Gay e cattolici: il dialogo che non c’è

 

Luca Monaco

Il gay pride tenutosi sabato scorso nella Capitale ha inevitabilmente infiammato il dibattito, mai sopito per la verità, sulla “questione omosessuale”. La tradizionale sfilata, che accompagna, come da consuetudine, la manifestazione, ha rappresentato, più che mai, un affronto per le sensibilità cattoliche del Belpaese: Roma, includendo tra le proprie mura il Vaticano, è percepita infatti come la capitale della cristianità. Un dato, quest’ultimo, che, se per un verso non è servito a modificare i connotati folkloristici ed ostentatamente goderecci della parata, per altro verso ne ha addirittura amplificato gli eccessi. Le distanze tra il mondo cattolico e conservatore da una parte e quello omosessuale e progressista dall’altra, lungi dal ridimensionarsi, appaiono sempre più abissali, assumendo i connotati di una vera e propria guerra tra “galassie”. Non c’è dialogo, non c’è confronto e, purtroppo, allo stato attuale, manca persino la percezione che possano mai esserci. Le due “entità culturali”, in maniera speculare alle diatribe di ogni genere che spaccano in due la nostra cara Italia, sembrano chiuse ermeticamente in sé stesse, senza la volontà di provare a capire l’una le ragioni dell’altra. Da una parte le associazioni “GLBT”, spalleggiate dal laicismo più oltranzista, che, in ossequio ad un discutibile relativismo culturale, sbeffeggiano indegnamente le gerarchie ecclesiastiche e, persino, i simboli della spiritualità cristiana. Dall’altra il cattolicesimo più intransigente e conservatore che, per di più indispettito da un simile affronto e dalle derive blasfeme del “Pride”, contrattacca a testa bassa, non soltanto rivendicando la sacralità della famiglia tradizionale ma, altresì, squalificando a “malattia mentale” l’omosessualità. In quest’ottica va letta, forse, la durissima, seppur rispettabile, presa di posizione di Don Marcello Stanzione, in un suo articolo apparso due giorni orsono proprio su questo quotidiano, laddove è arrivato addirittura ad affermare che “gli omosessuali purtroppo sono sempre esistiti e sempre esisteranno ma non hanno alcun diritto e le loro rivendicazioni sociali devono essere tenute in nessun conto”. Non ho la pretesa di ergermi ad arbitro e tantomeno a consigliere di chicchessia (manco della saggezza e dell’autorevolezza necessarie) eppure credo che l’esperienza e la storia insegnino come il muro contro muro non sia mai stato foriero di buone novelle. E’ indubbio che la Chiesa, per i valori di cui si fa interprete, non potrebbe mai “legittimare” l’omosessualità, così come sarebbe pressoché utopistico attendersi dalle “milizie” ultra-laiche e soprattutto dai GLBT dei passi indietro rispetto alle loro istanze. Eppure, forse, alcuni basilari punti di incontro, tali da rendere la loro coesistenza meno conflittuale e più improntata al dialogo, ci sarebbero eccome. Un buon viatico in tal senso lo si avrebbe qualora, da una parte, il cattolicesimo duro e puro ricorresse, anche quando si rivolge all’universo gay, all’amore, al perdono, all’umana comprensione, di cui è spesso stato un fulgido esempio; in fondo sono questi i veri capisaldi della fede cristiana. Ed anche il ripudio dell’idea per cui l’omosessualità sia sempre e soltanto una scelta o, peggio ancora, un vizio, una perversione demoniaca e non, piuttosto, un modo di essere, potrebbe fungere da breccia nell’invalicabile muro divisorio. A patto, però, che, sull’altro fronte, quello omosessuale e più arrembantemente laicista, si evitasse il ricorso a blasfemie e volgarità di ogni sorta, che finiscono per insultare l’intelligenza e la civiltà innanzitutto di chi le pone in essere. E poi maggiore sobrietà e buon gusto, anche nel corso del Pride, sarebbero probabilmente la risposta più dignitosa e severa a chi, in buona fede, pone in essere l’equazione “omosessualità=sregolatezza, eccesso, vizio”. Basterebbe, in buona sostanza, che tutti, laici e cattolici, eterosessuali ed omosessuali, conservatori e progressisti, destri e sinistri, cominciassimo a percepire le diversità di pensiero non come una minaccia ma come una ricchezza. Ciascuno, in quanto forte delle proprie idee e dei propri valori, dovrebbe provare a comprendere, pur ritenendole sbagliate, le ragioni degli altri e, perché no, a contestarle anche duramente, ma mai mettendone in discussione la legittimità e la buona fede. Può apparire, questo, un discorso buonista e, per certi versi, improntato al relativismo culturale, ma non è così, anzi. Non è buonista perché non anela ad una inverosimile pacificazione o ad una impensabile intesa sul fronte dei diritti civili ed auspica, anzi, per converso, un confronto anche aspro e serrato, sebbene incentrato su di una reciproca legittimazione tra le “parti in causa”. Non è, e non vuole essere, un invito al “voletevi bene”, per intenderci. Ma non è neanche relativismo perché non pone in discussione, ma anzi esalta, alcuni valori universali come il rispetto e la tolleranza. E’, casomai, un approccio idealista, magari illusorio, forse un po’ ottimista, alla discussione; un modo per provare ad erodere quella cortina di estremismo che, quotidianamente, nelle piccole e grandi cose della vita, tende ad affiorare subdolamente ed insidiosamente nell’ essere umano, di ogni livello culturale, razza, religione, sesso, età, ceto sociale. Estendendo i termini della discussione allo scontro perenne su staminali, laicità dello Stato, eutanasia e via enumerando, la domanda è: laici e cattolici, il dialogo è possibile? Prendendo ad esempio un rispettosissimo ed interessantissimo confronto epistolare di qualche anno fa, tra Sua Santità, Benedetto XVI, e l’ex Presidente del Senato, Marcello Pera, laico convinto, la risposta sembrerebbe affermativa.

2 pensieri su “Gay e cattolici: il dialogo che non c’è

  1. Il suo atteggiamento dialogante e il suo pacato e civile argomentare dimostrano che è possibile discutere su temi controversi e indubbiament complessi, come quelli definiti “eticamente sensibili” , senza arroccarsi su posizioni intrensigenti e preconcette, da una parte e dall’altra, sia chiaro. Ma qual è oggi la parte maggioritaria è più forte (nel senso di potente)? Le manifestazioni sguaiate e “orgogliose” sono anche un segno di forza? I media enfatizzano gli aspetti più volgari e folkloristici, è vero, ma l’opinione pubblica media, secondo lei, per chi parteggia? Quanto al dialogo tra l’allora cardinale Ratzinger e Marcello Pera non saprei dire chi fosse il più laico tra i due interlocutori. Con stima.
    Fulvio Sguertso

  2. Gentile Luca Monaco, lei ha definito durissima la mia posizione sull’omosessualità, in realtò io ho semplicemente riportato l’interpretazione biblica e l’atteggiamento valutativo morale fatto da diversi santi sull’omosessualità, in definitiva ho ricordato la posizione ufficiale bimillenaria della Chiesa su essa. Per la Chiesa non ci può essere dialogo con il peccato e con il vizio. in vent’anni di sacerdozio io ho conosciuto diversi omosessuali che ho sempre trattato con rispetto e carità ma sono sempre stato franco sulla dottrina. Non sono uno psicologo di professione anche se ho fatto molti esami di pscologia sia all’università salesiana che all’università grafologica della Lumsa, a parte un grande intuito psicologico innato, devo dire che tutte queste persone avevano seri problemi psicologici di base che ho appurato anche attraverso l’analisi grafologica della loro personalità. Fulvio Sguerso in un commento mi ha scritto che i nazisti erano contro gli omosessuali, a lui che è un uomo di sinistra ricordo che anche i comunisti russi inviavano gli omosessuali nei campi di concentramento e che i Gay Pride in russia sono tassativamente proibiti… tutti gli spirituali da Mosè fino a Rainesh ritengono moralmente illecite le pratiche omosessuali. Scrivere ciò non significa affatto essere conservatori ma attenersi non solo a norme condivise da tutte le religioni ma anche al buon senso di tantissimi non credenti.

I commenti sono chiusi.