Mercato San Severino: la poesia-musica di Francesco Terrone, emozioni in note

Rita Occidente Lupo

Quando la poesia diventa musica…asse portante della poesia di Francesco Terrone che, dalle 501 rose inviate ad Umberto Bossi, ha riscattato in toto l’anima meridionale, dimostrando come sia proprio il sentimento a dominare anche il campo più freddo della razionalità. Al di là di ogni semantica e di ogni allocuzione, i suoi versi colpiscono perchè dritti al cuore. La sua produzione, ormai non conosce confini. Unanimi i consensi critici, che in un crescendo d’assensi, continuano a limare emozioni ed a dettare le coordinate di una lirica contemporanea, senza battute d’arresto. “La poesia è per me fonte di vita: catarsi nei momenti in cui gl’impegni lavorativi sembrano stringere il cerchio oneroso delle responsabilità. Non avrei mai immaginato di poter riscuotere plausi su diverse piazze e di giungere a musicare anche, grazie a validi maestri, i miei singhiozzi del cuore. In cantiere un altro best seller, dopo la Via Crucis, che ha incassato anche lusinghieri apprezzamenti di alti porporati.” Così Terrone, tra mille incombenze dell’azienda Sidelmed, alla quale ha dato vita da anni, diramata in tutto lo Stivale, con sede centrale a Piazza Del Galdo: eppure i minuti per gettare giù quanto l’estro gli detta o, meglio, la sensibilità gli suggerisce, senza temere di restare sconfitta dalla razionalità, sempre nel suo orologio di viaggio. Giammai soggiacente alle logiche del comune andare, la poesia valica spazi e sfiora i meandri dell’essere, riandando con echi sempre rinnovati su quelle orme battute dai poeti d’ogni tempo. Per l’ingegnere-poeta, dagli affetti familiari, alle problematiche contemporanee, rigurgiti di un sentire autonomo da ogni ancillare apporto all’occasione. Il verso si libra in spazi sempre diversi, assecondando un’autonoma voluttuosità nell’ immediatezza: un poetare talvolta liberty, tal’altra classicheggiante, senza forzature e sbavature romantiche. La poesia diventa così specchio di tensioni e di emozioni, di ricerca e di catarsi, d’inquietudine e di serenità, tra le rughe della matura stagione della vita che, per ogni poeta che si rispetti, continua a lasciar spazio all’innocente fanciullino, che pascolianamente non smette di approcciare all’universo “con animo sempre perturbato e commosso!”