Terremoti – Sono sicure le abitazioni in cui viviamo?

Cosa sia un terremoto lo sappiamo tutti. L’Aquila con le sue 309 vittime nel 2009, l’Irpinia con circa 3.000 nel 1980 e, tra i più devastanti del secolo scorso, gli eventi di Reggio e Messina con quasi 90.000 vittime nel 1908, sono tutti disastri! Eppure il terremoto, sebbene eccezionale, è un “fenomeno naturale”. Il disastro, in realtà, è l’effetto prodotto da questo evento sulle nostre città, chiaramente impreparate ancora oggi ad affrontarlo. Volendo essere più precisi, il disastro è frutto dell’elevato rischio sismico delle nostre abitazioni che a sua volta dipende dall’evento naturale, ma soprattutto, e qui veniamo al dunque, dalle carenze strutturali delle nostre abitazioni.I problemi sono molteplici, due tra tutti: la carenza quasi assoluta di manutenzione delle strutture portanti degli edifici in cui viviamo e la costruzione delle nostre abitazioni avvenuta per lo più in assenza di norme sismiche. Per quanto attiene al primo punto non vi è nulla da aggiungere; a tutti noi, infatti, è ben noto come la manutenzione “straordinaria”, peraltro pratica non consueta a guardare le nostre città, ha generalmente come unico fine il ripristino delle facciate delle nostre case. Il secondo dei problemi evidenziati giunge invece da lontano. La classificazione sismica del territorio italiano è avvenuta fino al 1981 inseguendo le aree colpite di volta in volta dai terremoti; si pensi che a quel tempo la città di Catania, tra quelle a maggiore pericolosità sismica d’Italia, non era ancora classificata! Non ci deve stupire pertanto come solo nel 2002, in seguito alla perdita di 27 bambini ed una maestra, si è scoperto che il comune di  San Giuliano in Puglia non era ancora classificato sismico. Tutto ciò ha fatto sì che negli anni del dopoguerra il boom edilizio si realizzasse sostanzialmente in un territorio non classificato sismico e, quindi, senza norme tecniche adeguate. Il risultato? Oggi più di due terzi degli edifici in cui viviamo non sono in grado di affrontare in maniera sicura i terremoti attesi nel prossimo futuro. La problematica evidenziata, si capisce bene, comporta un elevato impatto sociale di cui generalmente ci rendiamo conto solo in seguito ai terremoti, anche se di piccola entità, che colpiscono di volta in volta la penisola: è il caso degli ultimi eventi accaduti a L’Aquila ed in Emilia. Non possiamo, pertanto, non chiederci: Cosa fare? Purtroppo ad oggi, nonostante il progresso scientifico, non  siamo in grado di “predire” il luogo e l’ora in cui si manifesterà il prossimo terremoto. Siamo in grado, invece, di “prevedere” la probabilità,  detta pericolosità sismica, che si abbia un determinato terremoto in una certa area geografica così come siamo in grado di valutare le carenze strutturali degli edifici in cui viviamo. Pericolosità, carenze strutturali, persone e beni esposti rappresentano gli ingredienti della ricetta per valutare il “rischio sismico” delle nostre città. In qualche modo potremmo dire che il rischio sismico rappresenta le vittime ed il danno che avremo nel prossimo terremoto se non facessimo nulla oggi. Naturalmente non possiamo fare nulla per limitare l’impeto dell’evento naturale; molto è possibile fare, invece, in termini di “prevenzione” intervenendo sulle carenze strutturali degli edifici esistenti. La conoscenza di quanto siano sicure le nostre abitazioni rappresenta il punto di partenza per avviare una strategia corretta di mitigazione del rischio sismico. Ciò presuppone la verifica dei singoli edifici ad opera di tecnici esperti e, laddove queste verifiche risultassero negative, la messa in opera di interventi di manutenzione straordinaria alle strutture portanti. Saremmo disposti a vivere in un edificio che sappiamo essere non sicuro? Ignorare ciò o non porsi tale domanda ha come frutto, come dimostrano i tragici eventi anche recenti, il disastro!

Luigi Petti Università di Salerno ICOMOS ICORP International Committee on Risk Preparedness