Il passato del mio futuro: il futurismo del terzo millennio

Giuseppe Lembo

Nel Novecento il futurismo, avanguardia di tutte le avanguardie, aveva come obiettivo primario il modo di intendere l’arte ed il rapporto arte-società.Dalla nascita del Futurismo sono ormai passati cento anni. Ne fu fondatore e ideatore Filippo Tommaso Marinetti; un grande ed estroverso rivoluzionario sia nel modo di intendere l’arte e la cultura che nel modo di rapportarsi e rapportare l’una e l’altra alla società. Geniale nel pensiero e nel suo modo di fare arte e cultura; dissacratore senza pari, fu un grande e spesso controverso motore di cultura. Spirito assolutamente libero, politicamente anarchico, Martinetti considerava la patria più importante della stessa libertà. Per Martinetti era incalcolabile ed imprevedibile il numero delle trasformazioni umane. La vita dell’uomo è fatta di continuo divenire; nel vivere umano c’è un susseguirsi di trasformazioni. È nel principio del pantareo cosmico che si realizzano nell’uomo senza interruzione, i mutamenti che danno la dimensione del pensiero umano in continuo movimento. Oggi, con un paese malato, in preda ad una profonda stagnazione culturale, fortemente equivoco e confuso, è di grande utilità conoscere il pensiero futurista di Marinetti. Anche nella stagnazione culturale che pesa sulla società italiana, come un enorme macigno, è possibile una rinascita, una rifondazione. È possibile che tanti Martinetti, trovino il coraggio di uscire dalla disperata solitudine e controtendenza, parlino alle coscienze addormentate dei più, formulando pensieri nuovi ed idee nuove e rivoluzionarie, appellandosi ai valori ed all’etica condivisa; rappresentano la forza dell’animo umano e delle coscienze degli uomini giusti, capaci e disponibili ad operare per il bene comune. Come e cosa fare? Come vincere l’indifferenza? Come parlare alla gente? Come fare tesoro del passato? Come posso utilizzare per il bene comune il passato del mio futuro? Prima di tutto, utilizzando forme nuove del comunicare autentico; un comunicare che sappia parlare alla gente stanca di immobilismo e di un sempre più penetrante e distruttivo idiotismo mediatico, dove tutto è il frutto marcio di un apparire fine a se stesso e senza alcuna prospettiva possibile di futuro. Occorre, per uscire dall’emergenza Italia un nuovo dinamismo intellettuale, linfa e motore di quel cambiamento possibile che serve al nostro paese, all’Europa, all’Occidente ed al mondo globale che va riducendo le distanze tra tutte le razze ed i popoli del pianeta Terra, protesa a diventare Terra-Stato per una pacifica e civile convivenza della società-mondo, impegnata per non morire, a risolvere i grandi problemi dell’umanità, con priorità assoluta per il cibo, per l’acqua, per i medicinali, per l’istruzione. Si tratta di problemi necessari da affrontare urgentemente e quindi risolvere per garantire, prima di tutto, la vita a quei tanti “rifiuti viventi”, esclusi da ogni diritto possibile, dai potenti della Terra, che egoisticamente sono indifferenti anche di fronte alla morte per fame, per sete, per mancanza di medicinali, per ignoranza e per pessime condizioni igieniche. Quale modernità, quale civiltà è la nostra? Il Terzo millennio che cosa sarà per l’intera umanità? Continuerà a far nascere per poi far morire nei primi anni di vita milioni di bambini? Continuerà a far crescere le povertà in tutti gli angoli della Terra, compresi i paradisi felici del benessere? Attraverso la suggestione della parola, anche se in pochi, appellandosi e facendo proprio un nuovo dinamismo culturale, bisogna saper parlare alla gente comune, fortemente frastornata dall’inarrestabile divenire di una società sempre più incerta e confusa e sempre meno aperta al dialogo ed al confronto solidale. La necessità del cambiamento è vitale; la via maestra è quella della comunicazione tra gli uomini; per cambiarne il modo di pensare, bisogna ridare loro la libertà, liberandoli dai poteri mediatici che fanno violenza sulle coscienze, espropriandole e riducendone la capacità sia di pensiero che di azione. La cultura per cambiare deve saper superare il presente; deve sapersi rinnovare ed anticipare il futuro nuovo, che nella civiltà globale, deve essere prima di tutto, rivolto all’uomo come motore di civiltà e di umanità includente anche gli ultimi, gli esclusi, i diseredati della Terra. Nel futuro, in alternativa all’io solitario ed inopportunamente egoistico, si dovrà pensare ad un io condiviso plurale e fortemente umanitario. La lezione del passato serve all’uomo per formulare i principi dell’avvenire con al centro un uomo nuovo; un uomo più umano; più disponibile ad operare per il bene comune; più forte contro le barbarie e le prepotenze dei poteri forti. Il Novecento oltre alle tragedie, agli olocausti, alle guerre, alle tante guerre dimenticate, ci ha lasciato in eredità un modo stravagante, fortemente confuso, incerto e rassegnato di pensare e di intendere il proprio futuro. Ci ha lasciato un mondo con l’uomo spogliato del proprio essere e tutto preso dal realizzarsi attraverso il proprio apparire, nella ricerca di un edonismo basato sui beni di consumo e del possesso delle cose, il frutto dell’arricchimento dato dal “dio denaro”.Come rispondere alle attese di chi vuole cambiare il mondo? Che cosa posso fare per trasformare il passato del mio futuro? Quale utile contributo posso dare per il futuro della società-mondo? Con il dialogo, si possono superare i tanti conflitti della nostra epoca e pensare insieme al bene comune. Sarò fortemente impegnato a produrre il dialogo per gli uomini. I mass-media, dialogando ovunque, nel contaminare tutti gli ambienti sociali e culturali, confusamente sono entrati in contatto con le masse. Oggi nel mondo c’è in moto un enorme patrimonio di conoscenze e di saperi; bisogna orientarlo ai fini dell’etica condivisa, dei valori che servono al futuro del mondo globale. Occorre promuovere nelle coscienze degli uomini del mondo globale e nella memoria collettiva, una grande rivolta spontanea e destabilizzante. Potrà provocare un vero e proprio tsunami; un terremoto nelle idee della vita d’insieme. È un progetto rivoluzionario; è un progetto necessario per il futuro dell’umanità. È da utopisti pensare di cambiare il mondo e farlo diventare migliore, riducendo le distanze tra chi ha e chi non ha, tra chi sa e chi non sa. È, però, una necessaria utopia pensare a questo; pensare che si possa raggiungere un mondo migliore per ridurre le pene dell’inferno terreno ad un’enorme fetta d’umanità che maledice il giorno in cui è venuta al mondo. È un utopia folle ma necessaria per progettare un “uomo nuovo”, liberandolo del suo passato e del suo pesante fardello di “uomo negato” e proiettarlo in un futuro possibile per una umanità nuova con al centro l’uomo, erede del passato, testimone del presente e costruttore di futuro possibile del mondo.