C’era una volta…quando l’Italia chiudeva per ferie

C’era una volta…quando l’Italia chiudeva per ferie

Giuseppe Lembo

L’Italia della “chiusura per ferie” in agosto, sacro mese del riposo italiano, è solo un lontano ricordo. Siamo ad un passato del benessere italiano, diffusamente cancellato. Con la povertà diffusa (5 milioni sono i poveri italiani tra vecchi e nuovi) si fa sempre più fatica a vivere; per tanti, è difficile anche il solo sopravvivere, mancando il minimo necessario per vivere. Purtroppo, tra dismissione e delocalizzazione, si sono aggravate e non poco, le condizioni di tanti italiani che, senza lavoro e sostegno umano e sociale, si sono ritrovati in compagnia di una triste povertà italiana. Il crescente fardello della povertà italiana potrà sempre meno garantire il sociale italiano e quella diffusa condizione umana di welfare che, invece, come ci ha lasciato in eredità il sociologo Bauman, deve essere sempre più universalmente inteso e garantito; tanto, al fine di assicurare i sempre più necessari equilibri tra mondi separati del chi ha (ricco a più non posso) e del chi non ha (povero in canna), costretto ad un mondo negato da uno “Stato di fame”; costretto a morire di fame, così maledicendo il triste giorno in cui ha emesso il primo vagito, per essere un UOMO della Terra, con tutti i diritti, umanamente naturali, da cittadino del mondo. Quella delle vacanze per tutti è un bel sogno italiano; un bel sogno italiano che, purtroppo, dura poco; che, oggi, tristemente si accompagna alle crescenti povertà italiane che hanno cancellato anche i sogni, sostituendoli con una realtà di disumana sofferenza per il vivere senza garanzie e sempre più negato dallo “stato di fame”. Quella della villeggiatura italiana per tutti è ormai un ricordo; un ricordo, purtroppo, sempre più lontano. Un ricordo felice che tanti italiani dal Nord al Sud (soprattutto al Sud), hanno dovuto cancellare per la forza invadente nella propria vita, di uno “Stato di fame” diffuso, che ha cambiato, in poco tempo, il volto d’Italia, trasformandolo, da volto gioioso e di festa, in volto sofferto e triste, facendo crescere ed accrescere la solitudine umana di tanti italiani sempre più soli ed abbandonati a se stessi ed in una condizione psicologica fortemente deviata, dove l’esodo vacanziero è ormai un ricordo; è, ormai, un solo triste ricordo di stili di vita oggi abbondantemente negati all’Italia ed agli italiani, cittadini di un Paese in cui anche per l’esodo c’è stata la dismissione, con le città che non sono più vuote e che non chiudono per ferie. Ci stiamo, tornando indietro, sempre più avvicinando ad un punto di partenza degli anni cinquanta, con vacanze diffusamente corte di 3 o 4 giorni trascorsi fuori dalla residenza abituale. È negli anni novanta che l’Italia cambia stile di vita e si va verso quello che viene definito “esodo” estivo con le città che si svuotano ed assumono la condizione diffusa di “chiuse per ferie”. Abbiamo un’Italia in grande movimento con treni gremiti ed un ritorno in massa dei lavoratori del Sud, alla propria Terra di origine. E così l’Italia del benessere economico diffuso, chiude le fabbriche e con le fabbriche le città per permettere, ormai parte di un nuovo stile di vita italiana, un periodo di meritato riposo con le fabbriche e le città del benessere produttivo “chiuse per ferie”. Con il movimento per ferie cresce anche la motorizzazione, con i tanti automobilisti al volante per “tornare a casa”, lasciando la propria città, fortemente sola con se stessa e con un cartello senza interruzione di “chiusa per ferie”, una grande novità italiana che coinvolge, in lungo ed in largo il Paese, permettendo alle città di godersi il silenzio della loro rigenerante solitudine ed ai luoghi di villeggiatura, compresi i Paesi abbandonati per andare a lavorare altrove, di tornare a vivere di quella sofferta anima paesana, dal cordone ombelicale tagliato da amare e tristi necessità di vita. Alla fine degli anni sessanta e precisamente dal 1967, l’Italia si sveglia con un nuovo stile di vita italiano, basato sul principio-desiderio di una grande e diffusa estensione popolare a fermarsi, alzando i cartelli di “città chiusa per ferie”, per godersi un meritato riposo, il frutto del benessere crescente dell’Italia e degli italiani. La vacanza, da questo momento italiano, non è più un privilegio dei soli pochi privilegiati. Anche la famiglia operaia si dà il proprio saggio stile di vita di una trasferta godereccia per le vacanze italiane che, univano come non mai prima, il Nord al Sud, affollato di vacanzieri che alimentavano la nascente industria del turismo, espressione e forza di una nuova condizione italiana, con una sua forza espansiva, assolutamente inimmaginabile. Siamo ad una nuova industria italiana. È l’industria dell’ospitalità amica che si basa sulla domanda-offerta dell’ospite italiano e soprattutto straniero, da un posto all’altro d’Italia. Un quasi cinquantennio grandemente felice e dalle diffuse attese del nuovo italiano, in un settore, il turismo, in grande, grandissima espansione di massa al Nord, come al Sud d’Italia. Siamo ad una grande invenzione italiana; un’invenzione che fa crescere negli italiani il bisogno diffuso di uno stile di vita vacanziero. Nasce in Italia e per l’Italia e gli italiani una condizione umana assolutamente nuova; una condizione di crescita individuale e collettiva fortemente diffusa, con gli italiani cittadini del mondo, saggiamente capaci di uno sguardo diverso sul mondo sempre più nuovo ed in cammino verso una nuova coscienza umana; tanto, anche con il contributo italiano, un Paese ombelico del mondo, in quanto Terra dell’ESSERE in divenire.