Salerno: Lectura Dantis Salernitana, appuntamento con Pasolini

MariaPia Vicinanza

Un altro appuntamento altamente culturale, voluto dalla Società Dante Alighieri, presieduta da Pina Basile, patrocinato dalla Provincia di Salerno, dall’Università degli Studi di Salerno e dal nostro quotidiano. Location, il Salone Bottiglieri della Provincia di Salerno, giovedì 5 marzo, alle ore 16,30 per la conferenza “Pasolini interprete di Dante”. In occasione dei quarant’anni dalla tragica morte del famoso regista realista, un momento di riflessione su una voce autorevole, che ha impresso una notevole svolta cinematografica nell’interpretazione del sommo vate. Dopo i saluti delle autorità, l’intervento della presidente Basile, che tiene a rimarcare il valore culturale di ogni iniziativa, tesa sempre a diffondere la cultura italiana in tutti i suoi aspetti, convinta che la poesia duetti con la musica. Poi la parola a Sebastiano Martelli, Direttore Dipartimento Studi Umanistici dell’Università di Salerno e ad Alberto Granese, ordinario dell’Ateneo fiscianese, che illustrerà la figura del regista. Il tutto coordinato dal direttore del nostro quotidiano Rita Occidente Lupo. La presenza all’evento consentirà a tutti gli studenti, associati alla Dante Alighieri, di fruire del credito formativo. “Siamo convinti che occorra tenere ben serrato il valore della nostra tradizione linguistico-letteraria- sostiene la Basile- e che pertanto vada riscoperta la nostra cultura, attraverso la rivisitazione di autori a volte in sordina o poco accentati. In tale ottica, il prossimo incontro, sempre al Salone Bottiglieri della Provincia, il 13 marzo, analogo orario, 16,30, per parlare della poesia “L’orizzonte in versi: Poesia a tutti, poesia per tutti!” “In occasione dei quarant’anni dalla tragica morte di Pier Paolo Pasolini- dichiara la Basile- e in concomitanza con il Settecentocinquantesimo anniversario della nascita di Dante, si rende indispensabile affrontare uno dei casi letterari più avvincenti: Pasolini interprete di Dante, proprio perché lo scrittore “corsaro” e “luterano” si avvicinò al Sommo Poeta in maniera assolutamente originale. Granese, oltre a prendere in cosiderazione i saggi pasoliniani, che, subendo l’ascendenza di Contini, Gramsci e Auerbach, affrontano lo studio esegetico ed euristico della Commedia, evidenziandone un «doppio registro» strutturale e poetico, si concentra prevalentemente sulla Divina Mimesis del poeta friulano. Pasolini agli attacchi polemici del Gruppo 63, che tendevano a isolarlo, rispose proprio con quest’opera, uscita nel 1975, pochi giorni dopo la sua morte: libro apparso postumo, ma che tale non è, perché Pasolini, ritenendolo finito, l’aveva consegnato all’editore prima di essere brutalmente assassinato. Nel testo di Pasolini, che evoca in chiave autobiografica i primi canti dell’Inferno dantesco, collocando il suo viaggio nella modernità consumistica del capitalismo avanzato, si fa riferimento alla morte dell’autore; un particolare, questo, che ha indotto la falsa convinzione che il poeta avrebbe previsto e addirittura messo in scena la sua tragica e improvvisa morte. In realtà, proprio perché la Divina Mimesis è composta di frammenti allo stato potenziale di abbozzo, scritti tra il 1963 e il 1965-67, non rifiniti, ma non incompiuti, Pasolini non aveva fatto altro che programmare l’opera come ‘work in progress’ e, quindi, in maniera tale che la morte dell’autore, non potendo prima o poi non avvenire, avesse all’interno del testo un ben preciso ruolo funzionale. Nel viaggio dentro la realtà (o irrealtà) antropologicamente omologata del conformismo piccolo-borghese, anche a Pasolini appaiono le tre fiere dantesche, ma sono essenzialmente proiezioni, epifanie del suo inconcio, originate dal timore di perdere la forza della sua poesia, con l’impeto della novità scandalosa e l’espressione frontale della verità: infatti, in queste bestie, soprattutto in quella allegorizzante la lussuria, si riconosce e si immedesima. Secondo Granese, la Divina Mimesis non si presenta, pertanto, come un rifacimento o una riscrittura, ma come un’opera originale, un’interpretazione non della ‘lettera’ del sublime testo poetico di riferimento, ma del suo messaggio profondo calato nella modernità; in tal senso, va considerata anche il vero testamento di Pasolini, perché, a differenza del romanzo Petrolio, realmente uscito postumo, è l’ultima scrittura, a cui l’autore ha personalmente dato il ‘si stampi’, imprimendovi, quindi, la sua volontà di aprirla alla fruizione del pubblico dei lettor”i.