Come diventare “europei” di una vera Europa unita

Il patrimonio ereditario sia sociale che culturale, un patrimonio di ciascun popolo d’Europa, attende di diventare patrimonio comune di un’Europa dei popoli d’Europa, veramente unita; veramente coesa come insieme umano. Purtroppo, tradendone il progetto, fino ad oggi proprio non è stato così; ciascuno dei Paesi che ne ha fatto parte è rimasto se stesso soprattutto nella dimensione sociale e culturale; l’unico legame, un vincolo da lacrime e sangue, è stato quello di una falsa unità economica con i banchieri ed i poteri forti di Strasburgo e di Bruxelles che ne hanno dettato le agende e le regole, ispirate ad un rigore da lacrime e sangue, determinando scenari di un’unità nella molteplicità per niente solidali degli uni con gli altri (quelli del Nord con la Germania in testa ferocemente pronti a fottere gli altri, ossia quelli del Sud dell’area Mediterranea, comprendente anche l’Italia). E così quella che doveva essere la grande occasione di nuove opportunità per i più deboli, si è trasformata in un vero e proprio calvario, a tal punto da considerare l’eurozona non un’opportunità, ma un maledetto trionfo della vita negata; tanto, per le crescenti condizioni di un malessere infinito che, con la regia tedesca si è abbattuto sui popoli deboli di un’Europa matrigna che, soprattutto nel decennio dell’euro, non ha saputo garantire le condizioni di vita possibile ai tanti europei d’Italia, di Grecia, di Spagna e del Portogallo e qualche volta anche della stessa Francia. E così, nell’indifferenza dei poteri forti d’Europa sono cresciute per tanti europei le proprie condizioni di povertà; tanto, soprattutto per una grave crisi del lavoro che da diritto è diventato sempre più rifiuto per tante opportunità mancate ai più deboli ed in particolare al mondo giovanile, sempre più dal futuro negato.Un’esperienza europea caratterizzata da tante ombre ad un punto tale da creare una forte opposizione all’UE, considerata una ricetta indigesta per l’insieme europeo, essendo tra l’altro, privo di anima e di quell’anelito di modernità, presupposti necessari per il futuro dell’insieme umano che si prepara sempre più ad essere protagonista unico, del mondo globale, in una dimensione mai prima conosciuta dalla storia dell’umanità. All’attuale Europa dei soli banchieri e dei poteri forti indifferenti, se non del tutto ostili alla vita dei deboli, bisogna saper contrapporre la nostra Europa che è, prima di tutto, quella dell’universalità del rispetto dell’uomo; è da qui che bisogna intelligentemente ripartire ponendo al centro dell’insieme umano la storia degli ultimi da cui può nascere l’importanza del rispetto per l’altro; un rispetto oggi fortemente negato, oggi cancellato dall’infame diritto sempre più universale dell’essere non “umani” ma “disumani”; ad essere egoisticamente solo se stessi, del tutto indifferenti degli altri. C’è una volontà diffusa di produrre solo indifferenza ad un punto tale da non considerare l’importanza umana degli altri, rifiutandone, tra l’altro, anche le occasioni di incontro e di uno stare insieme sempre più necessario per migliorarsi e migliorare quel mondo d’insieme nato da trattati di carta rimasti tali perché ogni popolo è rimasto se stesso nelle sue convinzioni sempre più spesso il frutto di una profonda solitudine umana e di una errata visione del proprio modo di essere uomini sulla Terra. Aveva ragione Giustino Fortunato a porsi un secolo fa una domanda inquietante, più che mai attuale ancora oggi, nei confronti di quegli Stati d’Europa non in lotta tra loro ma impegnati come da trattati a vivere in una cornice di unità che ancora tale non è mai stata ed ancor meno lo è all’inizio del terzo Millennio; si chiedeva Fortunato, parlando dei mali di Napoli se “… avete mai notato anche in Napoli, anche nella prima città del Regno, quel fenomeno terribile e quasi unico in Europa, di una grande città di mezzo milione di abitanti, che per due terzi  della sua popolazione ha una plebe senza lavoro quotidianamente sicuro?” Quanti sanno o si preoccupano di sapere se la plebe, meglio dire i cittadini d’Europa, ha un lavoro quotidianamente sicuro? È un dovere saperlo perché quella plebe è megio dovrebbe essere parte dei cittadini d’Europa, ossia di un popolo unito, con una sola anima; con la sola appartenenza che è quella dell’identità di popolo d’Europa e non solo popolo-plebe nella diversità delle sue componenti umane. Tutto questo ancora oggi non c’è; c’è solo e sempre più, la sola volontà violenta dei banchieri d’assalto attenti a regalare sacrifici ai cittadini, considerati parte marginale di un’appartenenza umana sempre meno sentita, sempre meno espressione di quell’anima europea che non c’è perché non c’è assolutamente la giusta e desiderata volontà comune di essere un solo popolo sostanzialmente unito nel nome dell’Europa, con radici profonde nella lunga e travagliata storia del vecchio continente, ancora oggi un faro di civiltà per il mondo. Il linguaggio dell’UE nei confronti del nostro Paese a senso unico va ripetendo sempre e solo il solito ritornello che è quello dei sacrifici, dei nuovi sacrifici; purtroppo, c’è indifferenza per tutto il resto. C’è tanta indifferenza per l’umanità italiana e per tutti i problemi da risolvere al fine di realizzare quell’unione umana che, nella diversità, se si vuole un vero insieme europeo, potrà e dovrà rappresentare il futuro di un’Europa dei popoli d’Europa, un obiettivo che in tanti considerano non più rinviabile, ma una priorità per il futuro dell’Europa umanamente unita.