Instrumentum laboris: apertura ai divorziati?

di Rita Occidente Lupo

La Chiesa pone mano ad una materia incandescente, quella della comunione ai divorziati e dell’inserimento nella comunità ecclesiale dei separati. Atteso il Sinodo sulla famiglia, che in autunno, dopo i  lavori preparatori dei mesi scorsi, dovrà dettare nuove norme pastorali a riguardo. Ma il discorso sfida l’Azzeccagarbugli e diventa inspiegabile agli uomini semplici e di buona volontà. A coloro, cioè, che hanno sempre saputo che il sacramento matrimoniale, indissolubile, per chi intende vivere la via salvifica del cristiano, tranne in alcuni casi, in cui demandata all’Autorità diocesana dei tribunali ecclesiastici, in ultimo la Rota, la facoltà di sciogliere il vincolo, perché ritenendolo nullo, giammai esistito. Lo stesso Papa Francesco, contrariamente all’insediamento di Ratzinger, che sembrò piuttosto stretto di manica a riguardo, facendo comprendere come la Chiesa stesse indulgendo troppo in una pratica nei secoli arbitra scismatica, Enrico VIII docet,  col rischio di far passare sotto gamba “Finchè morte non vi separi!” Tra limiti delle nullità, per gli effetti giuridici in termini di mantenimento all’altro coniuge, se redditualmente bisognoso, oltre chiaramente al sostegno alla prole se esistente, stimata fuori del connubio, ma in ogni caso legittima e pertanto bisognosa di ricevere i dovuti emolumenti della separazione, la consapevolezza di tanti che la Chiesa non avrebbe mai perso la leadership delle chiavi petrine. Pertanto, convivenze se non dichiarate, di fatto; separazioni con ugualmente l’accesso ai sacramenti, a discrezione dei presbiteri; nuove nozze, semmai benedette senza la contrazione naturale del sacramento, stimate condotte adulterine. “Non separi l’uomo ciò che Dio ha unito…Non consentito ad un uomo lasciare la propria moglie e sposarne un’altra neanche in caso d’adulterio…” Dalle nozze di Cana, le parole evangeliche di Cristo, convinzione del mondo cattolico, su dettato del vecchio catechismo: ora invece,  le linee guida di una pastorale cristiana, sembrano rimestate, opinabili, alla luce di un contraddittorio Instrumentum laboris, testo base per il sinodo d’autunno sulla famiglia, a proposito dei “divorziati risposati civilmente in condizione di convivenza irreversibile”. Nel documento si parla “di comune accordo, sull’ ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto l’autorità del vescovo”. Una serie di differenze di posizioni su tale accordo e la divisione tra chi vorrebbe l’ammissione ai sacramenti e chi no, inevitabile. “L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale, sotto la responsabilità del vescovo diocesano, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostante attenuanti, dato che – alla luce del canone 1735 del Catechismo della Chiesa cattolica – ‘l’imputabilità e la responsabilità di un’azione, possono essere sminuite o annullate’ da diversi ‘fattori psichici oppure sociali'”. Dal testo si comprende ben poco sulla condotta da adottare e sui singoli casi, affidati all’interpretazione pastorale. Mentre il documento parla di tenere conto della diversità di concezione teologica delle nozze, poi rimarca la.monogamia assoluta matrimoniale. Un riferimento all’Ortodossia, per la tendenza a ricondurre la prassi di benedire le seconde unioni, alla nozione di ‘economia, come condiscendenza pastorale nei confronti dei matrimoni falliti, senza mettere in discussione l’unicità del matrimonio. Tale benedizione, celebrazione penitenziale per invocare la grazia dello Spirito Santo, affinché sani la debolezza umana e riconduca i penitenti alla comunione con la Chiesa”. In conclusione, i separati  che vogliono accostarsi ad un nuovo vincolo, possono farlo con la benedizione cristiana? Ed i divorziati, potranno ricevere l’Eucarestia senza più affidarsi alla discrezionalità del singolo presbitero o fuori dalla propria parrocchia, per evitare d’ingenerare equivoci? Dal documento vien fuori senza dubbio un’apertura della Chiesa, che cammina nel tempo e tiene presente le mode del tempo, ma nel Vangelo non si legge “Passeranno i cieli e la terra, ma le mie parole non passeranno?” Se per secoli, tante coppie hanno vissuto il dramma della violenza perfino tra le pareti, pur di non rompere il vincolo “La moglie santa, santifica il marito”, ricordava l’apostolo Paolo, ora sembra tutto snellito, scontabile, rinegoziabile, svilendo in tal modo anche il valore sacramentale dell’unione, che riscrive una nuova pagina non più basata sulla fedeltà del patto, come Dio all’uomo… sempre!