Personaggi africani: scoutismo

Personaggi africani: scoutismo

Padre Oliviero Ferro

Fin da quando ero in  Sardegna (1992) a Cagliari ho cominciato a frequentare gli Scout, soprattutto nella parrocchia di san Giuseppe a Pirri e poi la zona scout della Diocesi di Cagliari (settore Lupetti). Mi ha subito entusiasmato vedere che dei giovani e degli adulti dedicavano molta parte del loro tempo libero per i bambini-ragazzi-giovani, aiutandoli a crescere per rendere il mondo migliore di come l’avevano trovato. Il fondatore Baden Powell aveva inventato questo metodo educativo e milioni di persone lo hanno seguito e lo seguono ancora. Anch’io ho fatto i campi di formazione per diventare capo-educatore e questo mi ha fatto crescere anche umanamente. Per questo ho cercato di farne pubblicità dappertutto. Così, dopo aver lasciato Cagliari sono finito a Reggio Calabria (Gallico), dove ho seguito un gruppo scout e la zona. Poi, andando in Camerun ne ho parlato con i giovani della parrocchia e abbiamo aperto un gruppo. Sono pure diventato responsabile regionale degli scout. Al ritorno in Italia, ho continuato a Salerno, Taranto. Insomma, dappertutto questa esperienza mi ha coinvolto in tanti modi, anche facendo da formatore ai campi di formazione. Ho conosciuto tante persone che mi hanno molto arricchito. In Camerun, anche con l’aiuto di amici scout dell’Italia, abbiamo iniziato a coinvolgere i giovani. Poi i nostri amici ci hanno mandato del materiale per i distintivi, qualcuno dei soldi per comperare delle biciclette e una coppia, appena sposata di scout, è venuta a fare il suo viaggio di nozze e a insegnare un po’ di tecniche scout. Abbiamo iniziato con i campi formazione, con le uscite, cercando di imparare le tecniche scout. Abbiamo fatto dei libretti (tradotti in francese). Vedevo che l’entusiasmo cresceva. Abbiamo coinvolto anche le ragazze e questo non è semplice, perché le famiglie avrebbero preferito che restassero in casa. Certo, le finanze erano scarse e si cercava di fare quello che si poteva. Il gruppo era anche inserito nella parrocchia e vi faceva servizio, insieme agli altri gruppi. Non sempre era facile farsi capire, forse pretendevo un po’ troppo. Però, nonostante tutto, alcuni sono diventati dei capi. Poi, ho lasciato il Camerun per rientrare in Italia. Rimane molta nostalgia di quei cinque anni vissuti insieme con loro. Forse si poteva fare di più e meglio. Ci abbiamo provato a fare diventare l’impossibile, possibile.