L’Italia del terzo millennio- i mali del Sud

Giuseppe Lembo

Al primo posto: la sofferenza antropica; seguono: malessere sociale; rassegnazione; familismo amorale; egoismi politici; incapacità diffusa di reagire; indifferenza istituzionale; debolezza culturale, comunicativa e nei processi educativi e formativi; assenza di idee; dipendenza dagli altri; mancanza di politiche serie per lo sviluppo; conflittualità permanente tra crescita e decrescita; spreco di risorse; bassa crescita con gap di reddito; mancanza di serie occasioni di sviluppo; limiti della classe dirigente locale; sprechi di risorse pubbliche e scarsa capacità di analisi sugli obiettivi raggiunti rapportati ai costi-benefici; cultura diffusa dell’emergenza; ruolo secondario del Sud in rapporto ai poteri forti (così l’asse Tremonti – Bossi, così ieri per l’asse Monti – Passera ed oggi Renzi – Padoan). Mercato del lavoro, liberalizzazioni montiane, promesse al vento renziane, per quale futuro italiano? L’amara realtà è che il Sud è sempre più tagliato fuori non solo dall’Europa, ma anche da quella parte d’Italia che conta è che la prima ed assoluta priorità dei governi italiani degli ultimi tempi. Ma a chi giova tutto questo? Un Sud depresso, così come è oggi, è una vera e propria palla al piede per il resto dell’Italia e dell’Europa; se non si sana il Sud, se non si supera il gap del Mezzogiorno d’Italia, non ci sarà, ma proprio non ci sarà, perché non ci potrà essere, crescita per quell’Italia a cui pensa il Primo Ministro Matteo Renzi e suoi associati di governo. Un’inversione di tendenza dei tecnocrati, deve saper significare, prima di tutto, un Progetto Sud, con finalità diffuse di riscatto e di sviluppo possibile, tale da essere capace di liberare la sua gente dagli stereotipi di sempre che sono quelli purtroppo imposti alla brava gente, da chi per lungo tempo ha sgovernato e svenduto il Meridione per propri fini personali e di parte, consolidando l’immagine diffusa del “non c’è niente da fare” e dei meridionali rassegnati, inevitabilmente e per sempre, vittime di poteri clientelari e di uno strapotere assunto a sistema, per cui ampiamente condiviso, fatto soprattutto di illegalità e di malavita. Tutto questo non giova al Sud; tutto questo non porta da nessuna parte, se non all’inevitabile fine di un Sud, vittima della sua diffusa sofferenza antropica, superata la quale, oltre la siepe non c’è il buio, come in tanti fanno credere, ma la buona luce; la luce illuminante con una grande possibile eredità di felicità e di benessere, patrimonio comune anche del Sud ricco com’è di natura, di paesaggio, di storia, di cultura e di testimonianze importanti di saperi che ne fanno una culla di grande civiltà per il mondo intero, di cui è in gran parte riconosciuto come patrimonio universale dell’umanità.