Caos Italia, bordello in basso loco, altro che manicomio!

Michele Ingenito

Bordello in basso loco. Così Dante e Leopardi avrebbero etichettato l’Italia (politica) di oggi. Altro che “Manicomio Italia!”, come intitolava ieri Il Giornale di Feltri.Nei manicomi albergano i matti. Poveri Cristi che hanno perduto il senno. Cosa di cui non hanno colpa e per la quale meritano comprensione e rispetto.I nostri politici, invece, matti non sono. Certo, il panorama generale di questi giorni induce gran parte della popolazione a non capirci più niente. Ed effettivamente c’è il rischio di diventare matti. Solo per coloro, però, che vorranno applicarsi a comprendere il gran casino creato da alcuni incompetenti o furbastri che, a furia di tirare la rete al minuto secondo, sono cascati nella loro stessa trappola. Costringendo il capo dei capi a ricorrere al potere dell’articolo quinto per la solita pezza a colori mirata al recupero del malfatto. Dentro di sé Berlusconi continua ad eruttare come l’Etna e il Vesuvio messi insieme. Incandescente come una lava che s’avventa nella discesa. Chissà quanti calci nel sedere vorrebbe dare a chi dei suoi gli ha combinato questo scherzetto. Che, tradotto in voti, significa calo di immagine e di credibilità. E, quindi, di preferenze. Da gran capo Silvio ha dovuto ingoiare il rospo, far finta di nulla, ostentare i muscoli di Braccio di Ferro e imporre la solita soluzione di forza. Tirando la giacca al Quirinale per un decreto salvavita, smentito pochi giorni dopo dal TAR del Lazio. Tribunale a sua volta “in attesa di giudizio” da parte di Corti di Appello e Corte Costituzionale vari. Un bailamme infinito cinto dalla corona linguistica esemplificativa di Vittorio Feltri: manicomio! Dall’altro lato i censori del centrosinistra hanno colto la palla al balzo, arroventando il clima di per sé esasperato e giocando al rialzo delle proprie quotazioni decisamente in calo negli ultimi anni. Per chi la pensa come loro, tutto ciò non costituisce un alibi né, tanto meno, una giustificazione. Anzi, sono proprio questi i momenti in cui riaffiorano alla mente ricordi vicini e lontani. Di un tempo in cui, pur essendo al potere, molto fecero (in chiacchiere) e niente (in fatti) per eliminare una volta per sempre il conflitto di interessi. Conflitto di interessi che, guarda un po’, investiva in prima persona il ‘nemico’ acerrimo di ieri e di oggi: Silvio Berlusconi. Sul piano più strettamente politico-istituzionale dice bene chi sostiene giuridicamente che, dopo il giudizio del TAR del Lazio, sarebbe opportuno rispettare quella sentenza. Poi si vedrà. Recuperare elettoralmente non sarebbe un dramma, dopo tutto. Lo pensa (e lo dice) perfino Maroni. Perché ciò darebbe il senso di un paese ancora libero in virtù delle leggi e non del prepotere di chi comanda. Al “nocchiere” Silvio, dunque, è sfuggito il timone. E non per colpa sua. Ecco perché la nave è finita “in gran tempesta” e questa “serva Italia, di dolore ostello” di oggi, serva di figli propri non tutti degni, non appare più “donna di province”, ma “bordello!”La pensava così il sommo poeta nel suo “purgatorio”; lo sosteneva secoli dopo un degno erede, il vate di Recanati, allorquando le sue parole ‘piansero’ sul perché della caduta di un’Italia in basso loco. Il rischio è proprio quello. Che alla fine si voti non per il nuovo, ma per il vecchio, non per convinzione ma per amicizia. E, perché no; per i soliti interessi di basso profilo personale e corporativo. Facciamo un esempio concreto sui rischi da sbandamenti improvvisi. La notizia ce l’ha confidata un autorevole neo esponente del pool di cervelli legati a De Mita. Chi avrebbe mai pensato che l’attuale rettore dell’università di Salerno Raimondo Pasquino sarebbe stato in prima fila a sbucciarsi le mani nell’ossequio al suo nuovo leader, il candidato PD Vincenzo De Luca? Tifare per De Luca non è un ‘reato’! E neppure una cattiva scelta. Per buona parte dei salernitani e forse dei campani. Ma, proprio lui, Pasquino, pupillo di un De Mita fino a pochi mesi fa!? Possibile che sia vera la notizia? Di un De Mita che lo aveva candidato addirittura alla poltronissima dell’uscente Bassolino per l’UDC? Lui, Pasquino, il figlio del pescatore che salta come i pesci sul nuovo carro; ‘tradendo’, così, il vecchio amico e sponsor politico fino a pochi mesi fa? Se vero, come voteranno ora gli aficionados di casa-Pasquino importati da casa-Nusco? Cioè, quei potenziali elettori di Pasquino targati UDC? Certo, Pasquino ha in mano un potere enorme. Quello che gli deriva dalla gestione ultradecennale dell’Università di Salerno. Tradotto in parole semplici, quel potere vuol dire di per sé voti potenziali a tutto spiano. Non a caso De Mita ha sempre fatto gli occhi dolci ai potenti di un campus da lui voluto e creato tra gli anni ’70-’80. L’università di Salerno rappresenta un serbatoio di voti impressionante. Specie tra le mani di chi adora il potere e del potere fare incetta. Chi nell’università di Salerno ha saputo tenere nel passato le mani in pasta, gestire elegantemente appalti, raccomandazioni, posti pubblici amministrativi e tecnici, cattedre di insegnamento e incarichi connessi (pensando un po’ anche a sé), fare gli auguri a dirigenti, funzionari e colleghi in occasione di onomastici e compleanni, donare a chi s’inchina e menare di nascosto chi tien dritto e duro, costui o costoro son quelli che sanno fare politica in un mezzogiorno eternamente legato al piacere. Un territorio che respira questa intransigente forma di bieca solidarietà finalizzata al ritorno del ‘piacere’ attraverso il voto contribuirà soltanto ad una crescita culturale, morale ed istituzionale e zero della società meridionale. Lo urliamo proprio in questo giorno di notifica di un pezzo di carta mortificante in sé, di origine provocatoria più che legittima, certamente contraddittorio se non diffamatorio, specchio di una burocrazia serva ed ignorante, che opta pericolosamente, molto pericolosamente, cavalcando con stupefacente sicurezza il paradosso dei due pesi e delle due misure. La forza (debole) del potere è tutta lì. Ostentarla per messaggi trasversali più che per le finalità apparentemente formali sottoscritte. Tornando a Pasquino, il suo è un esempio tipico di quel che può essere il disorientamento degli elettori; nella fattispecie di migliaia di elettori salernitani e campani. Pasquiniani in quanto demitiani? O pasquinani non demitiani e ora neo deluchiani? A chi saranno dirottati i voti infiniti, definiamoli generosamente di simpatia, accumulati da questo rettore nei potentissimi decenni di superpoltronissima benedetti dal leader UDC di Nusco? Non “manicomio”, quindi, ma caos in questa “serva Italia di dolore ostello”, bordello indifendibile per chi tra quella classe dirigente e politica o meno che sia ha fatto cadere “da tanta altezza in così basso loco” un grande paese, un popolo di per sé illustre e geniale, meritevole di diversa guida e di diverso destino. Alla fine, su tutto e su tutti, ci guadagnerà Di Pietro. Certamente più coerente dei suoi potenziali alleati del PD nell’opposizione assunta, per quanto rigida e non a tutti comprensibile essa possa apparire. In fondo in fondo, per quanto lo si possa criticare in virtù delle effusioni linguistiche non sempre ortodosse, agli italiani il “bastian contrario” per principio piace sempre. Ad una gran parte almeno. Se, poi, nel principio per il principio si individua anche sostanza, dando man forte ai poeti, sia pure a modo proprio, l’uomo del volgo, tornando a casa dal corso di alfabetizzazione serale, metterebbe certamente a frutto i successi del sapere, rinunciando al detto antico per quello più elegante e moderno: “Son cavoli amari!”