Scuola: fallite le tre “I” è l’ora del dialetto
La Lega Nord proporrà l’insegnamento obbligatorio del dialetto “Perché la difesa della nostra storia e della nostra cultura passa anche da qui. Pensiamo ad una scuola che prepari i giovani ad affrontare il mondo del lavoro ma che li renda fieri e orgogliosi delle proprie radici”.C’è un papocchio di concetti mescolati e di fini pretestuosi che cercheremo di analizzare uno per uno. Innanzi tutto le famose tre “I” della Moratti (buone o cattive che fossero) vanno nel cestino? Certo, tra una discreta conoscenza dell’Inglese e quella del Dialetto, lascio a ognuno le sue considerazioni. C’è poi il fattore “obbligo” che fa alzare lo scudo della ragione. Perché un “obbligo” quando chi è “padano” il dialetto già lo conosce e se non lo conosce è forse più Europeo del Senatore Federico Bricolo? Il che, non è negativo. Viceversa perché Afeltra o Esposito che vivono (magari loro malgrado) nella felice Padania, dovrebbero essere obbligati alla “u” lombarda? Forse non sarebbe meglio una seconda lingua comunitaria dove la “u” lombarda funziona egualmente bene? Oppure ho frainteso la proposta del Senatore?Che relazione intercorra tra pensare “a una scuola che prepari i giovani ad affrontare il mondo del lavoro” e il dialetto che “li renda orgogliosi delle proprie radici” è un mistero tutto padano.Va tanto di moda questa “scuola che prepari i giovani ad affrontare il mondo del lavoro” ma forse la scuola ha, per sua natura, una funzione diversa, Se poi c’è un forte riferimento alle scuole con finalità professionali (ad esempio gli I.T.I.S.) purtroppo è da metà degli anni 70 che nessun perito (l’ingegnere a basso costo di una volta) è stato più assunto e anche qualche giovane Ingegnere fatica oggi a trovare lavoro. O forse il Senatore pensa ad una Scuola il cui Dirigente e il Collegio Docenti siano nominati dalla Confindustria con l’avallo formale di Viale Trastevere?Le radici cui pensa il Senatore sono evidentemente Padane e questo mi sembra un po’ urtare con quella appartenenza ad una Comunità Europea che già ha superato faticosamente quella dicotomia tra nord e sud (colpa di Garibaldi?) che nella Lombardia rurale degli anni ‘50 arrivava a fenomeni di vero e proprio razzismo (il “terùn” o il “maruchìn” erano solo complimenti seguiti sistematicamente da legnate cui doveva sottrarmi mio padre, quando capitava …). Le assicuro, caro Senatore, che, a quattro anni, il “lombardo della bassa bresciana” lo imparai d’incanto in meno di 15 giorni (per motivi di sopravvivenza?) senza che il mio maestro (Molisano) me lo insegnasse come materia curricolare e nessuno mi avrebbe confuso con un “terùn” se non fosse stato per i miei tratti somatici e dal sole preso d’estate in Sicilia, dove, almeno per due mesi, ero sottratto agli obblighi di essere lombardo. Grazie, Senatore, se vorrà contribuire viceversa ad una Scuola più seria, perché “seria” non lo è neppure nella felice Padania, se le premesse sono quelle che lei lascia intendere.