Nocera Superiore: Covid-19, Scuola, Dirigente Michele Cirino "Pascoli-Fresa" su attuale momento

Innanzitutto ho riflettuto ultimamente su quello che oggi per noi e per la scuola ancora manca. Manca purtroppo la forza primordiale e incisiva nello stabilire una forte relazione tra apprendimenti e modelli organizzativi, passare da un modello di organizzazione gerarchico- burocratico ad un modello di scuola a sistema formativo integrato con una forte e autorevole leadership innovativa e transazionale; purtroppo sono questi i punti fermi di una scuola dell’autonomia. Per superare ciò c’è bisogno di restituire alla scuola statale autorevolezza, dignità che si traducono anche in più risorse economiche (vedi spese per Funzionamento, supplenze, integrazione progettuale…)
Siamo noi Dirigenti Scolastici chiamati a disegnare, insieme al collegio docenti, un modello di scuola che si intende costruire, la visione di scuola e di organizzazione che si ritiene di implementare, scenari che fanno riflettere parecchie scuole, anche la mia in cui io opero. Nella mia analisi, prendo in considerazione aspetti chiave di un nuovo e più innovativo modello di organizzazione: a centralità didattica, a conoscenza condivisa, a responsabilità diffusa, a comunicazione estesa, a leadership educativa, a partecipazione attiva. Per realizzare tutta la vision di scuola prospettata c’è bisogno di implementare risorse a vari livelli (umane e strumentali). Un istituto dovrebbe avere per lavorare su alcuni punti deboli, nella fattispecie, una conoscenza condivisa non ancora del tutto realizzata. Oggi noi DS siamo marginalizzati nel costruire un modello di scuola su cui si snoda l’autonomia: l’apprendimento organizzativo, la learning organisation, la scuola che riflette sulle proprie potenzialità e sui risultati conseguiti. Eppure si avverte la necessità e l’esigenza di una conoscenza condivisa, la difficoltà a sviluppare una crescita professionale secondo una moderna concezione di apprendimento organizzativo.
Per fare ciò c’è bisogno di una permanenza almeno di breve periodo dell’organico destabilizzato dai continui tagli. Manca, talvolta, nelle scelte organizzative e didattiche, la cultura della learning organisation che rivaluta il collettivo, le “comunità di pratiche” che vanno al di là della storia di un singolo operatore scolastico. Il concetto dello sviluppo del personale risulta particolarmente importante e questo avviene nelle istituzioni scolastiche, soprattutto negli insegnanti quando si trasforma la cultura individualistica dell’”io e la mia classe” in una cultura del “noi e la nostra scuola”, quando supera il distacco dominante con accordi intesi a raggiungere un obiettivo comune ed attraverso una gestione responsabile. C’è l’esigenza di interpretare, la formazione come processo di crescita del ruolo strettamente legata alla cultura dei contesti organizzativi. Alleanze, bisogni psicologici, conflitti, morale, norme informali, codice sociale, lealtà, legami di amicizia, emozioni in un organizzazione che apprende vanno inquadrate in un sistema di significati per trovare connessioni e scoprire somiglianze e differenze con altri elementi.
Il tutto perché le organizzazioni non hanno un significato ma lo costruiscono. Per realizzare ciò c’è bisogno di costruire reti di alleanze tra i Dirigenti Scolastici “Datori di lavoro” ed il mondo sindacale. Di conseguenza promuovere identità e senso di appartenenza, favorire la costruzione di un positivo clima di relazioni sono alcuni degli elementi progettuali che possono essere trasferiti in ogni contesto scolastico. Per promuovere senso di appartenenza e identità e per costruire un positivo clima di relazioni c’è bisogno, nell’organizzazione scolastica, della cultura dell’empowerment, cultura come strategia di sviluppo finalizzata ad incrementare il potere percepito e sperimentato dalle persone, in termini di una maggiore consapevolezza di sé, un’autonomia più consistente, una maggiore responsabilizzazione. Tutto ciò contribuisce ad incrementare il benessere delle persone e , in generale, la qualità del servizio educativo. Bisogna favorire l’adesione a valori come l’apertura, la franchezza, il rispetto di sé e degli altri, la coerenza tra pensiero e azione.
In questo il mondo sindacale può far sentire il suo ruolo di vicinanza e di autorevolezza per costruire una scuola comunità di apprendimento. Tale adesione consente ai contesti professionali di alimentare comportamenti utili per l’organizzazione. Si avverte la necessità, per promuovere senso di appartenenza e identità, della valorizzazione delle relazioni tra persone e modi di pensare diversi. Dalla relazionalità si sviluppa un modo di pensare costruttivo e la costruzione di una società della conoscenza.
Il problema è quello di recuperare tutte quelle caratterizzazioni di personalizzazione, autenticità, collaborazione e professionalità senza delle quali nessuna comunità educativa riesce a sorgere e ad affermarsi e senza delle quali non è possibile nessuna educazione dell’autonomia. Se si vuole un insegnante innovatore, si deve consentirgli di lavorare in un contesto fiduciario in cui le persone con cui opera siano disponibili a collaborare all’interno di un progetto comune. Il Dirigente scolastico sarà messo in grado di valorizzare le risorse della persona coinvolgendola direttamente nella ricerca della strada migliore per superare i problemi. Purtroppo a scuola c’è difficoltà a stabilire rapporti fiduciari solidi e duraturi. In primo luogo l’eccessiva mobilità dei docenti non permette una sedimentazione e un consolidamento dei rapporti umani (potenzialmente un insegnante o un lavoratore ATA potrebbe cambiare scuola ogni anno), in più la scuola per sua natura, a livello organizzativo, è caratterizzata come un sistema a legami deboli (Loose coupling) che anche il mondo sindacale può ricucire.
L’insieme dei docenti di una scuola costituisce un gruppo sociale di dimensioni molto variabili, caratterizzato al suo interno da una diversità di atteggiamenti, comportamenti, posizioni personali. La diversità è legata agli spazi di discrezionalità che ogni insegnante ha. Si tratta comunque di rafforzare negli operatori scolastici alcuni legami significativi sfruttando proprio una delle caratteristiche positive del loose coupling: quella di poter agire su una componente del sistema, senza che questo abbia sulla parte restante ripercussioni da compromettere il funzionamento complessivo ai livelli abituali. Bisogna sviluppare una rete governata di relazioni con il territorio favorendo lo scambio e l’integrazione. In questo c’è bisogno di un quadro normativo che obblighi gli Enti Locali a non emarginare (come spesso capita) le Istituzioni scolastiche che hanno come vincolo purtroppo, a livello operativo, soprattutto in materia di sicurezza, gli Enti locali di riferimento. Un Ente locale inerme può bloccare l’offerta formativa di una scuola. E questo non è più accettabile. Con queste problematiche la scuola necessita di essere governata attraverso una trama organizzativa partecipata e indirizzata e meno naturale (anche alla luce del DPR275/99).
Urge sviluppare una rete governata di relazioni con il territorio favorendo lo scambio e l’integrazione; una rete composta 1)dalla scuola, dalle altre scuole presenti nel territorio, L’Università 3) ASL del territorio e servizi assistenziali e di volontariato 4) rappresentanze del mondo imprenditoriale, Camera di commercio, rappresentanze economiche 5) gli EELL Comune. Questa rete avrà il compito di favorire lo scambio e l’integrazione con il territorio per favorire un vero sistema formativo integrato in grado di dare risposte costruttive alle esigenze e alle richieste degli allievi della società attuale e futura, soggetta a cambiamenti rapidi, indotti dalla innovazione tecnologica e dalle comunicazioni e informazioni massmediali.
L’obiettivo del sistema educativo integrato è di realizzare l’autonomia della scuola come base della conquista dell’autonomia di ogni singolo allievo, secondo quelle che sono le sue potenzialità emotive e le singole situazioni socio-culturali. Scuola a sistema formativo integrato vuol dire in pratica coinvolgere tutta la comunità in un progetto di miglioramento dell’offerta formativa. Bisogna allargare il concetto di educazione al di là della scuola e riconoscere anche il valore dell’extrascuola, considerare il territorio nella sua concezione globale e locale come un laboratorio educativo. Il sistema formativo integrato implica collegialità, partecipazione, corresponsabilità, direttività, il passaggio da una visione organizzativa burocratica (system world) ad una vision umanizzante (life world). C’è bisogno, ai fini di una migliore e più efficiente offerta formativa, di una strategia di miglioramento della scuola che coinvolga tutto il personale docente e il gruppo dirigente in una sistematica analisi della pratica corrente. Anche in questo emergono lacune e mancanze di risorse (vedi il caso INVALSI e la mancata proposta nazionale di un quadro definitivo sulle competenze da raggiungere per gli allievi).
La scuola dovrà caratterizzarsi per una maggiore riflessività e introspezione e dovrà nel contempo colmare il gap tra la riflessione e l’azione. Bisogna aiutare la scuola ad uscire dalla tendenza all’isolamento autoreferenziale, attraverso processi auto valutativi condivisi e tesi al superamento delle problematiche e attraverso una cultura sistemica della valutazione. In questo urgono risorse ulteriori. Come emerge la necessità di attenzione nell’adeguamento contrattuale del Dirigente Scolastico, del personale docente e dei Collaboratori Scolastici e personale di Segreteria, la necessità di una limitazione ai tagli di organico Docenti e ATA che nel tempo destrutturano l’anima della scuola, di un’adeguata pianificazione finanziaria per l’adeguamento delle strutture scolastiche. Serve un input motivazionale e ideale per coinvolgere il mondo della scuola, famiglie e studenti, verso un’opera di ricerca/azione di una vision e mission di scuola socialmente emancipante e portatrice in sé di libertà e di democrazia.
E’ necessario ridare più forte vitalità alla scuola statale (protagonista nella pur breve storia di un cammino di civiltà e di conquiste culturali dei ceti meno abbienti). Evidentemente c’è bisogno di una programmazione della spesa pubblica più attenta alla ricerca scientifica (che parte dai diversi ordini di scuola, Infanzia compresa). Urgono più risorse economiche altrimenti a pagare il gap della mancata e adeguata offerta formativa saranno le classi più deboli. Come ci insegnava il popolarismo pedagogico di Marco Agosti il ruolo della scuola è quello di offrire la prima e fondamentale occasione di aiuto, elevazione e riscatto, per superare differenze sociali e non solo, per un risorgimento inteso soprattutto in senso culturale e morale. Serve per la scuola dell’autonomia e per il suo definitivo decollo (inteso come allargamento del tempo scuola, dei servizi integrati all’offerta formativa, dell’avvio dei laboratori e del cooperative learning, dell’entusiasmo e delle competenze professionali, della sicurezza, del decollo di un sistema di formazione integrato al territorio):
Personale docente adeguato al curricolo e alle macro progettazioni extracurriculari (altrimenti quest’ultime risulterebbero ingestibili),
Più Collaboratori Scolastici (se si vuole un’adeguata sicurezza e igiene nelle scuole), così pure per il Personale di Segreteria;
Più aiuto, in termini di risorse, agli alunni con difficoltà nei processi di Insegnamento/Apprendimento.
Più collegialità tra gli operatori per ridare forza e autorevolezza alla speranza educativa oggi alquanto calpestata.
Budget per il funzionamento adeguato per le scuole.
Favorire innovazione e ricerca nel curricolo mirando non al maestro tuttologo, ma integrando, recuperando l’insegnamento “unitario” modulare figlio della L.148. Quale tipo di organizzazione scolastica ? E’ evidente che il tipo di organizzazione scolastica ormai anacronistico è quello verticistico, burocratico-amministrativo. In questo tipo di organizzazione si definisce in modo autarchico la missione della scuola. I confini organizzativi sono netti e distinti. Il servizio è nucleare e non prevede l’apporto di altri. I rapporti con gli altri servizi sono di tipo antagonistico, di indifferenza, non vi è investimento di risorse e di cultura per l’ascolto e la comprensione dell’attività altrui. E’ presente nel modello burocratico la propensione all’autoreferenzialità. Il processo di insegnamento-apprendimento è già codificato. C’è un’enorme divisione e gerarchizzazione del lavoro. Nel modello di scuola razionale-burocratico è presente bassa autonomia, poco dialogo in verticale, molto controllo delle procedure formali. Il potere segue coordinate verticistiche e gerarchizzate ed è dato dai superiori. Il processo di apprendimento è standardizzato, gli studenti sono visti come contenitori. Il modello burocratico-verticistico condiziona non poco anche il ruolo del Dirigente scolastico che si configura come colui che si preoccupa troppo poco della chiara formulazione degli obiettivi della scuola, che attribuisce un valore particolare ai lavori amministrativi. Non dà sollecitazioni per un concreto miglioramento dell’insegnamento. Manca una chiara analisi delle problematiche.
Manca una cultura dell’empowerment e della learning organisation. Manca la motivazione positiva per alunni e insegnanti. I dirigenti seguono troppo poco la qualificazione specifica e pedagogica dei docenti e danno troppo poca importanza ai rapporti interpersonali. In questo quadro gli alunni vengono coinvolti troppo poco nelle decisioni e non vengono abituati ad assumersi delle responsabilità. Nel modello verticistico la partecipazione dei genitori alla vita della scuola si limita a necessità di carattere legislativo. La scuola è integrata poco nella comunità. I genitori e gli alunni non si identificano con la loro scuola. In definitiva nel modello burocratico la struttura dell’organizzazione è funzione, logica e razionale conseguenza dei suoi scopi. L’organizzazione della scuola è influenzata dagli scopi, dalle aspettative dei suoi responsabili. Il modello in questione ha matrici culturali weberiane e tayloristiche consistenti nella impersonalità, nella formalità, nel rapporto gerarchico, nel carattere prescrittivi nell’attribuzione dei compiti.
Il rapporto che la scuola instaura con gli altri sistemi è di natura burocratica. Vengono coinvolte prevalentemente le attività amministrative. Il sistema di scuola scaturito da questo modello è estremamente autoreferenziale non autoregolativo, non riflessivo e retrospettivo. E’ una scuola eteronoma caratterizzata dal centralismo, dalla mancanza di flessibilità, dalla conflittualità socio-politica, dalla richiesta di partecipazione democratica. Al modello di scuola burocratico-verticistico si contrappone il modello organizzativo a sistema formativo integrato, della learning organisation. In questo contesto l’organizzazione scolastica definisce la propria mission in presenza di una rete di altri servizi con cui interagire.
L’organizzazione opera nell’area dell’integrazione e nell’area delle attività di responsabilità diretta. In questo modello si prevede un preciso investimento di risorse e di cultura per l’ascolto e la comprensione dell’attività altrui. E’ un modello estremamente retrospettivo e aperto al territorio. Ha una cultura della valutazione sia interna che esterna. Infatti la valutazione del servizio risulta dalla combinazione del proprio apporto con quello altrui al fine di corrispondere al benessere dell’utente. La scuola che si configura in questo modello è in grado di definire una propria identità chiara, stabile e sostenibile, instaura una serie di relazioni con i vari mondi di riferimento, pone in atto comportamenti collaborativi, riconosce legittimità agli altri attori, acquisisce una legittimazione intorno alla propria proposta. Le riflessioni dell’autore citato nel passo de “Il maestro di Pietralata” anticipano di alcuni decenni alcuni aspetti teorici e organizzativi su cui si fonda il sistema formativo integrato e la legittimazione pedagogica dell’autonomia scolastica (Sognare una scuola modello, dove tutto è predisposto in anticipo, è stato il grossolano errore di quei colleghi che confrontavano la scuola di Pietralata con quelle del centro…).
Questa visione risalente alla metà degli anni 70 anticipa il modello di scuola prospettato oggi, di una scuola come servizio alla persona, finalizzato ad una autentica promozione personale. Un modello di scuola centrato sulla costruzione collaborativa, consapevole e concorde di discenti e docenti. Una scuola organizzata a sistema complesso che offre pari opportunità educative, che garantisce l’autonomia amministrativa e didattica, che si configura come un sistema dinamico complesso capace di interagire, in modo costruttivo, con la società del cambiamento e dell’innovazione. Una scuola che esalta un percorso formativo multidimensionale per formare l’uomo e il cittadino. In conclusione possiamo dire che la scuola delineata, che si intravede nel passo citato è quella che spesso definiamo tradizionale in contrapposizione alla scuola dell’autonomia. La suola degli anni 50/60 era basata sui contenuti, su materie isolate, sulle mere capacità intellettive, sulle conoscenze, su una visione storica, su una mentalità analitica. La scuola profeticamente prospettata dall’autore A. Bernardini si fonda sulle capacità inter relazionali e di comunicazione, sulle competenze, su una visione sistemica della realtà, su una mentalità sintetica, all’analisi viene contrapposta la creatività.
E’ importante, nella ricerca letteraria di testi inerenti l’analisi autobiografica dell’esperienza scolastica (tesi a far riflettere e a problematizzare alcune questioni importanti riguardanti il sistema scuola e una visione innovativa della scuola), rilevare la promiscuità di scritti e di testi. Da Mario Lodi a Don Lorenzo Milani, da Agosti a Mencarelli. La testimonianza di quegli anni che mi ha particolarmente colpito per le accuse rivolte al sistema scolastico gerarchico, verticistico e burocratico è di Natalia Ginzburg che in un articolo de L’Espresso n.41 del 1972 lancia una chiara accusa alla scuola degli anni 50 e di conseguenza anche degli anni ‘60. “Se ricordo i miei anni di scuola, ricordo noia, paura e senso di colpa. Queste tre sensazioni mescolate insieme, mi sembrava mi impedissero di studiare. Detestavo tutto quello che faceva parte della scuola: i corridoi, i campanelli, i grembiuli neri, la lavagna, il gesso…
Mi si può chiedere: allora lei abolirebbe la scuola? No non la abolirei ma la rifarei completamente.” Ancora più duro verso la scuola verticistica degli anni 50/60 è Don Lorenzo Milani in “lettera a una professoressa” che lancia il suo grido di accuse verso “la scuola di classe”, verso l’istituzione scolastica come strumento di selezione sociale: “…Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che respingete…Voi dite di aver bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri. Ma Dio non fa questi dispetti ai poveri. E’ più facile che i dispettosi siate voi…” E ancora Alberto Moravia che sul tema esposto, con questa citazione conclude il nostro percorso sull’analisi e sugli spunti tematici offertici da “Il maestro di Pietralata”. Dice a proposito del sistema scolastico in un suo corsivo il noto scrittore accusando la scuola vericistica e burocratica ormai anacronistica: “…tutto quello che so l’ho imparato da solo e a casa mia, leggendo i libri che mi piacevano…Bisognerebbe offrire al ragazzo il maggior numero di scelte possibili, porgli fin da principio un programma di insegnamento unico. In poche parole conversare con lui, seguendo la traccia delle sue curiosità e del nostro raziocinio…La risposta è: nessuna scuola oppure una scuola lunga come la vita.”
Il DS Michele Cirino
ISTITUTO COMPRENSIVO Fresa Pascoli
Nocera Superiore