Cilento: Celso, Mulino già dei Pignatari a Fiume della Mortella

Ariberto Salati

L’opificio idraulico più diffuso nelle aree di montagna utilizzato fino alla sua dismissione avvenuta negli anni 50 del secolo scorso, è il mulino ad acqua ad alimentazione orizzontale. La ragione della sua decadenza deriva dalla nascita dei mulini elettrificati. Il mulino ad acqua è una invenzione antica, il suo impiego nel campo della macinazione è di origine medioevale, in quanto sostituisce i mulini a clessidra, romani. Si narra che, con la nascita dei mulini ad acqua,  le Naiadi ninfe delle acque dolci dei fiumi, sostituiscano la grande disponibilità di masse muscolari di donne e schiavi impiegati nell’arte molitoria ( Antiprato da Tessalonica, 1 sec. A.C.). I primi ad utilizzare  la nuova energia dell’acqua e quindi ad impiantare i mulini ad essa collegati furono gli ordini religiosi, i feudatari e  la classe dei mercanti. Le cronache medioevali sono ricche di vertenze atte a costringere le comunità ad abbandonare la molitura a mano, fatta con piccoli frantoi domestici e servirsi obbligatoriamente dei mulini delle classi privilegiate. Essi erano posti lungo i corsi d’acqua, i contadini per servirsene erano costretti, loro mal grado, a percorre strade disagiate a dorso d’asino a di mulo carichi di grano e di cereali. Quasi sempre erano costretti a sostare, malgrado il tempo, lunghe ore dinanzi al mulino per attendere il loro turno di macina e spesse volte capitava di trascorrere la notte all’aperto per attendere la consegna, da parte del mugnaio, della farina. Il mugnaio era colui che presiedeva alla molitura, regolava la quantità di grano da molire in funzione del carico d’acqua e regolava la pressione da dare alle mole o macine in modo da ottenere una giusta granulosità della farina. Tutto sommato, dal punto di vista strutturale, il mulino ad acqua a ruota orizzontale era una macchina semplice ed era considerato il capostipite delle installazioni idrauliche, da cui si sarebbero evoluti, fino a soppiantarlo, i mulini a ruota verticale. Esso era legato ai problemi del flusso delle acque che obbligatoriamente doveva essere diretto e regolare, convogliato in maniera tale da garantire il carico sufficiente per spingere la ruota e per dare durante la lavorazione una produzione costante. L’acqua captata attraverso un canale veniva convogliata e raccolta in una vasca (vedi il nostro), da questa si riversava in una torre (detta caccavo) da cui raggiungeva a pressione da una canaletta sulle pale della ruota orizzontale azionandola. La ruota orizzontale era costituita da un albero centrale (albero della ruota) nella cui parte inferiore erano incastrate a raggiera le pale di legno della ruota stessa, all’estremità inferiore del palo era incastrato un perno in ferro che appoggiava su un piano. La parte più alta dell’albero raggiungeva il locale superiore ove alloggiava l’apparato molitorio, costituito da due macine, quella soprana rotante, perché solidale all’albero, mentre l’altra era fissa (statore). Le macine erano di diametro variabile, da mt. 1,20 a 1,50 ed erano realizzate in pietra dura ed omogenea, perché durante la molitura non perdessero pulviscolo che si mischiasse con la farina. Erano opportunamente scalpellate con incavi disposti a spirale per favorire la fuoriuscita della farina, che veniva raccolta in una “cascia”. Nel nostro caso, ricordo che l’ultimo mugnaio-molitore fu Don Gaetano Pignatari che era anche proprietario del mulino di Celso. Sopra le macine, sorretta da una struttura di travicelli lignei, era collegata la tramoggia. Un contenitore in legno di forma tronco piramidale capovolto, che si riempiva con il materiale da macinare. All’apertura inferiore era incernierato un legno concavo a forma di coppo capovolto che, messo in vibrazione dal contatto con la macina ruotante tramite un legnetto chiamato batola, faceva cadere il frumento nell’occhio centrale della macina ruotante e poi veniva raccolto nella cascia.

Ubicazione e composizione dinamica del mulino idraulico di Celso Cilento

Il nostro mulino ad acqua , detto dei “Pignatari”, gli antichi proprietari, è posto nella vallata  racchiusa dal Ruchito e dalla collina della Serra di Celso Cilento, sulle sponde del torrente o Fiume della Mortella. Esso è facilmente raggiungibile percorrendo un tratto della strada a piedi o a cavallo denominata “Chiesanuova – Cellaro”    ove si innesta l’antica strada comunale  che da Celso va a Casalvelino e a Pioppi via Tangeta, infatti l’uso del mulino era consentito  anche agli abitanti dei Casali più o meno vicini. Per la complessità delle cause dinamiche che rendevano operativa la struttura del mulino stesso il fiume cade per un pendio maggiore  a causa di salti naturali del suo piano di scorrimento. Tuttavia, in inverno, in caso di piena, l’esiguo corso d’acqua diventa impetuoso, tale da trasportare a valle detriti e ogni manufatto murario non costruito per l’apposito fine di arginarne l’impeto e di frenarne la velocità senza produrre danni. Per questo motivo il mulino, nella sua posizione affiancata alla sponda del “Fiume”, è posto sotto una cascata, al termine di una pendenza, simile, se non maggiore, al letto del vallone stesso. L’alimentazione gli viene da un condotto idrico che capta le acque a circa70 metria monte che si riversano nella vasca di raccolta posta a valle al disopra della cascata. Da questa si diparte un condotto sempre in muratura che invia il flusso nella torre di colmo e infine al mulino. Il complesso degli elementi murari esistenti o ipotizzabili dalle loro rovine sono:

a)      Tracce di una briglia in muratura di pietra e calce che fungeva anche da ponticello, per consentire l’attraversamento del “Fiume” e per l’immissione nello stesso delle acque affluenti del torrente “Costanza” –  H mt. 1,50 ˜ – Largh. mt. 2,50 circa.

b)      La vasca di raccolta idrica di forma circolare, ancora in buone condizioni murarie.

Ha un diametro di mt. 8,00 circa ed una h. di mt. 2,00 circa; ( L’invaso è colmo per la metà di materiale arenario ed attualmente è adibito a orto).

c)      Un canale in muratura di pietre e calce, per il collegamento idrico della vasca alla torre di colmo, della lunghezza di mt. 40 circa – larg. Mt. 1,00 circa –prof. Mt. 1,20 circa.

La sezione idraulica dello stesso si riduce allo sbocco, nella torre di colmo, ad una sezione circolare di circa mt. 0,30 di diametro ricavata in un manufatto in pietra arenaria dallo spessore di cm, 10 .( Vedi foto)

d)      La torre di colmo idrico è in muratura di pietra calcare e malta, è posta sotto la cascata ed affiancata alla struttura del fabbricato del mulino. E’ di forma tronco conica, in buone condizioni di conservazione.

e)      Il fabbricato del mulino è posto sotto la cascata, affiancato alla sponda dex del torrente, è in muratura di pietre arenarie e  malta, costruito secondo le caratteristiche del mulino ad acqua, dotato di ruota orizzontale.

Con pianta rettangolare, tipico dei nostri fabbricati rurali, è dotato di un’ampia porta d’ingresso con arco di pietre di concio, fatto apposta per consentire l’ingresso e l’uscita dei prodotti ( grano duro e tenero, orzo, miglio, mais, ecc ). Attualmente il mulino è privo di tetto, crollato negli anni 50 del secolo scorso, sebbene la struttura muraria sia ancora solida. Un vano finestra è posizionato sull’arco dell’ingresso, un altro è ubicato  sul muro di dex dell’edificio. Sono visibili all’esterno resta di antiche mura. ( Il complesso murario è in discrete condizioni di conservazione, invaso da vegetazione spontanea. Da pulire).

f)       Il condotto di scarico dell’acqua propulsiva della ruota orizzontale  formato ad arco, ha una bocca d’entrata sulla parete nord all’uscita della torre e l’ altra di uscita dal mulino, sulla parete dex dell’edificio; ( non è accessibile a causa della fitta vegetazione e da detriti del tetto e altro materiale. Da ripulire );

g)      La tipologia architettonico-dinamica del mulino a ruota orizzontale è di origine arcaica, diffusa dall’epoca medioevale nelle zone a basso reddito agricolo. Furono in seguito sostituiti nelle zone più proficue dai mulini a ruota verticale.

Alla fine degli anni 50 del XX secolo le tecnologie industriali avanzate segnarono la fine assoluta dei mulini a ruota.

C’è da sperare che per lo sviluppo turistico- escursionistico del nostro comune si faccia in modo di non abbandonare l’idea di ripristinare gli antichi tratturi in modo da incrementare l’escursionismo campestre includendo queste attrattive in un circuito che potrebbe risultare di grande interesse storico-didattico e paesaggistico.