Ogni cosa a suo tempo…e alla sua età

                             Antonio Pirpan

Nella ricorrenza del sessantesimo compleanno di un mio caro amico, ho pensato di fargli cosa gradita inviandogli un cartoncino di auguri, complimentandomi della sua “eterna” giovinezza.  Incontrandolo qualche giorno dopo, con aria imbronciata, mi ha detto: “Non sei stato spiritoso”. Sorpreso, gli ho ricordato che l’anno scorso gli avevo scritto la stessa frase, e lui ha risposto: “Sì, ma l’anno scorso avevo cinquantanove anni”. Dove ho sbagliato? Esiste un’età minima nella quale uno spiritoso biglietto di auguri cessa di essere spiritoso? Come è noto, le leggi hanno stabilito l’età in cui ci si può sposare, guidare l’auto o il motorino, bere alcoolici, fare il servizio di leva. Ci sono, però, troppe persone che non sanno con certezza la giusta età per dire o fare determinate cose, per cui sarebbe opportuno stabilire età minime e massime sui comportamenti da seguire nella vita di tutti i giorni. Debbo preoccuparmi di essere avanti negli anni per fare quello che desidero fare? Credo di no, visto che la natura ha un buon servizio informazioni a questo proposito. C’è un’età minima nella quale si può rifiutare un invito a cena dicendo “Non ho voglia di venire”, col rischio di essere giudicato male? Credo che la risposta accettabile sia settant’anni, pur ritenendo che sia legale rifiutarsi anche a cinquantacinque anni. Tempo fa, una signora mi ha chiesto a che età si può mandare al diavolo il capufficio. Dopo aver riflettuto un po’, ho azzardato una risposta: “A sessantacinque anni per gli uomini e a sessanta per le donne, salvo proroghe governative”. Mi ha ringraziato con una risata. In una discussione piuttosto animata, ci si chiedeva se è possibile stabilire l’età in cui nasce l’amore. Qualcuno ricordò la Gigliola nazionale che, a quattordici anni, “cinguettava” di non avere l’età per amare. Come si fa a dirlo: conosco storie anche recenti di ragazzine dodicenni che, per amore, scappano da casa. C’è un’età per gli uomini in cui piacciono di più alle donne? La risposta dovrebbe variare a seconda dei punti di vista; io dico “venti anni fa”. Quanti anni bisogna avere per lamentarsi dei giovani di oggi? Ai tempi miei, non si potava farlo finchè non si erano passati i trent’anni. Oggi incontro ragazzi diciassettenni che si domandano quando i giovani di diciotto anni cominciano a mettere un po’ di giudizio. A quarantasette anni si è certi di non sbagliare mettendosi a sedere durante un cocktail, mentre tutti gli altri stanno in piedi e si lamentano che gli fanno male le gambe e che hanno dolori alla schiena? Dico quarantasette perché è stato a quella età che mi sono seduto per la prima volta, in occasione di un buffet al Castello Arechi di Salerno, e ho scoperto che potevo farlo impunemente. Vedo in giro molta confusione in materia, e mancanza di regole in tante questioni di importanza vitale, e questo avviene in una società che ha passato da tempo l’età minima.