Proverbi Africani: la debolezza

Padre Oliviero Ferro  

L’etica africana riconosce la debolezza come elemento caratteristico dell’essere e dell’esperienza umana. Tuttavia essa la considera come un fallimento nella dinamica dello spirito della forza vitale. Perché la persona debole è preda dei più forti, specie se crea problemi. La persona debole è un fattore d’insuccesso per il gruppo. Esiste una debolezza fisica, una debolezza morale, una debolezza sociale, ecc. C’è una debolezza fatale (come quella portata dalla malattia, dalla vecchiaia), cui l’uomo non può fare nulla; che capita e protetta dai più forti. Ed ecco, come sempre, i proverbi.

“Quando una truppa di guerrieri fa marcia indietro, qualunque persona le lancia una pietra” (Cokwe, Angola) (quando una persona potente conosce la caduta, tutti i più deboli la prendono in giro. Ricordiamoci, ad esempio, le monetine lanciate tempo fa a un politico importante che poi fu costretto all’esilio in Africa). Le piccole rivoluzioni non spaventano mai un gran capo. Sono segni di debolezza di fronte a uno più forte. “Il clamore non vince sul tam tam” (Ewondo, Cameroun).

C’è qualcuno che pensa di essere più forte, quando sconfigge i più deboli di lui o che non possono reagire, non avendone la medesima forza (vedi le guerre tra politici ed elettori). “E’ un fulmine che uccide solo caprette” (Ngambay, Ciad). Se poi vuoi concorrere con uno che è già forte, ti devi preparare. Vedi il Vangelo, quando dice che se vai in guerra con diecimila uomini per combattere uno che ne ha ventimila, devi fare attenzione, altrimenti rischi di essere sconfitto. E’ la riflessione dei Beti del Cameroun. “Il vaso d’argilla non ancora cotto al forno non scherza con il fuoco”. Ed è la medesima cosa che ribadiscono gli Mpongwe del Gabon, quando dicono che “le uova non si battono contro le pietre”.

Succede però che quando il potente cade (c’è sempre l’immagine del grande elefante che quando sta morendo, tutti si fanno beffe di lui), tutti i più deboli possono provocarlo senza paura. Quindi si consiglia ai più forti a mantenere le proprie posizioni e ai più deboli a saper approfittare della debolezza dei nemici più potenti per sconfiggerli. Così dicono i Malinkè del Senegal “Quando il grande potente cade, anche le caprette ci camminano sopra”. Interessante la riflessione dei Tutsi del Burundi che dicono “Quando uno non sa cosa fare, diventa gentile” (quando qualcuno si trova in una condizione di debolezza, diventa più saggio con gli altri. La debolezza rende virtuosi.

Questa è la pedagogia della sofferenza o la sofferenza pedagogica. Questo proverbio viene usato sia in via preventiva ed educativa per raccomandare ai membri dei gruppi deboli o semplicemente ai più giovani, di valutare bene i rischi nell’affrontare i più forti, per non subirne irreparabile sconfitte). A volte, ci ricordano i Warega del Congo RDC che “lo stiramento della fibra, della corda, è stato tale che ha potuto vincere la selvaggina” (anche se la corda non è bella da vedersi, però è servita per catturare l’animale). Insomma non disprezzare il più debole o i bambini: hanno il loro valore e la loro efficacia propria. Insomma non sono da buttare via. Avrai sempre bisogno di qualcuno che è più piccolo di te. E per finire, un proverbio che ricordo sempre “Il grano di mais ha sempre torto di fronte alla gallina” (Minah, Bènin) (il più forte impone sempre le sue ragioni sui più deboli. E’ la realtà, ma non dimentichiamoci che il grande elefante, a volte, scappa di fronte al topolino…