Dirigente Scolastico Michele Cirino
Storie di come eravamo
Com’era verde un tempo la nostra valle!
E quanti ricordi affiorano per chi come noi ha vissuto quel  cambiamento.
Erano gli anni “70 e per le nostre frazioni giravano molti più autocarri che automobili. I Supermercati erano un miraggio, in compenso vi erano le c.d. “putee”; i giovani, molti in quegli anni, (per la grande crescita demografica negli anni ’60) si riunivano nei bar intorno ai primi juke box, che cantavano “non si può morire dentro” e “così piccola e fragile”. Chi visse così quegli anni nelle piazze dei piccoli borghi non ha dimenticato i mitici bar  dove anche gli anziani trovavano lo spazio per un “tressette” o una “scopa”. Chi non ricorderà i primi flipper, quelli con cui facevi “il pieno”, le prime “carambole”, primi video giochi?
Erano gli anni ’70 e nascevano le prime radio locali, le emittenti radiofoniche  dove i giovani si improvvisavano dolci stilnovisti, autori di dediche e messaggi. Nacquero, in quegli anni , molto probabilmente, le prime discoteche. Sull’onda della “febbre del sabato sera” anche a Serino il ballo e nella fattispecie la “Disco” occupò la mente dei giovani. Ma mentre tutto stava cambiando, specie nei costumi, alcuni aspetti caratterizzanti l’economia della nostra valle continuavano a resistere. Nelle campagne una delle culture dominanti era il ciliegio. Molti ricorderanno, del frutto, il prezzo alla produzione di allora (1500 al Kg). Chi ha vissuto in quegli anni ricorderà le piante di ciliegie e vicino le classiche scale di legno legate con una fune. Sopra il contadino con ” il panaro” e sotto le “sporte”. C’era, addirittura chi alternava, nella coltivazione, le patate con le carote; qualche ortaggio con molte “cucozze”. Questo perché? Era ancora il tempo in cui più del 50% delle famiglie aveva un maiale, qualcuno la mucca, quasi tutti le galline, qualcuno i conigli; gli asini erano già allora in estinzione. Nelle campagne spesso imperava il grano. Durante la calura estiva si udiva il suono delle trebbiatrici, i movimenti e le grida spasmodiche di chi, con gli autocarri (ape) portava le “gregne” a “scognare”. Il sudore si univa alla polvere innalzata dalle macchine, il suono assordante stordiva tutti mentre la sera i contadini tornavano a casa con gli autocarri carichi di sacchi dell’allora “oro giallo”.
Erano gli anni ’70 e mi ricordo che quando si andava ai boschi per pulire i castagneti c’era ancora qualcuno che si incamminava a piedi. La mattina presto, sotto i castagni, si respirava un’aria che ti apriva i polmoni mentre si udiva il suono dei “tozzulafurmica”. Non tutti avevano “lo scampatore”; dominavano, nella pulizia dei boschi, ancora le roncole e i falcioni. La sporcizia era di meno e anche nei turisti c’era più educazione. Nel mese di ottobre, nella raccolta delle castagne, le aziende locali utilizzavano manodopera familiare. La poca manodopera extra era dei paesi limitrofi, specie Volturara Irpina. Solo qualcuno aveva “il crivello”. Dopo ottobre si vendemmiava. C’erano allora più impianti di
viti che sovrastavano con gli “asproni” gli ortaggi sottostanti. La vendemmia era l’occasione per sporcarsi di appiccicoso con i grappoli di “sancinato”.
Erano gli anni ’70 e tutto era più semplice e genuino. Un esempio, i bambini di allora come giocavano? Mi ricordo che molti organizzavano con quattro pietre (due porte quindi quattro pali) un campo sportivo mobile in mezzo alla strada. Quando passava una macchina (in media ogni cinque minuti) era l’occasione per riposarsi. C’erano anche allora le “strutture sportive”. Chi ha vissuto da ragazzo in quegli anni ricorderà il mitico “campo di strada ” . E quale era allora il parco giochi? Molti ricorderanno gli spazi verdi ricavati scoprivano la natura e nel verde socializzavano.
In conclusione La società italiana è cambiata più negli ultimi venti anni che nei tremila precedenti.
Si è affermata anche nella nostra valle la c. d. modernità. Cosa ha comportato però la modernità oltre al consumismo e all’assenza di valori? La modernità diventa la madre della deregulation, elimina le vecchie regole, plasma i nuovi ubi consistam. In definitiva a Serino che futuro ci attende?
Potrebbe rispondere Italo Calvino nel “Cavaliere inesistente”:
“Ecco, o futuro, sono salito in sella al tuo cavallo. Quali nuovi stendardi mi levi dai pennoni delle torri di città non ancora fondate? Quali fiumi di devastazioni dai castelli e dai giardini che amavo? Quali impreviste età dell’oro prepari tu, mal padroneggiato, tu foriero di tesori pagati a caro prezzo, tu mio regno da conquistare.