Contrapposizione non è Opposizione

Michele Ingenito

E’ l’errore persistente del PD e, in particolare, del suo segretario nazionale Dario Franceschini. Il quale non perde occasione per recitare il ruolo del bastian contrario. Qualunque cosa il governo faccia. Non realizzando che questa sua strategia del no per principio rilancia sempre di più in alto la stella di per sé ascendente di tal Silvio Berlusconi. E, quindi, del suo staff, degli uomini giusti al posto giusto che, in un paese serio, è – di solito – il segreto di Pulcinella. Prendiamo il caso Bertolaso. Non lo conosciamo, né sappiamo da dove provenga e cosa abbia fatto nella vita per conquistarsi la fiducia illimitata di governi di centro sinistra e di centro destra. Di personale, sappiamo solo che il padre, generale pilota, ha continuato ad istruire i più giovani amanti del volo fino ad età veneranda. Con la reputazione di essere il migliore tra gli istruttori nonostante fosse molto, ma molto avanti negli anni. Da un padre abituato a navigare tra le nuvole, ma con le idee limpide, deve essere nato un figlio che, a quanto pare, ne ha ricalcato bene le orme quanto a chiarezza di idee e a determinazione nei fatti. Non a caso il presidente del consiglio gli ha conferito carta bianca nella delicatissima questione della ricostruzione in Abruzzo. Con l’impegno, ufficialmente annunciato dal Sottosegretario alla Protezione Civile che, per l’inverno prossimo, gli abruzzesi colpiti dal terribile sisma entreranno in una casa. Via, quindi, il rischio di tende ed alloggi di fortuna. Ma Franceschini cosa fa, di rimando? Contesta, critica, ‘impone’ soluzioni – cioè le stesse di cui si è appena fatto ufficialmente carico il governo. Senza neppure attendere gli eventuali errori di chi comanda, sentenziando con quei toni taglienti che francamente irritano fallimenti di là da venire. Detto in breve, la macchina della ricostruzione non è (ancora) partita e per Franceschini è già andata a sbattere contro il muro. Con quale risultato di immagine? Disastroso e in fastidito per gli italiani sempre più critici e numerosi nei confronti di chi tanto blatera ma che, avendo retto le redini del governo fino al recente passato, ha fatto di tutto per fallire negli obiettivi tanto magnificamente annunciati. Il che è ancora più grave per un paese che, nonostante tutto, ha bisogno di sinistra; di una fede e di un’idea che li riavvicinino alla speranza di una visione molto più solidale e umana della società. Di un paese che, invece, proprio da quell’idea e da quella visione – così come interpretate e propagandate dai teorici compagni del PCI che fu e dalle tante altre stelle solitarie che gli roteavano intorno – è stato tradito a favore della ristretta èlite sociale e classista, snob e velleitaria, colta e distaccata che, come i nababbi,  vive ora  rifugiata nel suo benessere a cui non sa rinunciare, per una condizione economica che poco o nulla ha da invidiare persino a gente come il Cavaliere. Il quale, per quanto irriso e beffeggiato dai pifferai del grande clan mediatico del sistema, utilitaristi consapevolmente ‘venduti’ all’industria della pubblicità da cui traggono linfa e vitalità, ‘tira’ terribilmente tra i propri fans via via più numerosi, per quella maniera tutta sua di andare dritto lungo la strada del concreto, snobbando forme e finzioni, riuscendo a rimanere comunque se stesso, sempre, azzerando le polverine dell’invidia snobistica e laico-clericale di chi pensa sia e debba essere naturalmente conseguente al fatto di essere bello, ricco (e dongiovanni) a settanta anni e passa. La filosofia spicciola del popolo ha da tempo inglobato tutto ciò, accontendandosi della soluzione concreta dei problemi targati spazzatura, Alitalia, porte aperte ai fuorisciti del mondo, ricostruzione d’Abruzzo in itinere,  e così via. Se solo Franceschini e soci facessero per un attimo mente locale e, invece di contrapporsi polemicamente e con irritante sistematicità, lasciassero defluire il magma inarrestabile di un processo politico che ha tutto il diritto di fare (e di sbagliare), se solo evitassero di opporsi elevando stupide barricate a muro contro un mare forza dieci che li divora, se solo costruissero, invece, sì le barricate, ma non legate alla terra ferma, come a dire una opposizione fatta di dialogo serio e non strumentale, di critica costruttiva, di confronto di idee invece che di rabbiose polemiche ed irritanti dichiarazioni già note prima di essere rese tanto sono scontate, di contestazioni urlate tra le sabbie del deserto (gli italiani non ci sentono più da quelle orecchie sempre più indispettite), allora sì che la sinistra ed il suo centro potrebbero tornare a sperare. Perché un paese non può rinunciare ai valori di un’idea progressista che nasce da lontano. Da una storia di sacrifici e di sangue, da una costruzione del futuro – che è l’oggi – al quale i padri della costituzione e le generazioni intorno a loro hanno donato a piene mani. Senza nulla avere in cambio, se non la speranza di una nazione autenticamente solidale, socialmente più unita e più giusta nel benessere e nel progresso. Dove andare dunque? Non è difficile scoprirlo, onorevole Franceschini! La via maestra per un paese dalle mille contraddizioni e dalle tante civiltà come il nostro si snoda lungo i percorsi della unità delle idee e della identità degli obiettivi, della solidarietà e del sacrificio, della ripresa dal basso di un cammino che sia innnanzitutto aggregazione autentica e non strumentale. Contro i malesseri dell’età moderna, che sono la mala pianta per le nuove generazioni: la droga, il consumismo, la pubblicità, il successo per il successo. Fenomeni disgreganti che lacerano le speranze pulite dei giovani. Vittime primarie e indifese di un sistema elitario travestito da primo attore. Si porti allo scoperto questo progetto dilagante che investe – distruggendola – la società globale, si polverizzino i suoi obiettivi sul nascere, si contrasti con adeguati processi formativi lo strapotere del materialismo imperante del sistema-Occidente, si formino le nuove generazioni in nome dei principî storici che animarono a suo tempo le inevitabili (e benedette) lotte di classe. Senza violenze, però, senza ripuntare il cannone alla tempia del ‘nemico’. Ma solo dialogando, ricostruendo le coscienze, rivelando i segreti di una diversa strategia del potere. perché sia e diventi realmente la maniera nuova e autentica di fare società, di viverla e interpretarla in maniera equanime. Nella condivisione dei bisogni attraverso l’impegno comune, entrambi necessari, se non indispensabili, per poterli adeguatamente affrontare e risolvere. E’ la strada costellata di ostacoli che oggi pone la storia dinanzi al percorso in salita della sinistra. L’unico modo per riossigenare le arterie di un corpo dilaniato e ai limiti del collasso. Per un’agonia che ai più appare sempre più breve dietro un incubo elettorale targato GIUGNO 2009.