Roma incontra l’Europa

Giuseppe Lembo

Nello spirito sempre più crescente di un euroscetticismo diffuso, il 25 marzo 2017 Roma è tornata per la seconda volta ad essere la capitale costituente dell’Europa nel suo sessantunesimo anniversario dalla fondazione. Ventisette gli Stati membri presenti, con il pesante vuoto di un membro illustre ed importante quale l’Inghilterra che, con la Brexit, si è tristemente tirato fuori dall’insieme stellato di 60 anni fa, con i patti costituenti sottoscritti a Roma e negli stessi luoghi che sono all’origine dell’attuale UE. A riceverli all’ingresso del Campidoglio il Premier Paolo Gentiloni e la Sindaca di Roma Virginia Raggi. Accolti nella sala affrescata degli Orazi e dei Curiazi, senza riserva alcuna, è stata firmata la Dichiarazione che rinnovava in sé l’impegno d’insieme per un nuovo e concreto inizio di un’Europa dal tempo nuovo, solidalmente unita e saggiamente impegnata a camminare insieme, come insieme politico, sociale ed umano di un solo popolo d’Europa. Roma, con il suo grande fascino antico, ha risposto bene e saggiamente alle attese della vigilia, con non poche preoccupazioni per la sicurezza e  l’ordine pubblico. Tutto nel verso giusto; tutto nello spirito dei saperi italiani e dell’ospitalità amica, una grande virtù italiana che viene da lontano.  Il futuro dell’Europa, affinché sia significativamente utile ai popoli d’Europa, deve necessariamente andare ben oltre i semplici trattati e le volontà del comune impegno formalmente sottoscritte. Deve diventare fare condiviso con la soluzione dei problemi, creando condizioni umanamente possibili per tutti i popoli d’Europa, molti dei quali, vivendo in una Unione europea fortemente stretta, sono, sempre più, dal futuro compromesso; sono, sempre più, dal futuro negato. Basta, quindi, con gli egoismi europei e del mondo! Gli egoismi non giovano ai popoli della Terra. Gli egoismi, come ha sottolineato il Papa Francesco, generano populismi, a volte gravemente rovinosi. Gli egoismi generano populismo fortemente rovinosi nel nostro tempo, un tempo che globalmente va, purtroppo e sempre più, verso gli egoismi; gli egoismi del tutto per sé, in un mondo sempre meno saggio di solo avere ed apparire. Sono problemi gravi; sono problemi da affrontare e saggiamente risolvere. Per affrontarli e soprattutto risolverli, così come necessario per il mondo, proprio non bastano le sole buone intenzioni di un insieme umano unito e solidale. Opportune e giuste sono state le parole di Papa Francesco ai capi di Stato e di Governo a Roma per un evento che deve fare storia, per un forte e comune impegno per “guardare oltre”; per saper saggiamente guarda oltre. I 27 capi di Stato e di Governo, a Roma per un grande evento europeo, devono saggiamente riflettere; devono riflettere e farne tesoro, andando ben oltre gli intenti del formale rinnovo dei Trattati del 1957. Un’occasione importante quindi per riflettere ed agire per il bene comune, ricordandosi, come ha ricordato il Papa Francesco che, “l’Europa non è un insieme di regole da osservare, non un prontuario dai protocolli da seguire”. È stata questa una grande occasione per riflettere insieme; una grande occasione per i Capi di Stato e di Governo per un forte impegno comune, trovando saggiamente le vie nuove e giuste da seguire e così, per il bene dei popoli d’Europa, cambiare concretamente l’Europa, al fine di un esempio importante per cambiare il mondo che ha bisogno di un nuovo corso per garantire la vita ai tanti che sono ancora vittime disumane di vite negate. L’Europa non ha bisogno di cammini diversificati e/o a più velocità; l’Europa dei popoli d’Europa, ha, prima di tutto, bisogno di un forte umanesimo condiviso; ha bisogno di una forte umanità europea che deve unire tutto quanto è sempre più diviso, pensando, tra l’altro, inopportunamente, ad un cammino differenziato ed a più velocità, l’anticamera di un futuro europeo negato, con i popoli solo formalmente uniti, ma di fatto disuniti e con alla base negativamente, diverse caratteristiche di sviluppo; con diverse possibilità di crescere e di potersi opportunamente sviluppare con parità di sole opportunità d’insieme. Dopo 60 anni, dal Trattato di Roma, che idea di Europa abbiamo? Che idea di Europa hanno i cittadini che hanno creduto in un’Europa dell’insieme solidale, ma che tale non è, essendoci una cooperazione più formale che sostanziale? Una cooperazione più dei burocrati e tecnologi d’Europa che dei popoli d’Europa che, purtroppo, si sentono fortemente traditi per il lavoro che non c’è e soprattutto per le crescenti sfide di un terrorismo islamico pronto a colpire i cosiddetti infedeli ovunque in Europa e per una migrazione globale, dalle caratteristiche crescenti di una vera e propria invasione di massa da cui è assolutamente difficile sapersi e poteri difendere. Tanto, con gravi, comuni e sempre più diffuse sofferenze, l’amaro, triste fare di un’Europa mancante di linee comuni, come condivisione di un altrettanto comune e forte identità d’insieme che l’Europa, purtroppo non ha, in quanto solo insieme di facciata, con i poteri del fare nelle sole mani dei burocrati e tecnocrati d’Europa e della Commissione costituita non da eletti, ma da nominati che si allineano alle volontà dei forti (Germania in testa) che di fatto assolutisticamente e senza appello, governano da sovrani l’insieme d’Europa, imponendo scelte e decisioni uniche, soprattutto quando si tratta di scelte e decisioni importanti e che hanno in sé, un peso determinante per poter costruire insieme un futuro possibile dei popoli d’Europa.