I Pomi d’oro

Giovanna Bergamasco

E’ difficile immaginare un nome più esotico e invitante come: I pomi d’oro! In Italia siamo talmente abituati al “rosso pomodoro”da rimanere stupiti quando, in qualche viaggio all’estero, ci imbattiamo in pomodori gialli o arancioni. Ne esistono anche di rosso-viola, fucsia e con striature gialle e rosse. Nell’Inghilterra elisabettiana venivano addirittura coltivati pomodori bianchi a scopi ornamentali. Le bacche del pomodoro, nelle specie botaniche, sono di colore giallo dorato, talvolta aranciate, ed  è solo da un paio di secoli che le coltivazioni a frutto rosso hanno avuto il sopravvento su tutte le altre, generando addirittura la convinzione che i pomodori esistano soltanto di colore rosso acceso. La data del suo arrivo in Europa é l’anno 1540, quando il conquistatore spagnolo Hernán Cortés rientrò in patria dal Messico e ne portò alcuni esemplari, piccoli e di colore giallo o rosso. Ed è Costanzo Felici, botanico del ‘500 nato a Piobbico nella provincia di Pesaro e Urbino, a ricordare la provenienza sudamericana del pomodoro, originario della regione che adesso comprende Ecuador, Perù e Bolivia, ai piedi delle Ande. I pomodori selvatici erano piccole bacche che le popolazioni locali mangiavano ma non si preoccupavano di coltivare. Nel corso del tempo i semi arrivarono in qualche modo in Messico, dove il frutto divenne molto popolare e se ne iniziò la coltivazione. Quando Colombo giunse nel nuovo mondo,   i tomatl  (il termine tomatl indicava vari frutti simili fra loro, in genere sugosi, e così gli aztechi chiamavano i pomodori) erano ben inseriti nell’economia locale e apprezzati soprattutto assieme ad un altro prodotto indigeno, il peperoncino piccante. Nel continente i pomodori non ebbero un immediato successo culinario, anzi erano considerati velenosi o, al meglio, poco saporiti e di scarso valore nutrizionale. Gradualmente però il pomodoro diventò un ingrediente famigliare tanto che il cuoco Antonio Latini, operante a Napoli nel 1692/4, nel suo “Lo Scalco alla Moderna” aggiunge una “salsa di pomodoro alla spagnola” per accompagnare i bolliti ed ebbe il merito di avere valorizzato il pomodoro come ingrediente, e non più soltanto come addobbo a tavola. Esistono ricette per pomodori arrostiti in alcuni ricettari dei primi anni dell’Ottocento ed è del 1839 una delle primissime ricette di pasta con il pomodoro scritta da Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino,  che propone i “vermicelli con lo pommodoro”, probabilmente rendendo ufficiale un’usanza diffusa fra le classi popolari napoletane. Il pomodoro è una pianta orticola appartenente alla famiglia delle Solanacee (Solanum Lycopersicum) e in Italia il suo nome appare per la prima volta nel famoso “Herbarius” di Pietro Mattioli che, nel 1544, classificò la pianta tra quelle velenose. Al pomodoro venivano inoltre attribuiti poteri afrodisiaci ed eccitanti tanto che era utilizzato dagli alchimisti dell’epoca in pozioni e filtri magici. Si dice che, dopo la sua introduzione in Europa, Sir Walter Raleigh avrebbe donato questa piantina carica dei suoi frutti alla Regina Elisabetta, battezzandola col nome di apples of love (pomo d’amore). Ciò spiega il motivo dei tanti nomi attribuiti in passato alla pianta nelle varie lingue, oltre al già citato termine in inglese: in Francese “pomme d’amour”, in Tedesco “Libesapfel”, in Italiano “pomo d’oro”, tutte definizioni che ricordano l’amore. L’etimologia del nome riconduce al latino pomum aureus (mela o pomo d’oro) e, ad eccezione dell’Italiano, le vecchie espressioni sono state sostituite da tomato e dalla sua derivazione Azteca “tomatl”: Xitotomate o Nahuatl Tomatl  (origine Messicana). La pianta raggiunge a volte l’altezza di due metri ma non avendo un fusto abbastanza resistente ha bisogno di appositi sostegni. Come si è già detto, furono gli Spagnoli nel XVI secolo a far conoscere la pianta del pomodoro in Europa ma poiché il pomodoro – a proposito dell’alto contenuto in solanina – era considerato dannoso per la salute dell’uomo, la sua coltivazione venne utilizzata inizialmente solo come pianta ornamentale ed infatti, in Francia, era consuetudine che gli uomini offrissero alle proprie dame una piantina di pomodoro come gesto d’amore. Dall’Europa, o forse più precisamente dalla Spagna, la pianta del pomodoro approdò in seguito in Marocco, trovando lì un clima ideale per poi diffondersi in tutto il Mediterraneo. Il pomodoro è ricco di elementi nutritivi: vitamina A, vitamina B1, vitamina B2  B6, vitamina C, vitamina E, vitamina K e vitamina PP, e moltissimi sali minerali oltre al licopene, il principale carotenoide presente nei pomodori (Lycopersicum esculentum). Il contenuto e composizione di carotenoidi dipendono altamente dalla varietà di pomodoro e dal grado di maturazione dei frutti. E’ necessario assorbire licopene dal pomodoro durante l’alimentazione poiché il corpo umano non può produrne. E’ stato inoltre riconosciuto che il consumo di cibi ad alto contenuto di licopene sia efficace nel combattere le malattie degenerative e ridurre i rischi di alcune forme tumorali. Ed infatti nella Scuola di Medicina di Harvard, dopo sei anni di ricerche condotte su 47.000 uomini con un ottimo stato di salute, è stato scoperto che il consumo di prodotti a base di pomodoro per almeno due volte a settimana riduce del 21-34% il rischio di cancro alla prostata. Generalmente in cucina il pomodoro viene impiegato come una verdura ma, in alcune parti del mondo, è utilizzato in qualità di frutto alla stessa maniera delle mele, pere o banane. Le varietà di pomodoro da insalata mostrano un frutto generalmente tondo e liscio, mentre i pomodori da salsa presentano un colore rosso/verde a seconda del grado di maturazione. Citiamo tra tutte le varietà due tipi di pomodori: il costoluto, frutto di grandi dimensioni e dalle coste marcate di colore verde scuro brillante, varietà più antica. E il “pomodoro di Pachino”, il primo pomodoro IGP facilmente riconoscibile grazie al logo raffigurante la Sicilia con un cerchio nella punta estrema, dove è collocata la zona di produzione. Il tutto si ritrova all’interno di un rombo dagli angoli tondeggianti di colore verde scuro. Le iniziali coltivazioni lungo la fascia costiera della Sicilia risalgono al 1925 e l’acqua, per irrigarle, proviene da pozzi freatici ( dal greco phréar, phréatos, “pozzo”) cioè accessi naturali che permettono l’estrazione dell’acqua dalle profondità del terreno e mantengono in genere una temperatura costante, vicina alla temperatura media delle rocce che li ospitano. Oltre a ciò bisogna aggiungere che la zona è caratterizzata da un’elevata irradiazione solare e dalla vicinanza con il mare che mitiga il clima, impedendo le gelate notturne primaverili. Tutti questi fattori, uniti alla particolare acqua utilizzata per l’irrigazione, fanno del “pomodoro di Pachino” un prodotto unico dalle peculiari qualità che colpiscono i sensi: l’odore, il sapore e il colore. Nel sec. XVI, attraverso il possedimento spagnolo di Napoli, il pomodoro entrò nella cucina italiana. Ma poi fu dalla Spagna, al seguito della dominazione Araba, che il pomodoro giunse anche in Sicilia, dove si trovano le più antiche ricette italiane a base di pomodoro. A Parma, solo per merito dell’agronomo Carlo Rognoni (1829/ 1904), fu diffusa la coltivazione del pomodoro assistendo di lì a poco all’avvento di un’industria che ancora oggi è una delle più importanti realtà dell’economia italiana. Concludendo, è indiscutibile dunque la bontà del pomodoro il cui sapore ci ha accompagnati sin dall’infanzia. E anche oggi – più che adulti – forse non c’è piacere più gradito di quello che ci porta il profumo del pane appena tostato mentre siamo in attesa di gustare una Bruschetta al Pomodoro, piatto un tempo “contadino” che evoca la terra, il lavoro nei campi, uno spuntino frugale accompagnato da un buon bicchiere di vino e di solito servito oggi come antipasto ed è famoso in tutto il mondo. Così come accade per la panzanella che ci restituisce il flashback di estati lontane e pregne del buon odore del mare mentre, raccolti sotto l’ombrellone, si attendeva di mangiare una merenda a base di pomodoro sfregato su fette di pane bagnate con poca acqua e solo con il sale. Una versione-sintesi della panzanella che le nostre mamme preparavano al mattino dei lontani anni sessanta, prima di recarci in spiaggia: la più classica, quella che aveva come base il biscotto di grano leggermente bagnato; oppure l’altra, con pane cotto a legna di qualche giorno prima e tagliato in orizzontale per scavare la mollica, creando una specie di barca. La mollica si bagnava solo con l’acqua dei pomodori maturi che era stata mescolata con poco olio, sale, basilico, e che si lasciava riposare. All’ultimo, si aggiungevano i pomodori tagliati a pezzetti e la panzanella era pronta da portare in spiaggia e da gustare dopo averla servita direttamente nella barca di crosta di pane. E, qualche volta, il tutto era condito anche da minuscoli granelli di sabbia . . . Ma che importa? nessun disagio di allora potrebbe avere una qualche importanza a far svilire il gioioso risveglio di sapori mai perduti; così come ad annullare, oggi, il profumo mai scomparso di una ri-evocata giovinezza.

 

 

5 pensieri su “I Pomi d’oro

  1. Come sempre il suo mix di storia e di cucina è molto più piacevole che leggere dopo una certa ora.
    Complimenti da Joseph.

  2. Gentile amica Dr Giovanna bergamasco, Dopo aver letto il suo bell’articolo riguardante la storia del pomodoro mi è venuta la voglia di bagnare nell’acqua un cosiddetto “mascuotto” e condirlo con olio d’oliva, sale , qualche foglia di fresco basilico e fettine di pomodori semi mature, il tutto arricchito con l’dore d’aglio e peperoncini piccanti, e per completare, un bel bicchiere di vino rosso paesano. Grazie a lei per il meraviglioso articolo, ho cenato con gusto come se fossi stato ospite della regina Margherita che tanto gli piacque la pizza col pomodoro.
    Vorrei , però, aggiungere che negli Stati Uniti d’america mangiano con gusto i pomodori freschi come si mangia qualsiasi frutto. Ancor’oggi , dopo quasi cinquant’anni che ho lasciato gli States ho ancora l’abitudine di gustare qualche pomodoro appena colto dalla pianta e mangiarlo con gusto, così come la natura l’ha creato.
    Oggi , però , il mondo intero importa e si nutre in buona parte dei nostri pomodori freschi o trasformati in salse, che noi esportiamo in lattine di cinque chilogrammi che vengono adoperati nei ristoranti, in prevalenza di origine nostrana.
    Grazie ancora dottoressa Giovanna e, mentre resto speranzoso di leggere ancora tanti Suoi bellissimi articoli, La saluto cordialmente.

  3. Che bella notizia, signor Varriale, sapere di averLa invogliata a gustare una “panzanella”! Devo solo aggiungere che non l’avevo mai mangiata anche con il pepeoncino piccante. Quanto a Lei, caro Joseph, è stato un vero piacere ritrovarla. Mi auguro che i miei articoli proposti su temi “leggeri”, possano essere un qualche ausilio ai lettori per contrastare ( e non di certo spingerli a sottrarsi o disconoscere) i tempi che, in vari campi problematici e faticosi, attualmente ci opprimono.

  4. Si Dottoressa Giovanna (e spero che vada bene con lei il dottoressa, l’altra Giovanna si schermisce)i temi leggeri aiutano a tirare avanti basta che non siano frivoli. Mi piacciono i suoi scritti garbati.

  5. Gentile Signora Giovanna, chissà perché hanno censurato la “mia” ricetta: pane da bruschetta sul grill, bello dorato, strofinato d’aglio, pomi d’oro a pezzettini, olio extravergine e peperoncino fresco ad libitum. Se vogliamo essere peccaminosi, scaglie di olive di Gaeta. Il dubbio m’assale sul tocco finale… basilico oppure origano? Perché i due aromi sono incompatibili?
    Una riflessione: ci si sfama senza che nessun povero animale venga sacrificato dopo una vita di maltrattamenti umani.
    Con stima la saluto,
    Joseph

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