Salerno: Casa del contemporaneo “I Brutti anatroccoli”, concerto-teatro al Parco Pinocchio

Tra papere con gli occhiali, strumenti musicali, divertenti e poetiche suggestioni lo spettacolo musicale I Brutti Anatroccoli scritto e interpretato da Silvano Antonelli, con la collaborazione di Talia Geninatti Chiolero, porta in scena personaggi della vita di tutti i giorni. Chi indossa gli occhiali, chi impiega un po’ più degli altri a leggere una frase, chi ha la pelle un po’ più scura e chi un po’ più chiara, chi fa fatica a scavalcare un gradino con la sedia a rotelle, ma tutti, sempre, impegnati a guardare il grande cielo che li circonda e a cercare un modo per alzare gli occhi e provare a volare. Essere uguali. Essere diversi. Per i bambini ogni attimo serve a costruire un pezzo della propria identità e il mondo è pieno di modelli e di stereotipi di efficienza e bellezza rispetto ai quali è facilissimo sentirsi a disagio. La fiaba di Andersen, a cui il titolo si ispira, è qui vista come un archetipo. Come un classico che tocca un argomento universale, che va ben oltre il tempo in cui la fiaba è stata scritta. Per indagare un tema che tocca nel profondo il destino di ogni bambino e di ogni persona.“So bene che non è un tema nuovo – riferisce in una nota AntonelliSo bene, anche, che è un tema eterno, che mette alla prova le nostre paure più profonde. E ci sono epoche in cui certi temi si fanno più urgenti, nei quali occorre avere il coraggio di superare lo smarrimento e provare a guardare negli occhi il presente. E il futuro. Non è solo una questione di quanti siano gli anatroccoli che si sentono, o vengono visti, come diversi. E’ l’idea che questo argomento ci riguarda tutti. Che il mondo è come un immenso stagno nel quale nuotano tantissimi anatroccoli. Tutti diversi uno dall’altro. Tutti a guardarsi intorno. Tutti a cercare di volare. Ognuno come vuole. Ognuno come puó “. Per allestire lo spettacolo la compagnia STILEMA UNOTEATRO di Torino ha tratto ispirazione dai bambini di scuola dell’infanzia e primaria, che sarebbero stati poi anche destinatari del testo finale, coinvolti in giochi di improvvisazione intorno ai temi della ‘diversità’ e della ‘normalità’ all’interno di laboratori. Allo stesso modo è stato necessario spingersi verso un confronto diretto con quanti la tempesta la affrontano tutti i giorni. Da qui l’incontro con ‘ex-bambini’, ormai adulti, che convivono con difetti fisici, difficoltà di apprendimento ma hanno trovato ugualmente un loro modo per volare anche da ‘brutti anatroccoli’. Un teatro che vive nel mondo e nel mondo cerca la sua ragione di esistere. Un testo che non è fatto solo di parole ma è fatto del vivere stesso. Del frequentare le persone alle quali si intende rivolgere il proprio spettacolo.“La scuola, ancora oggi, ha difficoltà ad attivare nei bambini processi interiori di rispetto, solidarietà e comunicazione positiva nei confronti di persone etichettate come diverse – riferisce Giada Morandi, una ‘ex-bambina’- Il teatro invece ha un modo di fare scuola senza veicolare contenuti disciplinari, integrando in una alchimia quasi perfetta tutti i linguaggi a disposizione dell’essere umano – la parola, la musica, l’immagine – consentendo di vivere in prima persona le vicende, favorendo forme di identificazione con importanti risvolti anche educativi per la preziosa funzione catartica che, tra le altre, può svolgere”. I bimbi, con o senza disabilità, desiderano le medesime cose degli altri: vogliono divertirsi, gioire, condividere. Anche con questo spettacolo segniamo in modo indelebile l’universalità del diritto alla felicità. Il diritto essenziale a essere persone.