Atrani: un tappo alla natura

Aldo Bianchini

Nei disastri, naturali e non, c’è sempre la mano dell’uomo. Punto. L’uomo riesce a fare cose incredibili, anche attraverso scelte che appaiono subito come scelte contro ogni logica, finanche agli occhi dei cittadini comuni. L’ennesimo caso di Atrani è l’esempio più emblematico e significativo. Ma andiamo con ordine per capirne di più. Atrani, per chi ancora non lo sapesse, è una piccola perla incastonata in uno dei posti più belli della costiera amalfitana, ma è in un posto storicamente a rischio per via dei grossi canaloni che da monte scendono verso il mare; tra questi canaloni scorre il “Dragone”, un’asta torrentizia che già in passato ha dato non pochi problemi alla comunità atranese. Nel 1954 (alluvione anche di Salerno) ci fu la più grossa invasione di acqua, fango, melma, alberi, auto, ecc.; nel 1984 la storia si è ripetuta, con una vittima e danni assolutamente minori. E dire che tra il 1954 e il 1984 furono effettuati alcuni lavori di sistemazione del torrente curando che nella parte alta del paese il Dragone rimanesse scoperto per consentire ogni possibile sfogo alla natura in caso di calamità. Insomma fino al 1984, nonostante alcune storture nella manutenzione ordinaria e straordinaria del torrente, sembrava che le cose scivolassero nel senso del giusto rispetto della natura e delle sue imprevedibili esplosioni. Come dire che in una zona ad alto rischio si cerca di mantenere, per quanto possibile, intatto lo stato naturale dei luoghi. Il problema comincia dopo la tracimazione del Dragone del 1984. Si pensa di chiudere per circa cento metri il torrente nella parte alta del paese e di incapsularlo in una sorta di tunnel di cemento. Un vero e proprio tappo alla natura. Perché qualcuno pensò ad una soluzione del genere proponendola all’amministrazione comunale che prontamente l’accettò? Probabilmente perché così si ricavavano a monte parcheggi a pagamento per un centinaio di auto e, forse, per dare la pretesa dignità urbanistica ad alcuni insediamenti abitativi che con la cementificazione del Dragone rinascevano a nuova vita. Infatti quelle abitazioni, prontamente riattate secondo le indicazioni di un piano regolatore mai approvato, a mo’ di vera e propria speculazione edilizia, sono letteralmente risorte ed il loro valore commerciale è notevolmente lievitato verso l’alto. Prima si affacciavano sul torrente (a volte anche sporco), oggi si aprono su una piazza costruita con criteri assolutamente moderni. Anzi fino ad ieri, perchè da oggi lo scenario è letteralmente cambiato. Per un probabile (tutto da accertare!!) favore a pochi personaggi oggi la comunità piange un disastro incalcolabile e la scomparsa della giovane Francesca, lavorante nel bistrot “La risacca”. L’inferno si è scatenato in pochi attimi, la colata di acqua, detriti e fango proveniente dall’alto della montagna arriva all’ingresso alto del paese e, invece di trovare libero sfogo, si scontra con un vero e proprio tappo di cemento, parzialmente occluso anche da rifiuti solidi illegalmente depositati.  L’esplosione è inevitabile e la colata sommerge le strade del paese nella ricerca sfrenata dello sfogo a mare travolgendo pullman, auto, arredi urbani, suppellettili e purtroppo anche la sventurata Francesca. Da qui, è da questa ricostruzione dei fatti e dei luoghi che l’inchiesta della magistratura deve prendere il via. Si impone il sequestro di tutti gli atti relativi alla copertura del Dragone nella parte alta del paese, si impone il sequestro anche di tutti i permessi a costruire e riattare concessi dal Comune in quella specifica zona, al fine di conoscere nomi e cognomi dei beneficiari di un provvedimento che oggi appare più che mai contro ogni logica tecnica e scientifica. Senza quell’incauta copertura del torrente, probabilmente oggi scriveremmo comunque di una tracimazione ad Atrani, ma certamente la povera Francesca continuerebbe a svolgere il suo lavoro e i danni sarebbero notevolmente minori. Cento metri di copertura di un torrente possono apparire pochi, per la natura cento metri sono come una montagna invalicabile. Il resto è soltanto cronaca.

 

 

Un pensiero su “Atrani: un tappo alla natura

  1. La costiera come la maggior parte del territorio meridionale è fragile per natura ma è l’incuria delle istituzioni e degli uomini a determinare disastri come quelli di Atrani,
    L’abbandono della montagna , la cattiva manutenzione dei fiumi e dei corsi d’acqua,l’abusivismo edilizio, l’erosione costiera ,la disattenzione al sistema fognario ed alla regimentazione delle acque di scolo nelle città sono le cause alla base di disastri che potrebbero essere evitati.
    Eppure l’Italia ha una legge tra le più avanzate in Europa in materia di assetto idrogeologico fin dal 1989.
    La legge è largamente disapplicata e viene utilizzata solo per tenere in piedi le autorità di Bacino che pur producendo studi ed esprimendo pareri sulle opere da realizzare non dispongono dei mezzi e delle risorse necessarie per intervenire.
    L’ennesimo disastro dovrebbe spingere la Regione a varare un piano strordinario per la messa in sicurezza del territorio utilizzando i fondi Europei mentre i Sindaci farebbero bene a pensare meno alle piazze e ai marciapiedi e ad occuparsi della messa in sicurezza del terrritorio.

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