Toni Negri e don Leone Maria Iorio: un rapporto epistolare da Rebibbia

 Aurelio Di Matteo

Perché Antonio Negri, uno dei più rappresentativi filosofi del ‘900, e don Leone Maria Iorio, il modesto parroco di Andretta, piccolo borgo delle montagne irpine, furono legati da un forte vincolo affettivo e umano, nonostante non si fossero mai incontrati di persona? Perché tra i due vi fu un intenso rapporto epistolare, dal 1979 al 1983, interrotto con l’andata in esilio del filosofo e politico e, sempre con la stessa umana solidarietà, ripreso dopo quattordici anni di silenzio con il suo ritorno in Italia, coinciso con gli ultimi giorni di vita del sacerdote? Perché in questi quattordici anni la presenza affettiva e ideologica di Toni Negri non ha mai abbandonato don Leone, che lo ricordava e citava in ogni sua intervista e in ogni sua meditazione o riflessione scritta? Perché questo rapporto tra due strade ideologiche e lessicali, che corrono su binari separati e diversamente caratterizzati, eppure così sostanzialmente corrispondenti e simpateticamente legati? È a queste domande che cerca di rispondere il volume d’imminente uscita per l’editore D & P Editori: Aurelio Di MatteoDon Leone e Toni Negri  un rapporto epistolare da Rebibbia. A distanza di quasi venti anni dalla sua morte, il ricordo di don Leone Maria Iorio é ancora vivo nella comunità ecclesiale e in quella civile, che lo videro pastore di anime e amorevole ostello di terreni affanni; che lo sentirono vicino in ogni momento di bisogno, lo amarono profondamente e, in molti casi, ne sperimentarono la santità. Il suo rapporto epistolare con Toni Negri, agìto per tre anni e vissuto quotidianamente per tutta la sua vita, connotato come ideologico e religioso dialogo, riempì le cronache dei media anche nazionali. Di questo dialogo l’autore del volume fu diretto testimone e terzo casuale interlocutore. Lo rievoca oggi in tutta la sua problematicità e in tutto il suo valore morale, ideologico e religioso. È una rievocazione anche del don Leone politico, soprattutto nella dimensione locale, che intervenne nella competizione amministrativa.  Le pubblicazioni apparse dopo la sua morte, di certo espressione commossa di un debito affettivo e di un intimo rapporto religioso, quasi tutte hanno evidenziato, di don Leone, piuttosto l’aneddotica sacerdotale e soprattutto l’intensa attività di esorcista. È vero che quest’aspetto della sua personalità lo portò alla ribalta nazionale e gli dette tanta notorietà da determinare negli ultimi anni di vita sia un continuo e comunitario pellegrinaggio nella chiesa di Santa Maria Assunta del piccolo centro di Andretta, sia moltissime “chiamate” di soccorso e d’intervento da ogni parte d’Italia. È, tuttavia, altrettanto vero che non si capirebbero l’importanza della sua opera, la complessità della sua personalità, l’ascendenza umana e psicologica che suscitava e, per molti seguaci, i “risultati” scaturiti dai suoi interventi, se non si sottolineassero l’aspetto politico, la funzione civile e il ruolo sociale svolti dal suo magistero. L’autore ha cercato di illustrare un aspetto della personalità di don Leone, di cui nessuno ha tentato di cogliere il significato pedagogico, sociale e politico nell’oggettività teoretica della sua elaborazione. Il parroco ha espresso un’alta forma di paideia, senza ergersi a “maestro” o a “predicatore”, ma vivendo in mezzo alla Comunità, entrando nell’agorà, “sporcandosi” con la politica attiva, toccando con azione individualizzata i grossi problemi, le catene psicologiche o materiali, che impediscono al singolo di essere libero. La sua presenza nella vita civile e religiosa ha lasciato segni inconfondibili di evangelizzazione e di salvifiche pietà e carità cristiana. Per molti è stata una presenza di umana santità. La lettura del percorso religioso e della personalità di don Leone è accompagnata dal rapporto epistolare che don Leone ebbe con Toni Negri negli anni 1979-’83, che lo videro recluso a Rebibbia, del quale il volume cerca di cogliere quanto e cosa sia potuto essere acquisito nel pensiero del parroco, sempre che non fosse in vario modo già presente nelle sue convinzioni e nella concreta azione del suo magistero. Con la vicenda intellettuale di Negri, riconsiderata alla luce di questo rapporto epistolare con il parroco di un piccolo borgo irpino, in vita famoso esorcista, si ritorna anche su un periodo storico e su vicende intellettuali di un’altra epoca, che oggi appaiono lontane, se non proprio remote. Uno scenario storico estremamente importante e significativo ma ormai scomparso, brutalmente cancellato dalla lavagna della storia. Quando Negri viene arrestato, don Leone gli scrive e gli manifesta i sensi della sua solidarietà. Ora, non è certo questo quel che è significativo. È significativo che Negri gli risponde e che dopo questa prima risposta, nel corso degli anni successivi, fra i due s’intreccia un vero e proprio rapporto epistolare, nel volume riportato nella sua interezza. Che cosa ha provocato questa reazione del filosofo? Indubbiamente la “caritas” di don Leone ha toccato il cuore di Negri. “Lo ha toccato in un momento critico della sua esistenza. Innocente, gettato in prigione, tra la riprovazione generale (il complesso mass-mediologico non ebbe esitazione e ritegno alcuno a denigrarlo quale “cattivo maestro”) egli fu assalito dallo sconforto se non dalla disperazione e come tu segnali, confessò di essere stato attratto anche se per un momento dall’idea del suicidio. E dallo stesso timore che questa idea lo raggiungesse e lo tentasse don Leone fu indotto, questa è la tua tesi, a renderlo partecipe della sua solidarietà.” (Giuseppe Lissa). Nel volume che uscirà a giorni, questo rapporto intimamente vissuto, è analizzato anche dal punto di vista di un parallelo percorso e incontro “teoretico” tra il totalitarismo etico-religioso dell’uno e il totalitarismo etico-politico dell’altro, tra la prospettiva escatologica della visione cristiana del parroco e quella tutta politicamente “rivoluzionaria” del filosofo. In entrambi un progetto utopico, religiosamente sentito, di totale rinnovamento e rinascita civile, etica e sociale della Comunità; in entrambi la costruzione politica, la società che deve nascere e nella quale vivere, è un progetto e un atto d’amore che, realizzandolo, unifica le singolarità; in entrambi si è fuori da questo tempo e da questo spazio, in una “nuova città”, forse impropriamente terrena per Negri e impropriamente celeste per don Leone.

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