Chi ha paura del Dottor House?

 Giovanna Rezzoagli

Nello sperduto paesino in cui sono nata, in un dialetto composto da piacentino francese e genovese, più volte ho ascoltato dagli anziani il proverbio “a pensàa mà se fa pecau, ma tantu mà u nu se fàa” che, tradotto in italiano, suona più o meno così: “A pensare male si fa peccato, ma raramente si sbaglia.” Probabilmente anche a Salerno vi saranno citazioni analoghe. Per puro caso oggi scopro che questa sera su canale cinque prende il via la quinta serie del telefilm “Doctor House”. Ora, ciascuno di noi ha le proprie debolezze, una delle mie è osservare il metodo diagnostico differenziale dello scorbutico (apparentemente) dottore, approfittando dell’occasione per ridurre la pila di panni da stirare. Domenica scorsa scopro con un certo disappunto che “House” non verrà trasmesso, sostituito dal film “Titanic”. Sarà che proprio le romanticherie non posseggono attrattiva sulla mia difficile psiche, ma il ferro da stiro è rimasto nell’armadio a tutto vantaggio di un libro. Pur non seguendo molto la ribalta politica, se non per osservare criticamente il lavoro dei consulenti d’immagine che operano dietro “X” o “Y”, impossibile non essere informati sulla messa in onda dell’ennesima puntata dell’ennesimo programma accalappia boccaloni. Siccome credo che il privato sia sacrosanto per tutti, trovo di pessimo gusto entrare nel vissuto personale di chiunque, anche quando questo chiunque si esprime in modo un poco troppo giudicante. Anche questa volta non avrei minimamente posto attenzione al palinsesto televisivo se non avessi appunto notato la messa in onda di “House”. Caso, fatalità o , a pensar male, abile manipolazione nemmeno tanto velata, chi ci guadagnerà sicuramente nel cambio di programmazione sarà il guardaroba dei miei cari, stasera rifornito di abiti stirati. Guardando il barbuto Laurie, cedendo ad una piccola debolezza, sorridendo intimamente nel pensare a chi stasera guarderà e giudicherà e scaglierà le varie pietre, stasera cercherò di apprezzare il cinico e tanto umano Gregory House, confidando di avere indulgenza della mia curiosità “clinica”.