Gli scenari tristi della politica italiana

Giuseppe Lembo

Ad osservare gli scenari della politica italiana e dell’insieme italiano che la sostiene, c’è da essere veramente tristi; oltre che tristi c’è da essere veramente preoccupati. Il tempo della sofferta crisi porta con sé un fatto assolutamente nuovo; è il positivo delle pentole scoperchiate. Oggi, come non mai prima, si capiscono tante cose che in tempi normali, in tempi ipocritamente normali, è assolutamente difficile capire, in quanto a fare da scudo protettivo c’era l’ipocrisia di comodo, con tanta, tanta falsa finzione, il frutto di una solidarietà di facciata che serviva e serve ad una diffusa autoperpetuazione di se stessi; del proprio egoistico ruolo basato sull’insieme, di cui si è avuto da sempre una funzionalità ed un’utilità reciproca dell’uno per l’altro, con diffuso falso rispetto degli uni per gli altri. È questo il percorso amaro della mala politica; un percorso che, così facendo, non può, oggi men che mai, assolutamente approdare alla buona politica che, per essere tale, deve avere alla base il protagonismo delle umanità condivise e solidali, con un grande rispetto umano dell’uno per l’altro. Con un grande senso di solidarietà degli uni per gli altri che, così facendo, dovrebbero sentirsi e considerarsi parte di un unicuum assolutamente inscindibile; parte di un corpo solo, per quei saggi fini d’insieme che sono al di sopra dell’uomo contingente, da cui non si può essere sfiorati e/o ancora peggio, coinvolti con danni non solo singolarmente intesi, ma anche e soprattutto in quel falso insieme societario che, non ha alla base il giusto collante unificante per tutte le diverse situazioni, senza compromettere le funzioni del fare che vanno al di là del proprio egoistico sé del “prima di tutto Io”. Un mondo così fatto, di un falso protagonismo d’insieme; un mondo fortemente ammalato di sé. Un mondo assolutamente senza futuro, in quanto ha alla base quella egoistica dominante unica del tutto per sé; tanto, con la diffusa indifferenza umana e politica per gli altri che devono in silenzio rispettare le regole del potere, manifestandosi sempre silenziosamente consenzienti e condividendone i percorsi, fatti dei falsi e bugiardi compromessi del potere unico che non riconosce i vincoli di saggio rispetto nel rapporto elettori/eletti e tanto meno riconosce agli elettori silenziosi, se non il solo proprio dovere di accettare tutto in silenzio e senza battere ciglio. È questo, purtroppo, il ruolo che compete a chi ha delegato altri ad una rappresentanza assorbente che, così facendo, diventa rappresentanza unica per effetto di una delega in bianco che irrobustisce il potere di chi governa, facendone alzare sempre più spesso la voce a sproposito, al solo fine di gridare forte al mondo il “qui comando Io”; il qui è vietato mettere il naso, in quanto tutto dipende solo dal proprio libero fare e dal proprio decidere che non ha assolutamente vincoli di mandato. Il mondo politico italiano, non ha dentro di sé niente di saggiamente buono; non ha purtroppo niente, dico niente di quel positivo italiano che serve agli italiani per continuare a sentirsi un popolo unito. Un popolo d’insieme umanamente solidale avendo ormai cancellato gli egoismi tristemente inopportuni del tutto per sé, familisticamente ed ancor più individualmente, alla base del proprio fare. Nel voto referendario in tanti si sono affidati, senza battere ciglio, al Renzi italiano, considerato l’invincibile; considerato il conquistatore del nuovo italiano. Dal suo potere unico, il buon Matteo convinto di essere “il più grande d’Italia”, di essere l’assoluto”, dai più acclamato il “dominus” senza macchia di un’Italia alla ricerca del nuovo e finalmente ritrovato nel Matteo Renzi italiano.  Una figura assolutamente indiscussa; una figura voluta bene e/o temuta e considerata la persona giusta per traghettare l’Italia verso il nuovo italiano, superando, tra l’altro, le tante sofferenze socio-economiche e le resistenze di un’Europa, a prevalente potere franco-tedesco, sempre meno disponibile verso il nostro Paese dai mali infiniti e purtroppo con gravi problemi di futuro, considerato economicamente a rischio default, come dimostrato dalle anomalie tutte italiane di un susseguirsi di governi, quello ultimo di Matteo Renzi compreso, messo in piedi senza la libera espressione del libero voto da parte del popolo sovrano. Ma lasciando da parte le tante anomalie italiane, è bene seguire da vicino e con la dovuta attenzione i mille giorni del potere renziano al governo del Bel Paese. Mille giorni di governo da uomo solo ala comando, con un decisionismo del “tutto è lecito”, assunto con un fare unico, a cui silenziosamente faceva da spettatori silenziosi la numerosa schiera dei subalterni, balbettando e/o sillabando a mala pena, il proprio consenso di sudditi, dando e sempre più in eccesso, l’ossigeno del potere unico che, così facendo, lo faceva apparire il grande ed indiscusso padrone d’Italia; un potente, dal potere unico, con vassalli sudditi sempre pronti ad ubbidire. Con questa forza di dentro, in modo fortemente unico, dopo un tempo di facili promesse a tutti, vestendo i panni del grande capo unico d’Italia, con il consenso maggioritario della sua parte al governo del Paese, ha organizzato a suo uso e consumo una lunga stagione referendaria; tanto, al solo fine di farsi incoronare il dominus italiano. Il dominus assolutamente unico, da parte del popolo sovrano diviso a metà e pronto ad essere il popolo vittorioso del SI oltre che alla Riforma Referendaria, del SI per incoronare Matteo Renzi il nuovo ed indiscusso principe italiano. Tanto come espressione vincente della grande Repubblica renziana, convintamente certa di un suo risultato, il frutto di una valanga di voti a senso unico, annullando, così facendo, quell’Italia politicamente al tramonto e prossima a non comandare più niente; a non comandare assolutamente niente, in quanto il potere italiano appariva illuminato dalla sola grande stella nascente del Matteo italiano, l’unto del Signore, chiamato a governare, da uomo solo al comando, un Paese che sembrava volersi affidare ai voleri dell’uomo forte, arbitro unico e decisionista senza ascolto, del fare italiano che, nel progetto renziano, doveva rappresentare il solo fare del decisionismo dell’uomo solo al comando. Fino al risultato del voto referendario nella lunga notte del 4 dicembre, Matteo Renzi, al PD suo partito di riferimento e con gli altri suoi alleati di governo, questi scenari, rappresentavano gli scenari nuovi e vincenti dell’Italia futura; gli scenari inondati da una valanga di voti, da cui partire per il grande cambiamento a senso unico dell’uomo solo al comando. Ma il bel sogno, così lungamente accarezzato, è stato cancellato, dopo la chiusura delle urne, dai primi exitpool di schede democraticamente votate che davano un risultato del tutto diverso rispetto alle attese della vigilia, considerata la sacra vigilia del trionfo renziano. Nonostante le promesse fatte, nonostante l’impegno profuso, nonostante le tante belle parole agli italiani da parte del nuovo Messia, i risultati dell’Italia divisa in due, davano un segno percentuale completamente nuovo ed assolutamente imprevisto, con un Si indietro al 40% ed un NO, trionfatore, oltre le tante previsioni sondaggistiche, al 60%. Una terribile doccia fredda per quella parte politica renziana convintamente pronta a festeggiare il trionfo del SI che avrebbe sconsideratamente violentato la Carta Costituzionale, un patrimonio italiano dei Padri Costituenti da rispettare, apportandovi gli opportuni e saggi adeguamenti così come richiesti dai tempi nuovi, senza quegli stravolgimenti renziani di una brutta nuova Costituzione, assolutamente altro, rispetto al testo costituente. Una nuova Costituzione, tra l’altro scritta male e con in sé gravi e possibili danni per il futuro italiano che deve sempre e comunque sapersi riconoscere nelle certezze delle sue origini, radici di un’Italia libera e democratica che non è dato a nessuno, facendosi male, non rispettarne i principi costitutivi ed i suoi valori fondanti.