Personaggi africani: il capo prigione

 Personaggi africani: il capo prigione

Padre Oliviero Ferro

Penso che qualcuno si ricordi, quando l’apostolo Paolo è stato messo in prigione (Atti 16,23-40). Poi succede un terremoto durante la notte e il capo prigione vuole uccidersi, ma Paolo gli dice che nessuno se ne è andato. Allora lui e i suoi amici, vengono curati, mangiano insieme e battezza il capo e la sua famiglia. Tutto questo, naturalmente, non capita in Africa. Quando uno viene portato in prigione, viene chiuso in una stanza, più o meno grande. Non sa di che cosa è accusato. Poi piano piano, qualcuno glielo dirà e se ha i soldi, si paga un avvocato, altrimenti…comincia il suo calvario. Di giorno, nelle prigioni di paese, durante la giornata si aprono le porte, gli viene fatto fare qualcosa, magari, bloccato dalla catene. Per mangiare?

Teoricamente il capo prigione riceve un contributo per fare mangiare i “suoi ospiti”. Ma spesso, dato che è pagato da fame, cerca di non utilizzarli, ma di tenerli per sé e la sua famiglia. Allora nella parrocchia si decide di portare qualcosa per i carcerati. Se il capo prigione è umano, lascia che possano ,mangiare, altrimenti chiederà la sua parte. Dopo tutto è lui il capo!. Intanto la vita scorre, in attesa, non si sa bene di che cosa. Nel frattempo avrà dovuto pagare i militari che sono andati a prelevarlo nella sua casa (dopo tutto9 hanno consumato le scarpe). Poi, il recluso dovrà pensare come conoscere ciò di cui è accusato, cercarsi un avvocata, ma solo chi ha i soldi, se lo può permettere. Dopo un po’, verrà trasferito alla prigione della città, dove verrà incatenato e il capo prigione gli farà capire che lì deve seguire i suoi ordini. Spesso viene messo in una cella con altre 10-20 persone. Tralascio i particolari di quello che può accadere, sia in violenze, soprusi, poco mangiare, ecc. La storia continua (sempre questione di soldi e di amici potenti) con vari passaggi al tribunale che spesso condannerà il povero e salverà il ricco, il potente. In città il modo di arrestare le persone (come in Camerun) ha delle modalità diverse. Di notte è meglio non andare in giro. C’è sempre la ronda della polizia che ferma tutti quelli che riesce a intercettare (raramente i veri ladri. Infatti il ladro non è quello che ruba, ma quello che viene preso in flagrante). Nelle città camerunesi c’è l’abitudine di fare le veglie funebri di notte e spesso sono quelli che sono prelevati dalla polizia, messi nei pulmini e portati in prigione, da dove usciranno (forse), pagando. Se hai i documenti, paghi una certa cifra, se non li hai, preparati a una soggiorno, più o meno prolungato in prigione. Anche a me è capitato di andare a salvare (pagare) per due giovani che erano andati a una veglia funebre. Insomma, la giustizia è sempre per chi ha “i santi in paradiso”. Per i poveretti, “l’inferno delle prigioni è assicurato”.