Il lato oscuro della realtà

Giovanna Rezzoagli

Viviamo immersi ciascuno nel nostro mondo, ciascuno nella nostra realtà. E tutte queste nostre realtà si intersecano di continuo, condizionandosi, intrecciandosi ed influenzandosi reciprocamente. Il punto è che tutto ciò si verifica quasi  sempre senza che la nostra attenzione si focalizzi su questa evidenza. Poi, all’improvviso, accade. Succede un qualche accadimento che colpisce la coscienza con l’effetto equivalente di uno schiaffo in pieno viso. Credo che capiti, prima o poi, a tutti noi. A me è successo l’ultima volta ieri sera. Come tutti i counselors iscritti alla Faip, anche la sottoscritta deve frequentare corsi di aggiornamento e di perfezionamento. Nel mio caso ho seguito un corso che si teneva in orari serali, presso la sede della scuola in cui mi sono diplomata, nel centro di una cittadina della riviera ligure, che non nomino unicamente per tutela delle persone in seguito citate, in tempi di ipocrita perbenismo. Ieri sera, per l’appunto, ultima lezione. Chiacchiere tra colleghi, scambi di esperienze, prima dei saluti di rito. Al momento di uscire, a mezzanotte in punto, la sorpresa, per me amarissima. Una mia collega si avvicina alla porta, che si apre verso l’esterno, nello spingerla urta “qualcosa” di morbido e voluminoso. La mia collega torna indietro e annuncia a noi ultimi rimasti che forse era opportuno uscire tutti insieme, perché il piccolo portico era stato trasformato in un dormitorio di fortuna da sei clochards. Usciamo tutti insieme, in silenzio, cercando di non urtare nessuno, di non disturbare. Sei persone avvolte in coperte di fortuna, con cartoni ad “ammorbidire” un materasso di cemento. Loro hanno ignorato noi, noi ci siamo allontanati veloci, non tanto per timore quanto, credo, per pudore. Nel mio caso arrivo alla mia auto, parcheggiata poco lontano, e di colpo ricordo di aver incrociato per un istante lo sguardo della persona più vicina alla porta, non so se fosse uomo o donna, non importa. Ricordo quello sguardo, vagamente l’odore acre di corpi non lavati, pungente persino nella fredda aria notturna. Ed ecco lo schiaffo, forte. Sotto quel piccolo portico, per tre anni ho aspettato i compagni di corso, ho aspettato con ansia gli esami, mi sono seduta a ripassare lezioni all’ultimo minuto, ho letto chissà quante volte i vari T.V.B. che i liceali si scrivono sul marciapiede (il corso di counseling si tiene nella sede di un liceo). Di giorno. Di notte, tutt’altra storia. Cosa avrà portato quelle sei persone a trascorrere la notte su di un marciapiede, chissà. Eppure quello sguardo, durato una frazione di secondo, si è conficcato come un pugnale nell’animo. Due mondi che si sfiorano, si incrociano e si separano. Due mondi, il mio di “studentessa” attempata mezzo addormentata che chiude una sera tornando a casa sua, il mondo della persona sdraiata per terra che non va da nessuna parte. Forse non ha un posto dove andare o forse è li per fuggire da un posto, forse non ha nessuno che l’aspetti o forse non aspetta più nessuno. Forse, a modo loro, quelle sei persone sono un gruppo, proprio come eravamo ieri sera io ed i miei colleghi. Siamo davvero diversi, al di la delle apparenze? Chi ha invaso il tempo dell’altro? Il giorno dei privilegiati o la notte dei rinnegati? No, non credo proprio. In quello sguardo c’era un mondo. Io vi ho visto un mondo. Lui o lei, chissà cosa avrà visto nel mio, di sguardo. L’istinto che tante volte viene soffocato dalla razionalità, mi suggerisce che forse non abbiamo visto cose poi tanto diverse l’uno negli occhi dell’altro. Certo, vite diverse, storie diverse, questa è la realtà. Ma il lato oscuro, se infine ve n’è uno, da quale parte si trova?