Il caso Celebgate: privacy, prudenza e questione morale

Amedeo Tesauro

Solo ora inizia a sgonfiarsi il clamore dietro la notizia clou del web d’inizio settembre. Tra il finire di agosto e l’inizio del mese sono comparsi sul web scatti privati di varie celebrità, foto piccanti e intime rubate dagli spazi iCloud degli interessati. Si tratta di un servizio offerto dall’azienda Apple che fornisce uno spazio web dove archiviare contenuti di ogni genere, uno spazio a cui accedere attraverso vari dispositivi semplicemente collegandosi al servizio. Tutto ok, se non fosse che gli account iCloud delle celebrità (le più note fra queste sono il premio Oscar Jennifer Lawrence, l’attrice Kirsten Dunst, la modella Kate Upton) sono stati hackerati e così le foto sono divenute di dominio pubblico. Vuoi per i nomi coinvolti, vuoi per il numero elevato di vittime, seppur stando a una lista pubblicata dagli hacker si tratterebbe solo della punta dell’iceberg, lo scandalo ha attirato l’attenzione pubblica suscitando dibattiti di vario genere. Sull’illegalità della manovra compiuta dagli hacker non vi è dubbio, né ve ne sono però sull’inadeguatezza del sistema di sicurezza di una delle maggiori corporation al mondo. Apple ha le sue colpe ed è dovuta correre ai ripari annunciando nuove misure di sicurezza e rassicurando gli utenti su quelle attuali se applicate alla giusta maniera, in definitiva proteggendo il proprio marchio da un brutto scandalo.  Bisogna dunque domandarsi se sia davvero possibile proteggere i dati in tutta sicurezza, se esista sul serio un modo per dirsi al sicuro da furti di dati e conseguenze spiacevoli. Una seconda riflessione invece è relativa alla percezione generale dello scandalo, diversissima rispetto ad altre tematiche connesse. Tutti si sono scandalizzati quando si è scoperto che l’agenzia di sicurezza americana spiava gli utenti, eppure il Celebgate non ha riscontrato allo stesso modo indignazione, anzi il traffico web delle foto incriminate dimostra la reazione compiaciuta della Rete di fronte alla possibilità di poter vedere le proprie celebrità preferite come mai era stato concesso. In un paradossale rovesciamento etico non pochi sul web hanno parlato di prezzo da pagare per essere famosi e milionari, come se tale condizione significasse necessariamente annullare il proprio spazio intimo. Ecco allora la questione vera e propria che emerge: ma non sarà anche colpa loro? Dare la colpa alle vittime è sempre scottante, rischia di creare paradossi spiacevoli. Del resto è come dire “se l’è cercata, guarda come era vestita”, si confondono le acque e si uniscono ragioni e torti. Tuttavia bisogna evitare il buonismo e sottolineare che c’è dell’ingenuità nell’affidarsi a certi sistemi tecnologici credendo che questi siano impenetrabili, semplicemente perché non lo sono. La risposta alla domanda principale, se sia possibile dirsi al sicuro, è quindi negativa. Del resto la dinamicità dell’informatica fa sì che si sviluppino nuovi sistemi di sicurezza, ma allo stesso tempo permette che nascano nuovi modi per aggirarli. Predicare la prudenza è banale, eppure nell’epoca in cui ogni cosa di te può divenire di pubblico dominio appare un consiglio di raro buon senso.