La democrazia partecipativa in difesa dei beni comuni

Maddalena Robustelli      

Mercoledì scorso a Salerno, presso la sala del parco Ex-Salid, il comitato provinciale per l’acqua pubblica ha organizzato l’incontro “Beni comuni e democrazia partecipativa”, alla luce dell’esito referendario dello scorso giugno e delle nuove norme sulle liberalizzazioni. Alberto Lucarelli, professore ordinario di diritto pubblico presso l’Università di studi Federico II di Napoli, nonché assessore comunale con delega ai beni comuni ed alla democrazia partecipativa, ha tracciato un quadro della legislazione italiana sull’acqua, con particolare riferimento al periodo storico a cavallo tra il 1996 e il 2011. Ne è risultato un panorama normativo improntato alla gestione privatistica della risorsa, con conseguente aumento delle tariffe, diminuzione degli investimenti, contrarietà ai principi della eco- sostenibilità e, particolare non di poco conto, peggioramento della tutela dei diritti dei lavoratori a causa delle esternalizzazioni dei servizi, obbligate dai piani industriali delle aziende private che gestivano i servizi idrici locali. Contro una deriva così negativa della tutela del bene comune acqua si è determinata la nascita di comitati locali, provinciali, regionali ed in ultima istanza la costituzione del  Forum nazionale. Un movimento dal basso che nel 2004 a Napoli si è opposto fermamente all’ingresso dei privati nell’Arin , la società per azioni che erogava l’acqua nella città, a tal punto che, in virtù della mobilitazione generale, la giunta Iervolino fu costretta a revocare la delibera in questione. Il prof. Lucarelli ha ben evidenziato come quanto più i cittadini sono consapevoli dell’importanza dei beni comuni, da lui definiti “categorie dell’essere”, tanto più sono disponibili a richiederne a viva voce una loro idonea difesa. Certo, a suo dire, occorrerebbe una normativa specifica per tale categoria di beni ed in tal senso, in qualità di assessore cittadino al ramo, ha introdotto all’art. 3 dello statuto comunale di Napoli il loro  riconoscimento giuridico, prendendo spunto dal lavoro preparatorio dell’insigne giurista S. Rodotà. In virtù di questa modifica statutaria si è provveduto conseguentemente a gettare le basi per la trasformazione dell’Arin spa in ABC, Acqua Bene Comune, società pubblica, più precisamente azienda speciale, definita dal docente “paradigma di un nuovo modello di democrazia partecipativa”. In essa il consiglio di amministrazione non è solo espressione di una volontà calata dall’alto, ma anche delle decisioni prese dai cittadini, scelti dal sindaco in base ad una short list predisposta dalle associazioni ambientaliste e dei consumatori; il comitato di sorveglianza, vigilante sull’operato del c.d.a., è composto sia dai cittadini che dai lavoratori della stessa azienda, a cui peraltro era stata offerta, invano, anche la possibilità di entrare nell’organismo decisionale, sulla scorta del modello tedesco di cogestione. L’esperienza napoletana ha fatto sì che si determinassero i presupposti per creare una rete tra sette nazioni della U.E., tale da consentire di avanzare in Commissione Europea la proposta di uno Statuto europeo dei beni comuni. Di qui l’invito rivolto dall’ass. Lucarelli all’omologo cittadino, avv. Calabrese, per lavorare in sinergia, perché anche città importanti, come Salerno, siano protagoniste di un nuovo modello di democrazia partecipativa. Difatti, a suo parere, da qui ad un anno potremmo ritrovarci una legge nazionale che getta a mare il risultato referendario del giugno scorso, già fortemente incrinato dalla “pratica odiosa” delle società pubbliche che diventano spa. Il docente universitario all’uopo ha specificato che “ancorchè l’acqua rimanga pubblica il soggetto è privato ed in quanto tale si comporta da dominus del bene, mentre invece il pubblico deve gestire il bene collettivo non in quanto proprietario ma, bensì, tutore”. Di contro alla sconfitta della classe politica intera, che non ha saputo rappresentare gli interessi della collettività presso le istituzioni, secondo il relatore occorre puntare al giusto riconoscimento della democrazia partecipativa, senza per questo negare valore a quella rappresentativa. “Ci vuole distanza tra amministratori e cittadini, ma tale distanza non deve mai diventare abuso e negazione dei diritti della collettività”. In tal senso è da leggersi la proposta conclusiva del convegno, relativa al rispetto da parte delle istituzioni del c.d. patto di stabilità. Alla luce dell’art. 119 Cost., che consente, ad esempio, ai comuni di indebitarsi per effettuare investimenti ma non finanziare la spesa corrente, il prof. Lucarelli chiede che venga riconosciuto dallo Stato il diritto all’insolvenza esclusivamente per i debiti contratti a fini pubblici, “ben attenti, però, a non incorrere in quel genere di pubblico che negli anni è stato fatto lievitare per debiti illegittimi, frutto di una contaminazione criminosa tra istituzioni e privati, debiti che non hanno lasciato nulla sui territori”. L’altro giorno abbiamo avuto modo di conoscere un amministratore pubblico dalle idee molto chiare, che sta lavorando perché siano tutelati i beni comuni, come l’acqua, le infrastrutture, i servizi sociali e tutto ciò che, come ha ben definito, sono categorie dell’essere. Sono, cioè, beni appartenenti a tutti ed in quanto tali la loro tutela deve essere prevalente su qualsivoglia interesse d’ordine privatistico che vorrebbe irreggimentarli ai suoi precipui scopi. Buon lavoro ass. Lucarelli per Napoli, per l’Italia e per l’intera Europa.