Fisciano: falsi e contraffazioni all’Università

Anna Maria Noia

Nel numero 18 del tre maggio 2009 di Famiglia Cristiana è apparso, a firma di Giovanni Nicois, un interessante quanto utile e discorsivo, ben congegnato articolo sulla questione del “falso”, sulle cosiddette “bufale” (“Bufale d’autore” è infatti il titolo del “pezzo”…), sulle contraffazioni più o meno furbe (o ingenue) e tutto in correlazione con il Museo del Falso, ospitato niente di meno che proprio nei locali dell’Ateneo di Fisciano – Università di Salerno. L’articolo ci ha colpiti per la sua fattispecie. Il Museo del Falso è una realtà – dapprima allocata al centro di Salerno – esistente da tempo e intersecata con la attiva interazione da parte dell’Università di Salerno, sita presso il campus di Fisciano. Grazie alla volontà e all’impegno dell’ideatore di tale mostra permanente, il Museo appunto, cioè Salvatore Casillo, docente di Sociologia Industriale a Fisciano, ora tutti possono relazionarsi a degli studi particolari, speciali, riguardanti i “nostri” costumi, gli usi odierni laddove esiste la voglia di “griffe”, di firme modaiole e/o da parte di “vu’ cumprà” (con tale parola non intendiamo offendere gli immigrati africani o rumeni o rom o ucraini…) che espongono (a volte) sulle loro coloratissime bancarelle prodotti migliori rispetto ai “grandi” (cosiddetti) e costosissimi articoli di marca, a cui nell’era del superconsumismo e nonostante la “crisi” imperante (ma quale? Solo per i meno abbienti – come sempre) non sappiamo né vogliamo rinunciare.Di tali studi si occupa precipuamente proprio il Museo del Falso, struttura che tra breve verrà ospitata in una villa vanvitelliana sita nel comune di Castel S. Giorgio, a due passi dall’Università di  Fisciano dove sorge attualmente.L’articolo di Nicois fa il punto su venti anni di “lavoro”, di “collezione” da parte di Casillo (e dei suoi collaboratori) che hanno alla fine “censito” ben tremila oggetti falsi, contraffatti e /o palesemente inventati di sana pianta. Riportiamo qui di seguito parti dell’intervista rilasciata al cronista da parte dell’attivo e scaltro professore Casillo, nell’esplicare ciò che è risultata essere la “passione” di una vita: sgamare la merce che noi pretendiamo di marca, senza pensare che vi sia sfruttamento, come ad esempio accade per quanto riguarda la Nike, famosa casa produttrice di scarpe firmate che – sono notizie di attualità e riportate da molti quotidiani, dunque non le abbiamo inventate – “costringe” (almeno a quanto detto, a quanto riportato) a lavorare addirittura i bambini: in tv si parla sempre di più dello sfruttamento di minori, ma a tutt’oggi essi minori non vengono ancora sufficientemente ed adeguatamente protetti e tutelati anche perché obbligati a lavorare per smerciare anche articoli contraffatti: li vediamo infatti con gli adulti lungo le nostre spiagge con cd pirati masterizzati (c’è anche la canzone tormentone dell’estate…), con vestiti da cinque euro e l’elenco potrebbe continuare.“Abbiamo iniziato le nostre indagini sul falso nel 1988 – espone Casillo durante l’intervista – ed a partire dal 1990 abbiamo realizzato analisi su determinate tipologie di falsificazione, presentandone i risultati al pubblico, contestualmente all’inaugurazione di una mostra del materiale repertato.” Alla domanda: “Come ha fatto a reperire così tanti oggetti?”, il direttore dell’originale, particolare Museo del Falso ha risposto in questo modo: “Essenzialmente attraverso tre canali. Innanzitutto andando in giro per mercati di nostra iniziativa o su segnalazione di altri; poi grazie a Guardia di Finanza e ai Carabinieri; poi ancora abbiamo un accordo con i carabinieri per la tutela del patrimonio culturale: loro ci incaricano di custodire i falsi sequestrati e il magistrato dopo la conclusione del processo ci consegna per motivi di studio quel prodotto che altrimenti andrebbe distrutto. Il terzo canale è rappresentato da una rete di investigatori privati coi quali ci sono rapporti informali ormai da lunga data. Quando loro lavorando per le varie aziende si imbattono in un falso, lo recuperano e lo danno a noi.”Un’altra domanda, sempre rivoltagli da parte del giornalista di Famiglia Cristiana è stata: “Come è cambiata l’attività di contraffazione in questi anni?”, la risposta di Salvatore Casillo è stata la seguente: “Una volta i nemici giurati delle imprese erano i vu’ cumprà, che vendevano pelletteria e abbigliamento, mentre a partire dall’inizio di questo decennio sono apparsi oggetti contraffatti che in precedenza non venivano immessi sul mercato. Si tratta di prodotti che richiedono una tecnologia e un’organizzazione che non è propria dell’artigiano, ma di vere e proprie aziende. Per fare le pile Duracell, i rasoi Gillette, le cuffiette della Apple ci vuole una struttura che non può essere montata e smontata all’arrivo della polizia ma una struttura stabile e organizzata. Ebbene, queste aziende si trovano essenzialmente nei Paesi asiatici e in particolare in Cina, Vietnam, Taiwan.”“Quindi Napoli non è più la capitale del falso?” . ha chiesto Nicois. La risposta del docente: “Io sostengo che Napoli ha sempre avuto un primato fasullo; in Italia il falso si è sempre fatto dappertutto, prima dell’ondata di falsi importati. […].”Secondo il professore: “Napoli [però] conserva quel tocco di ironia che ci ha indotti a classificare alcuni come “falsari ironici”. Un esempio su tutti: dei giochi falsi per la play station sui quali c’è scritto: “Ci scusiamo con la Sony, ma siamo disoccupati.”Alla fine della “chiacchierata” con Casillo, egli ha ricordato all’estensore dell’articolo apparso sulla rivista cattolica che come studioso del Falso ha anche scritto un libro (con il professore Salvatore Sica e un altro “esperto” di cui non ricordiamo il nome) proprio sui falsi nella comunicazione e quindi nell’ambito giornalistico, dove si parla di “bufale”, “fattoidi”, “serpenti di mare” ad indicare le notizie palesemente o meno falsificate.