.P., avvilito, deve sostenere un fratello disabile e un altro che non lavora. Lo stesso manifestante si è sentito male lo scorso 19 gennaio, durante l’ennesimo picchetto dinanzi alla sede della Provincia. Secondo questi operai, tra cui vi sono Gianfranco Capo e Luca Giannattasio, “Arechi” costerebbe allo Stato 10 milioni di euro l’anno, da spendere per le opere di manutenzione. Gli sfortunati “protestatari”, che hanno richiesto ed ottenuto di incontrare il presule Luigi Moretti – il quale li ha ricevuti e ha mostrato di occuparsi di loro, impegnandosi e spendendosi per il loro bene e nel segno del futuro – ora, dopo aver anche scritto a papa Francesco, reclamano attenzione da parte delle istituzioni politiche ed auspicano un faccia a faccia con il prefetto –Salvatore Malfi – e soprattutto (sempre) con chi è a capo della Provincia. Essi non vogliono altro che essere ascoltati per le proprie istanze ed esigenze, intendendo mantenere dignitosamente il posto di lavoro: “Non elemosina – tuonano – bensì dignità, occupazione, attenzione!”. Tra i responsabili principali di “Arechi” che mantengono alta la voce ci sono Gianfranco Capo e Luca Giannattasio, i più… “veementi” (se così si può affermare, ma in senso positivo) portavoce del gruppo dei 24. I lavoratori sono stanchi delle continue promesse e del perder tempo (per… “prendere” tempo) da parte degli organi e degli uffici competenti di palazzo S. Agostino; patti non onorati, mai mantenuti – a loro dire. Facendo un rapido calcolo, tra le spettanze che sarebbero dovute andare a questi impiegati si arriva a circa 700mila euro “risparmiati” (se si può dire) dalla Provincia che non ha rinnovato il contratto di lavoro, facendo sì che gli operai potessero usufruirne. Insomma: la solita vexataquestio del “sazio che non crede a colui che è a digiuno” – recita un vecchio adagio, un detto, in vernacolo partenopeo. Il resto è storia recente, è cronaca quotidiana. Di chi, appunto quotidianamente, si dibatte nelle maglie della intricata – spesso – burocrazia dei nostri tempi. Che non consente a ventiquattro capi di famiglia di portare il pane a tavola, umiliando la sacralità della persona umana. Come sacrosanti sono i diritti di ognuno, nella Repubblica “fondata sul lavoro” – afferma la Costituzione.