Carrara: “Luce e colore tra arte e scienza”

Maria Pina Cirillo

E’ un tema decisamente affascinante quello che darà il via all’evento “Luce e colore tra arte e scienza” organizzato dal Club Unesco “Carrara dei marmi” che, complice la proclamazione dell’Anno Internazionale della Luce (IYL 2015) da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite,  si terrà il 28 aprile nella Sala Convegni  della Camera di Commercio. Qui, esponenti del mondo della scienza e di quello dell’arte saranno presenti per dare il loro contributo alla realizzazione dell’ importante progetto globale volto a sviluppare ed estendere la consapevolezza del valore insostituibile della luce e delle interrelazioni tra questa  ed ogni campo dell’agire umano. Dopo l’introduzione del dott. Cesare Gennai, che ci avvierà verso tale interessante percorso culturale, gli interventi di Anna Consortini, del Dipartimento di Fisica ed Astronomia dell’Università di Firenze, e quello di Claudio Oleari del Dipartimento di Fisica dell’Università di Parma ci porteranno nel campo più specificamente scientifico affrontando, rispettivamente, temi di decisa attualità come “Cos’è l’ottica e cos’è la fotonica?” e “Le idee nuove per capire la visione dei colori. Un omaggio a I. Newton e J.K. Maxwell”. Sarà, poi, la lettura dell’opera di Monica Michelotti, pittrice e scultrice, docente all’Accademia delle Belle Arti di Carrara a chiudere il cerchio, a darci un’interpretazione creativa dell’idea di luce e del rapporto tra questa ed il colore inteso come nesso di comprensione tra visione ed emozione. Costruendo  sulla tela un’immagine densa dei riferimenti artistici e culturali che  accomunano arte e scienza, due mondi solo apparentemente paralleli se non addirittura antitetici, uniti in realtà da numerose e fondamentali correlazioni  logico-razionali ed emotivo – suggestive, l’artista riesce a rendere visibili le sinapsi che danno vita all’eccezionale genio inventivo dell’uomo ed alle incredibili connessioni neuronali che rendono la mente umana un unicum. “Guardare è un atto creativo di luce e colore” è non solo il titolo della stimolante tela dell’artista pontremolese, ma è, soprattutto, una comunicazione forte, un richiamo alla partecipazione attiva insita in ogni azione umana, un inno alla capacità dell’uomo di trasformare in atto creativo ogni corretta interazione  tra interiorità ed esteriorità, tra  sé e gli altri. Profondamente diverso dal semplice vedere che si limita ad una presa d’atto di ciò che ci circonda, il guardare, implica una volontà di penetrare all’interno delle cose e di comprenderle, di accettare uno scambio fecondo tra il nostro mondo interiore e ciò che è fuori di noi, un atto di volontà che non può esistere prescindendo dalla luce. Luce, dunque, come presupposto di vita, luce come premessa di una visione attiva, come momento indispensabile all’atto del relazionarsi, ma altresì luce come capacità dello spirito di vedere anche solo con gli occhi della mente, sostituendo  la vista con altri sensi capaci di stabilire legami profondi. Partendo dall’ interesse per la “Neuroestetica”, lo studio neuro-scientifico avviato, una decina d’anni fa, dal celebre neuroscienziato Semir Zeki dell’University College di Londra, e valorizzando gli apporti di tutti i sensi alla ricerca artistica ed estetica, la Michelotti realizza, così, un’opera inconsueta, in cui gli occhi e le mani dei fruitori possono integrarsi o sostituirsi per una lettura a più piani, da decodificare e godere,  soprattutto a livello mentale, con emozioni, pensieri, sensazioni. E’ questo il concetto che progressivamente sboccia dalla tela che  su uno sfondo bianco, dinamico e tattile,  a  sottolineare proprio l’idea che la visione non è un mai processo passivo ma anzi presuppone una cosciente e decisa dinamica di inclusione, vede stagliarsi, fronteggiandosi, due volti visti di profilo. E se la figura di sinistra è una persona vedente il cui cervello, creativo ed artistico, è un’insieme di connessioni delle tinte dell’arcobaleno che grazie alla luce ci permettono di realizzare un tipo di visione del mondo in cui i colori rappresentano una parte importante e sono alla base di quasi tutte le nostre raffigurazioni mentali,  la figura di destra rappresenta un cieco, che vede grazie ad una luce interiore, espressa da una linea luminosa e creativa, che rischiara il suo percorso di vita,  caratterizzato dalle proprie sensazioni tattili della realtà esterna e dalle esperienze soggettive.  Il suo abito, realizzato con vari materiali trovati sulla spiaggia, si può toccare e comunica l’immediatezza delle sensazioni, guidandoci ad una decodificazione dell’opera d’arte basata su percezioni desuete. Dietro tale figura un’ombra nera, proiezione di noi stessi nello spazio ed espressione insostituibile della corporeità  dell’uomo nella sua dimensione psicologica e fisica, si contrappone al bianco dello sfondo, che disegna anche tattilmente i profili, a significare il valore della contrapposizione e la ricchezza della diversità ma anche, in maniera sottilmente ironica, a ricordarci che il bianco ed il nero, apparentemente antitetici, in realtà, sono entrambi, in maniera opposta, somma di tutti i colori. L’opera, decisamente notevole, riesce, così, a visualizzare il senso dell’integrazione, la capacità dell’uomo di superare ogni difficoltà trasformando un problema in una possibilità di arricchimento ed invitando ciascuno a non sottoutilizzare le proprie potenzialità ma a servirsene in maniera consapevole e, soprattutto, ci ricorda che solo valorizzando la luce, esteriore ed interiore, si può dare un contributo autentico alla crescita ed alla maturazione  di quanto c’è di meglio in ognuno.