Pubblicata da Milano Editore silloge “Quando finisce la luce” di Francesco Terrone

Quando finisce la luce di Francesco Terrone (per la collana Parallelismo delle Arti di Guido Miano Editore, Milano, 2019) raccoglie più di cinquanta poesie che ben rappresentano “la profondità del mare poetico” dell’autore, come scrive Nazario Pardini nella Prefazione all’opera. Un’opera che, come tutte in questa collana, alterna poesie a immagini: diciotto pregevoli esempi tra sculture (di Giovanni Conservo e Angelo Tenan), pitture (di Effimero Cassinadri, Stefano Donati, Jean Février, Lucia Malaguzzi, Henri Noverraz e Franco Ruggiero) e fotografie (di Michelangelo Miano).

Le poesie di Francesco Terrone si leggono in un baleno, perché sono scorrevolissime. Eppure ci offrono una miriade di sensazioni e ci invitano ad una meditata riflessione sulla vita. Vi troviamo una fusione di amore, speranza, disillusione, sconforto, malinconia, tristezza, contrasto tra sogno e realtà. Una vita, insomma. Tutto ciò traspare dai versi di Francesco Terrone con immagini rapide come i suoi versi: “L’amore è un angelo: / vola tra il sole e la terra, / mari e monti; / vola da un cuore all’altro / facendo impollinare d’amore / uomini e donne, / che governano con frustrazioni / i quattro angoli della terra / e dell’intero universo” (L’angelo dell’amore). Si respira la voglia d’una continua ricerca d’infinito: “Un vento silenzioso / apre le porte / di un mondo / senza emozioni. / Brillano nel cielo / le stelle, / come tocchi di campane si perpetuano / in un’atmosfera / priva di confini” (Senza confini). Una ricerca, lo si intuisce, della verità, che si intravvede già e non si raggiunge ancora, sempre in bilico tra Segni e sogni: “Taluni segni / sono come i sogni. / Ad occhi aperti / svaniscono nel nulla”.

È una vita che, pur tra le mille contraddizioni d’ogni vicenda umana, sa trarre dalla fede l’alimento che non la fa esaurire nel nulla. Eppure si affaccia un senso di difficoltà, di malessere per come va questo mondo in cui “Briciole di verità / rantolano nel buio / della mia solitudine. / …” (Note di stelle); una fatica di vivere che si rifugia in “un silenzio fatto / per pregare e ricordare / i momenti più belli / che hanno riempito / la corteccia nel vento / della nostra dura esistenza” (Malinconia). Una malinconia che finisce quasi nel pessimismo – per lo meno in quel tipo di ‘sano’ pessimismo del biblico Quoelet, che non annienta la fede ma la interroga e la sfida: come questi versi che chiudono la poesia non per nulla intitolata Vanità: “… / non voglio vedere il mondo / perché è posseduto da una male che ormai / non si nasconde più…”. Un coacervo di opposti sentimenti in cui anche l’amore, stella polare della vita, talvolta par diventare Stella cadente: “Ti immagino / in un fiume di sole / e godo della tua luce, / stella cadente, / che vivi della tua bellezza / per far germogliare / in cuori sterili / un amore di speranza”.

Siamo di fronte, come già in altre opere dell’autore, a sentimenti contrastanti, che si raffigurano in altrettanto contrastanti ‘atmosfere poetiche’, che tuttavia sembrano in qualche modo smentire il titolo Quando finisce la luce, perché, al fondo di tutto, sono versi che risplendono di luce – non di luce propria, ma della luce della fede, che è – con l’amore – sempre presente sotto traccia: un esempio per tutti, nella lirica La vita è ancora bella: “Colletti bianchi / dal cuore d’aquila, / ogni volta che un bimbo piange. // Amo la vita / perché è bella, / perché esistono i fiori, / perché in ogni suo angolo / c’è la presenza dell’energia divina / che rende liberi, fecondi, / umani e fratelli, // rende figli e bambini / germogli di anime / piene di speranza”. Amare conviene all’uomo, perché l’amore è riflesso di Dio, e perciò è pegno di gioia.

Del resto, non diceva Dostoevskij (ne L’adolescente) che “vivere senza Dio è soltanto una sofferenza” ? Ci vuole coraggio – come constata Francesco Terrone nella brevissima poesia Vita, quasi un aforisma: “La vita è bella, / ma bisogna avere / il coraggio di viverla”.

Marco Zelioli