La soluzione è l’Austerity

Angelo Cennamo

La clamorosa affermazione in UK del partito Conservatore, contro i pronostici e i sondaggi della vigilia, premia la buona azione di governo del giovane David Cameron, improntata alla riduzione della spesa pubblica, all’abbattimento della pressione fiscale e alla declinazione virtuosa dell’austerity, modello troppo spesso evocato a sproposito ed ingiustamente accusato di aver alimentato la crisi economica di questi anni. Cameron, a costo di grandi sacrifici e sfidando un durissima opposizione interna, ha saputo ridare slancio alle politiche thatcheriane degli anni ’80, arginando la sinistra neoblairiana che in Italia ha trovato come suo epigono l’attuale premier Matteo Renzi. Il successo di Cameron, per quanto imprevisto, non è un fatto isolato in Europa; in Spagna, ad esempio,  Mariano Rajoy è riuscito ad imporre al suo governo un tasso di crescita superiore addirittura a quello degli Usa e della stessa Gran Bretagna : 2,7%. In Francia la sinistra keynesiana di Hollande, devota alla redistribuzione del reddito e ai massicci  investimenti pubblici, è sprofondata drammaticamente ai minimi storici, sconfitta dalla destra moderata di quel Sarkozy, che, nel giudizio di molti, sembrava destinato all’archiviazione definitiva per effetto del festoso rigurgito lepenista, anch’esso crollato dopo i pronostici  lusinghieri del pre-voto. Ma è in Germania che la politica del rigore ha trovato terreno fertile prima ancora che con l’inossidabile Angela Merkel, con il suo predecessore ed avversario Gerhard Schroder, il quale, a dispetto dell’estrazione politica socialdemocratica, seppe imporre al suo Paese malato di disoccupazione e di stagnazione un modello politico fatto di flessibilità e di rigido contenimento della spesa. Il trio Cameron, Merkel, Rajoy – al quale potrebbe affiancarsi presto Sarkozy –  è oggi la fotografia vincente della politica liberale a scapito di quella socialista – gattopardesca degli Hollande e dei Renzi – e di quella più estremista dei Farage, Podemos, Le Pen, in Italia interpretata da Grillo, Salvini e Meloni. Quale lezione deve trarre allora il centrodestra italiano – berlusconiano o post berlusconiano che sia – da questa affermazione a livello continentale? Semplice: la crescita non passa attraverso gli estremismi populistici della Lega e dei 5 Stelle, non va inseguita con i Vaffa day o le marce a favore dei redditi minimi di cittadinanza. Dalla crisi si può uscire in un solo modo: con politiche di bilancio virtuose che sappiano decretare l’abbattimento del debito e contenere in modo drastico la spesa pubblica. In poche parole, con meno Stato e più libero mercato.