L’integrazione forzata

 

Angelo Cennamo

Fanno discutere le esternazioni dell’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, rese nel corso dell’omelia per la festività di Sant’Ambrogio. Le critiche alla giunta Moratti per lo smantellamento di un campo rom nella periferia della città hanno, infatti, suscitato la dura reazione della Lega Nord, che, attraverso il suo organo di stampa, La Padania, ha provocato i suoi elettori con il seguente interrogativo : “Tettamanzi : Cardinale o Imam?”. La Lega contesta a Tettamanzi di essersi assuefatto a quel relativismo etico-religioso praticato da un certo clero “di sinistra”, particolarmente indulgente verso la fede musulmana e meno attento alla difesa dei valori cristiani, a cominciare dal tema dell’inamovibilità dei Crocifissi dalle aule scolastiche. Le parole di Tettamanzi sembrano fare eco a quelle di Gianfranco Fini, inatteso paladino dei diritti degli extracomunitari, il quale, fuori da ogni schema programmatico del suo(?) partito e come nessun altro parlamentare della sinistra antagonista abbia mai fatto, è preso dalla smania di riformare il diritto di cittadinanza e di concedere il voto agli immigrati, per chiudere così la lunga parabola che lo ha condotto dal post-fascismo al comunitarismo no-global. Il terzetto dei “solidali” si conclude con quel pm di Siracusa che ha aperto un’inchiesta nei confronti di un alto ufficiale della Guardia di Finanza, colpevole di aver respinto lo sbarco di una nave di clandestini proveniente dalla Libia. Strano paese l’Italia, luogo dove i diritti degenerano in eccessi deformanti e i doveri si riducono fino ad annullarsi. Non c’è via di mezzo per i nostri connazionali : o razzisti o insostenibili esterofili. Tettamanzi è uomo di Chiesa, da lui è lecito attendersi parole di accoglienza e di carità, ma la politica ha altri doveri. E se l’integrazione è un diritto da tutelare per chiunque intenda avvalersene, allo stesso modo, non si può negare che molti extracomunitari non hanno alcuna intenzione di mescolarsi ai “peccatori” della specie italica, nè fremono per acquisire la nostra cittadinanza. Pochi anni fa, in un liceo statale milanese, una comunità di egiziani pretese che ai propri figli si riservassero classi differenziate per consentire loro di studiare il corano e la lingua araba. Cos’erano quegli egiziani se non razzisti?