Nocera Superiore: tempo prolungato all’IC“Fresa Pascoli“

La questione del “tempo della scuola” ha sempre rappresentato un preciso indicatore del progetto che una istituzione educativa intende perseguire. Si può dire che questo sia avvenuto fin dalla nascita stessa della scuola, a maggior ragione nelle istituzioni “totali” (come i collegi), ma anche nei proclami alternativi (per un tempo “liberato”) della descolarizzazione della società (Illich). Il tempo, dunque, assume una pervasiva funzione simbolica.

Il nostro rapporto con il tempo è un invito a ripensare al rapporto con la nostra vita. L’uso discreto del tempo, l’elogio della lentezza sono quasi diventati uno stile di vita; slow contrapposto a fast rappresenta quasi una scelta ideologica; una corrente filosofica teorizza perfino il pensiero “meridiano” (solare, disinteressato, speculativo) come indispensabile viatico ad una qualità della vita vissuta da bene-stanti 

Filosofi, scienziati, musicisti, biologici, letterati: molti hanno provato a “esplorare” la categoria del tempo, per comprendere l’esperienza, per affinare la conoscenza, per scandagliare la realtà. Nella fisica contemporanea, il tempo tende addirittura a prevalere sullo spazio: la velocità della luce diventa unità di misura fondamentale e criterio “ordinatore” della materia.

La categoria “tempo” si intreccia con la riflessione filosofica e simbolica (cos’è il tempo, come lo si rappresenta, come lo si organizza), alla ricerca di un significato esistenziale (cosa c’è di più soggettivo della percezione del tempo?), prima ancora che psicologico (come influisce la dimensione del tempo nella crescita?). Il concetto di tempo è diventato un classico terreno di ricerca per tutti gli psicologi dell’età evolutiva e rappresenta una struttura essenziale attorno a cui si organizza lo sviluppo cognitivo personale. Nei diversi modelli interpretativi, il tempo costituisce l’asse diacronico (i ritmi, i periodi dinamici, gli stadi evolutivi, ecc.) su cui collocare una corretta idea di crescita dei bambini.

Nella scuola il tempo è diventato spesso una bandiera o un “manifesto pedagogico” (pensiamo all’invettiva dei ragazzi di Barbiana: “ …vi proponiamo tre riforme: I. Non bocciare. II. A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a pieno tempo. III. Agli svogliati basta dargli uno scopo… ”). In molte vicende scolastiche italiane, dal tempo pieno nella scuola elementare (1971) al tempo prolungato nella scuola media (1983), la variabile “tempo” assumeva la funzione di catalizzatore dell’innovazione didattica e metodologica, ma diventava anche il simbolo del riscatto sociale e della democratizzazione dell’istruzione.

L’impegno per l’uguaglianza delle opportunità e degli esiti si concretizzava in modelli scolastici più ricchi e articolati, anche sotto il profilo del tempo scuola. Con “più tempo” si sarebbero potute qualificare le esperienze di insegnamento, valorizzando le dimensioni operative, sociali, costruttive dell’apprendimento degli allievi. Questo è stato senza dubbio il “motore” del tempo pieno, ma anche la cifra interpretativa della riforma della scuole elementare del 1990 (Legge n. 148 del 5 giugno 1990), con l’insistenza sui “tempi distesi” dell’apprendimento quale criterio regolativo di una efficace organizzazione didattica. L’adozione di un orario modulare flessibile sembrò una soluzione capace di favorire la “qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento”.

Il tempo necessario per il “buon” apprendimento

Gli studi di psicologia cognitiva mettono in stretta correlazione il grado di apprendimento di una certa competenza con il tempo necessario all’allievo per raggiungerla (e con il tempo effettivamente impiegato). Il tempo, dunque, diventa una variabile decisiva della qualità dell’istruzione e su di esso si può costruire un efficace progetto di individualizzazione dell’insegnamento. Anzi, c’è chi si spinge oltre (come lo psicologo J.B. Carroll) e interpreta lo stesso concetto di attitudine (oggi sempre più spesso associato all’idea di vocazione o “talento” innato, anche nei documenti ufficiali), con la quantità di tempo necessario per raggiungere un dato grado di padronanza.  In particolare la nostra scuola, con le classi a TP, ha adottato strategie particolari per permettere ad ogni alunno di raggiungere il successo formativo, sia colmando eventuali lacune per gli alunni meno fortunati che promuovendo le eccellenze e valorizzando i talenti. Le attività, pensate in learning by doing e in cooperative learning contribuiscono a sviluppare competenze trasversali , capacità di comunicazione e risoluzione dei problemi, acquisire un metodo di studio critico e autonomo che educhi a chiedersi il perchè di fronte a ciò che accade, che si legge e che si studia. In questo anno scolastico, molto difficile per tutti per emergenza Covid, i docenti del TP hanno ancor di più accompagnato e sostenuto alunni e genitori , creando un clima  interpersonale di collaborazione, vicinanza, serenità. Si è dato spazio all’educazione emotiva creando una forte empatia tra alunno e insegnante attraverso  una naturale disposizione sintonizzante con l’altro. L’empatia determina un effetto clima in classe con effetti positivi sulla qualità delle relazioni e sugli aspetti disciplinari, è facile comprendere come anche lo stile relazionale del Dirigente Scolastico possa essere incisivo in questo senso. Infatti, la disposizione empatica del Preside Cirino ha prodotto un“ effetto clima“ in tutta la scuola determinando relazioni orientate a una maggiore attenzione e comprensione delle situazioni personali e all’accoglienza, realizzando un ambiente umano, di amore e rispetto. Il TP ha realizzato concretamente l’idea di vision del Dirigente con ricadute eccellenti su tutti gli alunni. Ancora quest’anno, difficile perché segnato da una pandemia epocale, il TP chiude con la gioia e l’entusiasmo di tutti, alunni, genitori e docenti.

 

   La referente del TP

     Renata Lepore