Memoli: il giallo del sequestro


Aldo Bianchini
La notizia, terribile, fece il giro di tutte le redazioni locali e nazionali in pochi minuti. Era il 12 luglio del 2007 e dalle ore 11 di quella mattina scompaiono nel nulla Vincenza Memoli nata Basso (ultrasettantacinquenne)  e William Jeet Singh detto Sonu, un lavorante indiano di casa Memoli. La cronaca di quella giornata e dei giorni successivi è un’autentica sequenza di dolore per i familiari e di macroscopici errori degli investigatori. Il giovedì mattina (12 luglio) Salvatore Memoli (figlio di Enza, presidente di Salerno Solidale e neo consigliere provinciale) intorno alle ore 9.30 telefona alla mamma dalla Tunisia e nulla, proprio nulla, lascia trasparire la benchè minima preoccupazione; “Non sono mai stata così bene…” è la risposta. Alle 10.30 Enza chiama addirittura la sorella e le dice: “Vieni da me che facciamo il pane…”; alle ore 11.00 prepara il pranzo che resterà per sempre nel forno: pollo e gateau di patate. Nel pomeriggio viene diramato l’allarme e le ricerche serie partono alle prime luci del mattino di venerdì 13 luglio 2007 e viene setacciata, innanzitutto, la zona di Cappelle. Alle 12.00 la prima testimonianza racconta di un’auto nera che circolava nei giorni precedenti, sono alcuni muratori a parlare ma l’ipotesi cade presto nel nulla in quanto viene rintracciata l’auto che non ha alcun rapporto con la scomparsa dei due. Alle 20.00 di quel venerdì Salvatore Memoli ritorna dalla Tunisia e le indagini subiscono subito un forte impulso anche durante le ore notturne. Lunedì 16 luglio c’è un vertice investigativo in Procura tra il procuratore capo Luigi Apicella, i due sostituti Chiara Minerva e Maria Carmela Polito e il capo della squadra mobile Carmine Soriente: dei due nessuna traccia. Salvatore Memoli si affida allora a due sacerdoti: don Franco Fedullo e don Ciro Torre. Il 24 luglio il giallo sembra avviarsi a soluzione: due indiani si recano in una farmacia di Licinella per acquistare il Cotaren, il farmaco che utilizzava la signora Enza e una pomata per dentiera; falso allarme. La stessa sera veglia nella chiesa di Gesù Redentore con relativa fiaccolata.  Il 25 luglio il sindaco De Luca chiama il Viminale per sensibilizzare gli Organi competenti ad effettuare ricerche più coordinate. Il 26 luglio la Procura avanza l’ipotesi di “sequestro di persona a scopo estorsivo”, l’arcivescovo Pierro invita chi sa a parlare; nulla da fare, il giallo si infittisce sempre di più. Il 31 luglio le indagini imboccano la pista dei permessi di soggiorno e il 4 agosto Salvatore Memoli dichiara: “Li trovino vivi o non farò sconti a nessuno”. Il 10 agosto gli inquirenti vanno all’attacco della piana del Sele, centinaia di uomini delle forze dell’ordine ispezionano terreni, case, alvei fluviali; niente di niente. Il 16 agosto vengono arrestati due indiani (Kashmir Singh e Gurmej Singh) per favoreggiamento ma il tutto si rivela presto una grossa bufala. Passa un anno e il 12 luglio 2008 Salvatore Memoli dichiara: “Un medium conosce la verità su mia madre e Sonu; mia madre è ancora viva, lo sento. Per quale motivo avrebbero dovuto farle del male ?”. Mano a mano che passa il tempo la tragica vicenda assume i contorni di una telenovela infinita, le notizie si accavallano, le indagini si aprono a molte smagliature fino al 5 luglio 2009 quando dalle colonne del “Corriere del Mezzogiorno” Memoli ritorna ad accusare gli investigatori di inefficienza e i politici di disinteresse e indifferenza; rimpiange l’andata via del colonnello dei carabinieri Cannone che forse era sulla pista giusta e dichiara senza mezzi termini: “Non c’è dubbio che qualcosa sotto c’è ma non è niente di quello che si vuole immaginare. Sgombriamo il campo dagli equivoci, qui non c’è nessun fatto privato che mi riguarda. E poi quando hanno portato via mia madre l’hanno vista salire in auto serenamente”. Si appresta a dare alle stampe il suo ultimo libro dal titolo “La gomorra salernitana: prima di tutto la verità” e al giornalista che gli chiede dov’è la gomorra salernitana senza indugi afferma: “Nella Piana del Sele, a Paestum dove nelle aziende bufaline lavorano in stato di clandestinità migliaia di indiani. E’ un mondo sommerso, pericolosissimo  che io ho studiato, fatto di terreni incolti e di credito agrario, verso il quale nessuno fa niente. Pensi che mentre io piangevo qualche indefinibile assessore provinciale promuoveva la festa della mozzarella di bufala, dimenticando che la mozzarella si produce grazie al lavoro dei clandestini”. Accuse devastanti con precise imputazioni anche personali a carico di un ben identificabile ex assessore provinciale; ma a rizelarsi, invece, è Pasquale Marino, indefettibile sindaco di Capaccio, che ha minacciato querela contro Memoli. Fatto veramente assurdo in una immensa tragedia. Sono passati due anni da quel maledetto giorno e di Enza e Sonu nemmeno l’ombra. “Solo l’arcivescovo Pierro -dice Salvatore- mi è stato vicino nel dolore. Io aspetto e seguo frà Modestino che è convinto che sia viva e in stato confusionale”.