“Più uno Stato è corrotto, più fa leggi” – Publio Cornelio Tacito: Dismissione del Sud

Giuseppe Lembo

Cresce in modo suicida, l’innaturale dismissione umana e territoriale del Sud, sempre più considerato un’appendice scomoda di cui l’Italia non sa proprio che farsene. Un’appendice che, per nanismo umano, culturale, politico ed economico, si vuole cancellare, spingendolo sempre più verso l’Africa, da cui territorialmente ed umanamente negli ultimi tempi si vanno riducendo le distanze. La smania di rottamare in modo drammatico il Sud è, purtroppo, una smania suicida. Si svuotano di tutto i territori, così resi assolutamente invivibili e sempre più disumanamente abbandonati a se stessi; tanto, trasformandoli in isole felici per il malaffare che da antistato, diventa di fatto l’unica forma di Stato attivamente presente e coinvolgente la gente abbandonata a se stessa. Rottamare il Sud, cancellandone le sue identità, le sue condizioni di vita, è un grave, gravissimo errore, soprattutto di prospettiva politica; è assolutamente inopportuno l’atteggiamento del Governo che non va oltre le promesse e le belle parole del “tutto va bene” e del “faremo”, rinviandone le soluzioni dei problemi, sempre più drammatici, sempre più disumani, sempre più appetibili ed all’attenzione dei regni incontrastati dell’illegalità diffusa. La dualità italiana è, purtroppo, crescente; una dualità antropico-geografica ed economica che fa male, tanto male all’insieme italiano, con crescenti, emergenti rigurgiti meridionali di nostalgici per il mondo borbonico, le cui radici ancora forti sono, purtroppo, l’espressione di un sofferto e diffuso malessere umano; sono la vera prima causa dei ritardi antropico-sociali che non hanno permesso al Sud di diventare, in modo armonico ed equilibrato, quell’insieme italiano di cui l’Italia, per non correre ulteriori rischi, anche sul piano democratico, ha assolutamente bisogno, riequilibrando così lo squilibrio italiano che viene da lontano ma che non è più tempo di mantenerlo inopportunamente in piedi, perché fa male a tutti; fa male, tanto male a tutta l’Italia dal Nord al Sud. È sbagliata la politica italiana delle dismissioni facili e dei crescenti tagli sempre e comunque prevalentemente lineari alla spesa pubblica. L’unico intervento necessario che è quello di tagliare le tasse, proprio non si fa; così facendo, non si fa altro che, castrare la società italiana, evitando così scientificamente di promuoverne lo sviluppo sia culturale, che umano, sociale, economico e necessariamente territoriale. I mali d’Italia sono il frutto di una scarsa capacità di utilizzare per il bene del Paese e degli italiani i tanti gioielli italiani di cui è concretamente ricco il nostro Paese (beni culturali, paesaggio e natura, prodotti della Terra, capacità artigianali e creative nella moda ed in un made in Italy eno-gastronomico e di dieta salutistica ricercata dal mondo). L’Italia stagnante e senza prospettive di sviluppo possibile è un male maledetto per tutti gli italiani; soprattutto per gli italiani giovani che si sentono traditi, vedendosi cancellate le possibilità di un futuro che appare ai più del mondo giovane che si sente tradito, un futuro negato. Tutti per effetto di un mondo dinamicamente in movimento, per cui niente è più staticamente fermo e fine a se stesso. Tutto agisce ed interagisce insieme agli altri; così facendo, l’umanità è in cammino verso una nuova e sicuramente più umana visione del mondo. Nessuno può essere indifferente agli altri del mondo; ai mali degli altri, godendosi tutto per sé, i piaceri del proprio egoistico benessere, il frutto della smania maledetta di quell’avere che è una piaga maledetta da cui deve guarire l’uomo del mondo, per evitare i mali estremi di un cammino separato da … fine del mondo, con i ricchi sempre più indifferenti al diritto alla vita degli ultimi della Terra, veri e propri rifiuti umani abbandonati a s stessi, per crescente colpa di un mondo disumano dove l’”IO”, non sa assolutamente diventare “NOI”.