La storia di un bosco devastato

Roberto De Luca

La storia dei luoghi fa parte della vita delle persone, e viceversa. Lo capii quando, tornando dall’estero, non ritrovai più i pesci nel fiume Cavarelli. Erano passati pochi anni, ma quel lasso di tempo era stato più che sufficiente per decretare la morte di un fiume. Quella vita guizzante era scomparsa e, con essa, la spensieratezza degli anni. Da allora non mi sono dato pace e ho perseguito, tenacemente, tutte le vie della difesa dei beni ambientali. Ero convinto che fosse soprattutto una questione culturale. E proprio nel 2003 arrivò l’investitura di responsabile di zona del Codacons. Forse me l’ero cercata questa carica a perdere (danaro, tempo, energia, affetti, dico, altro che le multi-cariche di alcuni). Era venuta dopo l’incontro con la sede regionale a Salerno, avendo combattuto a Sassano la battaglia di civiltà dell’acqua sporca: l’amministrazione aveva lasciato per anni una frazione senza acqua potabile (lo aveva messo per iscritto in ben due ordinanze) e poi aveva preteso che quel liquido rossastro che sgorgava dai nostri rubinetti venisse pagato a prezzo pieno. Duecento famiglie fecero causa al Comune, ottenendo, in una sentenza arrivata dopo ben sei anni, la riduzione della bolletta del 50%. In questi sei anni i clarinetti del potere locale, che suonano nei luoghi della trasmissione dell’informazione orale, approfittando delle lungaggini della giustizia, hanno fatto e detto di tutto. Una battaglia sacrosanta era diventata un pretesto per deridere qualsiasi mio interessamento a questioni di carattere civile e ambientale, fino all’epiteto di millantatore, affibiatomi da alcuni amministratori di Monte San Giacomo sulla stampa, dopo che essi avevano rilasciato permessi, a un privato, per la costruzione di una strada su suolo demaniale in pieno Parco Nazionale, a 1100 metri sul livello del mare, in zona 1 e zona SIC. Il privato aveva pensato bene di facilitarsi il compito e portare nel Parco Nazionale delle ruspe cingolate per sventrare meglio la montagna (non sua!) a quell’altezza, ai piedi del Monte Cervati. Per quei reati vi sono già sentenze di primo grado. Ma qui voglio raccontarvi la storia del boschetto paleo-palustre. Il 7 luglio 2003 fui messo al corrente, dal Responsabile Territoriale FIPSAS, Salvatore Della Luna Maggio, che una zona P.I.P. del Comune di Sassano, ricadeva nell’area di interesse naturalistico “boschetto-paleo palustre della località Cappuccini in agro di Sassano”. Il Responsabile FIPSAS era stato invitato a un incontro con la Comunità Montana una settimana prima. Nell’incontro erano state illustrate le caratteristiche di pregio del territorio e si era fatta menzione di questa splendida macchia, testimonianza dell’aspetto originario della vallata prima della bonifica. Conoscevo già il sito per la ricchezza della vegetazione e delle specie avicole che in essa albergavano. Il 31 luglio 2003, il caso del boschetto, proprio per quella strana anomalia emersa all’incontro con i tecnici della Comunità Montana, fu ripreso nella trasmissione radiofonica di Oliviero Beha e Mauro De Cillis, La Radio a Colori. Il giorno 2 agosto 2003, in qualità di Responsabile della sede CODACONS locale, indissi una manifestazione presso il boschetto per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione. Alla manifestazione parteciparono vari cittadini e l’Assessore all’Ambiente della Provincia di Salerno pro tempore. Il giorno 9 agosto 2003, come effetto di questa manifestazione, venne fissato un incontro presso il Comune di Sassano (SA) per discutere, insieme all’Assessore all’Ambiente provinciale, della salvaguardia del boschetto. Da questo incontro scaturirono intenzioni di salvaguardia del luogo: si voleva almeno salvare la continuità biologica tra i due rami del boschetto. Sostenni, tuttavia, la tesi che mai e poi mai si dovesse costruire una zona d’insediamento industriale in un’area di particolare pregio ambientale, così come veniva definito il boschetto paleo-palustre (delibera n. 3 del 13 febbraio 2003 della C. M.). Le delibere dell’amministrazione comunale che approvavano il progetto esecutivo dell’area industriale erano tutte successive al febbraio 2003 e si fondavano su di un piano regolatore del 1986. Solo tempo dopo scoprii che lo stesso Assessore all’Ambiente pro-tempore era stato interessato nel processo autorizzativo del Piano Regolatore Comunale come membro della Comunità Montana degli anni ’80. Le mie speranze erano allora minime. Resta oggi traccia, di quella riunione di agosto, in un articolo pubblicato su La Città del 12 febbraio 2004 a firma di Salvatore Medici. In quello stesso articolo, il Sindaco di allora giocava a scaricabarile con l’Assessore provinciale e questi, viceversa, rimandava le accuse al mittente. Il boschetto, in effetti, non aveva più un difensore di ufficio. Eppure, con quella delibera n. 3 del 13 febbraio 2003, si individuavano “macchie e boschetti paleo-palustri” come “aree di particolare pregio ambientale”. Dobbiamo ritenere che ci si riferisse, per il Vallo di Diano, quasi esclusivamente alla zona in località Ponte Cappuccini in Agro di Sassano, così come esplicitamente riferito da Salvatore Della Luna Maggio nella sua dettagliata missiva del luglio 2003. Nella seduta n. 159 del 17/5/2007, l’On. Trepiccione formula un’interrogazione a risposta scritta all’allora Ministro dell’Ambiente On. Pecoraro Scanio. Un estratto di tale interrogazione recita: “il PIP di Sassano (paese che conta poco più di 5.000 abitanti) prevede 20 lotti da 2.000 mq l’uno e le necessarie opere infrastrutturali; a Teggiano, 5 chilometri più in là nasce un altro PIP, proprio nell’areale della cicogna; ed altri ne sono previsti ad Atena Lucana, a Polla, a Sala Consilina e a Padula, tutte cittadine del Vallo di Diano con una media di meno di 10.000 abitanti ognuna, dislocate nel raggio di 20 chilometri;
dalla vicenda in oggetto possono trarsi alcune considerazioni: che le opere pubbliche infrastrutturali tendono ad essere insediate nelle aree libere del territorio, aree che sono considerate di scarso valore se non res nullius, quando invece dovrebbero essere considerate di valore più elevato rispetto alle aree edificate; che la previsione delegata ad ogni singolo comune di realizzare proprie aree di insediamento, senza complessiva concertazione e senza un coordinamento quanto meno provinciale, sta trasformando il Vallo di Diano in una distesa di aree asfaltate e ben che vada di capannoni, poiché i fondi sono spesi in quanto vincolati allo scopo e non in base a reali esigenze produttive ed ogni comune tende a spendere quanto ottenuto senza interfacciarsi con i comuni confinanti; che la mancanza di norme centralizzate per l’uso dei suoli sta distruggendo il territorio, in quanto qualsiasi centro commerciale è considerato «migliore», in quanto produce più reddito, di qualsiasi area agricola o ambientalmente significativa”. La vicenda di questa interrogazione parlamentare è singolare, perché essa viene prima formulata e poi ritirata. L’attuale sindaco Pellegrino, allora parlamentare dei Verdi, per sua stessa ammissione, mi ha confermato un sospetto: è stato lui stesso a far ritirare quell’interrogazione di pregevole fattura. Il motivo è stato quello di una pretesa competenza territoriale. Pretesa, in quanto l’allora onorevole Pellegrino, attuale sindaco di Sassano, non era stato eletto in un collegio di Campania 2, ovvero sul nostro territorio. Vero era, tuttavia, che egli intratteneva buoni rapporti con l’amministrazione (a lista unica) di Sassano. E non può essere che quella pretesa competenza territoriale fosse solo un modo per giustificare un intervento a seguito di una chiamata amica? Anche perché, oltre le cose sacrosante dette dall’On. Trepiccione, un passaggio di quell’interrogazione non dovrebbe sfuggire agli amministratori locali: “Esiste una proposta, da parte della Regione Campania, di istituire una Zona di Protezione Speciale a ridosso del Tanagro, proprio per il forte flusso migratorio che tale specchio d’acqua attira”. Tramite l’associazione che rappresento, spedisco, il 22 settembre del 2006, una lettera ai Sindaci di Sassano, Sala Consilina, Teggiano e San Rufo, per sollecitare la perimetrazione delle aree. Il Sindaco di Sassano, dott. Rubino, risponde il 24 ottobre del 2006 (prot. 5298): ”… si rappresenta che questa Amministrazione, di concerto con gli altri Comuni interessati, sta procedendo alla redazione di una proposta di perimetrazione della Z. P. S. da presentare al Tavolo di Concertazione presso l’Assessorato Regionale competente.” Oggi siamo ancora in attesa che tale perimetrazione venga fatta e una Zona di Protezione Speciale istituita per il Tanagro. Ma che volete che importi della migrazione degli uccelli, quando in campo scendono gli interessi di Gomorra? Cari lettori, le cose che contano sono i soldi e quanti consensi si possono ottenere. Il resto – quelle chiacchiere fatte delle associazioni ambientaliste, ad esempio- sono e restano solo chiacchiere. E così, qualche anno fa è iniziata, contrariamente ad ogni auspicio, la costruzione delle infrastrutture per la zona industriale, che interessa il torrente Zia Francesca e il boschetto paleo-palustre in località Ponte Cappuccini. Così come si evince dal piano di lottizzazione, alcuni lotti e una strada di collegamento separano il corridoio naturale tra il torrente Zia Francesca e il boschetto paleo-palustre, che viene così ad essere scisso in due tronconi definitivamente privati della loro continuità biologica. La zona è di natura alluvionale e, presumibilmente, sottosposta a specifici vincoli idrogeologici. La stessa zona, nel 2007, prima della sua devastazione, si presentava come nella foto 1 (il lato più pesantemente colpito da tagli e devastazioni selvagge), e come nella foto 2 (la parte meno aggredita, ma anch’essa oggetto di tagli). Oggi, a seguito dei lavori di urbanizzazione, dello sversamento dei rifiuti e di tagli selvaggi, si presenta come nelle foto 3, per fare solo un esempio. Avevamo già preconizzato quanto stava accadendo e perciò avevamo investito la Procura della Repubbica di Sala Consilina del problema nel 2007. L’esito dell’indagine: archiviazione.  L’affidamento dei lavori di urbanizzazione e il successivo abbandono del boschetto al suo destino hanno purtroppo visto realizzato quello che si temeva: la devastazione irreversibile (e che vuoi bonificare adesso!) dell’area e l’esborso di circa un milione di euro di soldi pubblici. Adesso si vocifera in paese che la ditta affidataria dei lavori (che a me sembrano, da profano, non realizzati bene e forse mai completati) fosse di uno dei luoghi raccontati in Gomorra (il libro di Saviano). Si veda, ad esempio, lo stato dell’asfalto per la strada (incompleta!) nella foto 4. Addirittura, sembra che a questa ditta sia stato liquidato l’intero importo, come se i lavori fossero completi e a regola d’arte. Ma nessuno lo dice ad alta voce, eppure tutti sembrano sapere. Che strano! In periodo pre-elettorale nel febbraio 2009, tuttavia, qualcuno ebbe l’ardire di sospettare, in un manifesto pubblico, che l’intera operazione dell’urbanizzazione della zona industriale fosse un favore fatto ad amici. Certo che gli appetiti su quell’area devono essere stati vari e, forse, oggi tutti ben soddisfatti. Da ultimo, il capogruppo della maggioranza formatasi dopo le elezioni di aprile ha annunciato nuovi interventi sulla zona industriale, ringraziando il sindaco uscente per il lavoro svolto. Mah! Amministratori rispettosi dell’elettorato tutto avrebbero chiarito questa strana vicenda, interessando anche la Magistratura, se necessario, qualora avessero serbato dubbi sul procedimento amministrativo. Adesso mi si dice che bisognerebbe parlare prima di scrivere. Infatti, mettere in una forma sintatticamente decente quattro pensieri in fila è proprio un brutto vizio. Se solo parlassi di più e scrivessi di meno, forse si aggiusterebbe tutto. Forse, per qualcuno le cose si metterebbero meglio, è vero, se io non scrivessi quello che ascolto e che vedo e che cerco di riportare fedelmente per l’amore che serbo per questi luoghi, che per altri sono forse solo sede di affari. Ed è proprio questo il punto. Qualcuno ancora non riesce a comprendere quale possa essere la molla che mi spinge a rischiare le inimicizie di tanti. Ma quel qualcuno non ha mai sofferto nel guardare impotente un territorio che, giorno dopo giorno, viene martoriato nelle sue parti più armoniose. Intanto, nonostante io abbia versato questo amaro inchiostro, nononstante altri detrattori interessati si saranno aggiunti alla schiera della prima ora, nononstante altri conoscenti riterranno non più opportuno stringermi la mano, il boschetto resterà – insieme al Cavarelli – privo di vita e pieno di immondizia di varia natura.

 

2 pensieri su “La storia di un bosco devastato

  1. Complimenti a Roberto De Luca per l’impegno e l’onestà. Nella nostra terra devastata ci vorrebbero tante persone come lui, io ne vedo molto poche. Gomorra esiste e Saviano ha dato voce a un mondo vero, spero solo che Roberto De Luca non subisca nulla di male per tutto il lavoro che fa. L’onestà non paga sempre. Bravo Roberto, continua così, ti vogliamo bene in tanti.

  2. Ringrazio “Un amico” per i complimenti. Tuttavia, quell’auspicio espresso, a leggerlo due volte di seguito, non sembra molto rassicurante. Sicuramente mi sbaglierò.

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