Leghita, la scopa delle illusioni

Maddalena Robustelli 

 

Non c’entra per niente la primavera e quella voglia di pulizia, che si avverte nell’aria  ogniqualvolta arrivi tale stagione, con la ferma determinazione dei dirigenti della Lega Nord di avviare una poderosa attività di pulitura all’interno del loro partito. Tanto più che le intemperie atmosferiche di quest’ultimo periodo dell’anno dovrebbero indurre a rimandare ogni operazione tesa a togliere lo sporco accumulatosi durante l’inverno. Un motivo più che serio c’è, se nell’ultimo raduno leghista ai  militanti sono state fornite delle scope con l’effige del sole del nord:alla sporcizia dei mesi freddi si è aggiunto un altro tipo, di sudiciume, ovvero gli scandali a iosa che ogni giorno vedono protagonista il partito di Bossi. Soldi del finanziamento pubblico spesi in oro, diamanti, case, investimenti in varie parti del globo terrestre (finanche in Tanzania), ma anche elargiti a suo figlio Renzo per lo shopping quotidiano. Supposte mazzette, su cui stanno indagando gli inquirenti, prese da vari rappresentanti istituzionali del partito. Contatti con la malavita organizzata del meridione per affari poco chiari, comprovati dall’acquisto di schede telefoniche intestate ad extracomunitari. Gestione familistica della Lega con conseguente suo calo di credibilità da parte degli iscritti e dei militanti. In un clima così surriscaldato dalle polemiche nate all’insorgere dei primi scandali ed in occasione della Giornata dell’orgoglio leghista tenutasi lo scorso 10 aprile, a Maroni si illumina il cervello a tal punto che la sua idea rischiara di luce diffusa l’intera platea riunitasi a Bergamo. Costretto a stringere un patto con Bossi, ammalato, stanco e piangente, ma ancora tanto amato dal c.d. zoccolo duro leghista, l’ex ministro non trova  niente altro di meglio che imbracciare una scopa con impressovi il simbolo del partito ed iniziare a ramazzare. E’ più che convinto che quel gesto simboleggi nell’immaginario collettivo lo spirito pulito di chi è idealmente vicino alla Lega, anche se molto distante da suo gruppo dirigente ritenuto troppo invischiato nel malaffare. Avviata così “la pulizia” e gettata conseguentemente nel secchio “la sozzura raccolta”, si costringono alle dimissioni il tesoriere Belsito, la vicepresidente del Senato Mauro, l’assessore regionale lombardo Rizzi e via via tutti quelli in sospetto di corruttela. Si salva, guarda un po’, Bossi junior con l’escamotage di fargli rassegnare le dimissione dalla carica di consigliere regionale, anche se il motivo di tale strategia è più che chiaro: non si può rompere di netto con il padre, leader indiscusso della Lega Nord. Succede, però, che, a forza di togliere alla meno peggio il sudiciume, ci si imbatte anche in qualcosa di poco comprensibile, ossia il dossier contro Maroni di cui si parla insistentemente in questi ultimi giorni, pur in presenza di una velata smentita da parte degli inquirenti. Parrebbe che l’ex tesoriere Belsito, all’apice del suo potere, abbia commissionato varie indagini non solo sull’ ex ministro, ma anche sui deputati a lui fedeli (Pini, Fava e Romei), al fine di venire a scoprire “lati oscuri” della loro vita privata e conseguentemente ricattarli. Sussistono, difatti, tracce di pagamenti a società d’investigazione e tale circostanza ha indotto Maroni ad affermare testualmente: “una volta accertati i colpevoli, dovranno essere cacciati, altrimenti me ne andrò io”.Ma, davvero, un esponente così importante della Lega  ha creduto che bastasse imbracciare una scopa e far finta di pulire un palcoscenico cosparso della polvere onesta dei suoi teatranti per far sì che la nera lordura del malaffare, così pesantemente posatasi sugli indagati, non scendesse ancor più greve sulle spalle degli inconsapevoli militanti del partito? Potremmo chiamare Leghita la scopa con cui il triunviro Maroni ha gioiosamente iniziato le operazioni di pulizia, ma sarebbe opportuno che ad essa non si associno capacità miracolose o “magiche”, visto l’attitudine all’uso di tale termine da parte dei dirigenti leghisti. Anzi più si userà Leghita, più il popolo leghista si accorgerà che niente riuscirà ad infondergli l’illusione che tutto ritornerà come prima. In questo particolare momento operazioni di facciata o, peggio ancora rituali di comodo, non servono e pare che ciò non sia chiaro né a Bossi né a Maroni, con l’aggravante per quest’ultimo di aver risvegliato un po’ troppo bruscamente i suoi “barbari sognati” e averli fatti avanzare indifesi nella lotta interna contro gli aderenti al “cerchio magico” bossiano. Basterebbe ad ognuno di questi gruppi, con correlate sottosezioni, aprire gli occhi, rompere il recinto che li isola dalla realtà e lavorare ad una rappresentazione reale degli ideali, dei bisogni e delle speranze di chi è anche un semplice simpatizzante della Lega Nord. Altrimenti qualsiasi scopa non servirà a null’altro che a propagandare ciò che nella realtà non si è capaci di svolgere. Neppure quella con l’effige del partito, perché i simboli da soli non bastano a  far togliere meglio “lo sporco”, se non sono accompagnati da un sincero, sentito e comune impegno alla pulizia, o, fuor di metafora, al rinnovamento.