Castel San Giorgio: le colombe di Vincenzo Avagliano

Anna Maria Noia

Nell’ambito dei festeggiamenti per la Madonna Immacolata, culto molto sentito e diffuso a Castel S. Giorgio, l’omonima ed antica confraternita in via Piave (chiesa di S. Maria delle Grazie) ha potuto organizzare l’inaugurazione di un dittico artistico – a cura dell’accolito pittore Vincenzo Avagliano. Un artista, appunto, di origini cavesi – ma residente da tempo a S. Giorgio. Altre importanti iniziative si vivranno in prossimità dell’8 dicembre venturo, quando le celebrazioni raggiungeranno il momento clou – sia per il programma strettamente ecclesiastico che riguardo a quello civile. In particolare, per ciò che concerne quest’ultimo, la congrega ha approntato l’evento musicale “Le zampogne di D’Altrocanto” – Seguendo la stella cometa: si tratta di una pregnante esibizione di canti e suoni prettamente natalizi, con sottofondo di zampogne, a cura dell’ensemble musicale “D’Altrocanto” – il cui responsabile principale è Antonio Giordano. Tornando all’inaugurazione-disvelamento dell’opera d’arte – proprio due tele ricavate da altre sei, in materiale misto, con vernice e altro – essa si è tenuta domenica 27 novembre. Dopo la Messa, officiata – anche – da don Gianluca Cipolletta, il critico d’arte Adelaide Trabucco ha esplicato il simbolismo delle due tele, raffiguranti colombe; ciò in parole semplici, e con frasi comprensibili ai tanti tra fedeli e curiosi che hanno affollato i locali della chiesa adiacente la confraternita. Tutto, in presenza del priore Gennaro Cibelli – noto acconciatore per uomini della cittadina – dell’autore e di altre autorità religiose. Come don Graziano Cerulli, già parroco di S. Maria delle Grazie. “L’Immacolata colomba candida della nostra liberazione”: è il titolo del capolavoro. Un condensato di spiritualità, scaturito da un intenso lavoro o travaglio interiore da parte di Avagliano. La Trabucco ha descritto la “grande intuizione” di Avagliano verso la Madonna, avendola egli vista come colomba. Una creatura metafora di leggerezza e per di più molto presente nella Bibbia – sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. Per il critico d’arte, la colomba è segno di innocenza, mansuetudine e devozione. Anche nel Vangelo di Matteo, dove si ammonisce di essere “semplici come colombe”. Lo stesso battesimo di Cristo – nel Nuovo Testamento – vede intervenire sulla scena la colomba dello Spirito Santo. Ancora, il simpatico uccello è ricordato dopo il Diluvio Universale; ma, anche nella storia dell’arte, agli artisti non è sfuggita la simbologia dell’essere alato: in dipinti quali l’Annunciazione e la Pentecoste – ma non solo – la colomba attesta i movimenti e il candore dell’anima. Pertanto, l’opera del maestro Vincenzo Avagliano – nelle parole della Trabucco – intende rappresentare l’anima liberata (dal peccato), che va verso l’alto. Una iconologia ed iconografia che mutua la purezza dell’Immacolata Concezione. Che porta a Dio padre per mezzo di Cristo. Non a caso, ha notato e fatto notare la docente, il 27 novembre è (stato) il giorno in cui la Vergine ha ordinato il conio della Medaglia Miracolosa – apparendo a S. Caterina Labourè. Adelaide Trabucco ha ricordato che le colombe si oppongono al serpente, simbolo biblico del demonio. Come d’altronde recitano i passi della Genesi e dei Protovangeli riguardo “l’inimicizia” tra la Madonna e il serpente stesso. Il titolo di colomba indica dunque il biancore, l’innocenza e la semplicità. “Colomba senza fiele”, ossia senza cistifellea – che produce la bile, e quindi l’odio e l’amarezza – è indicata la Madre di Cristo nelle parole di un antico canonico medievale. Niente di amaro, pertanto, né di corrotto, di imperfetto. Lo Spirito, altresì, è rappresentato a mo’ di colomba; lo è anche il nostro, di spirito. Poi la critica ha spiegato per filo e per segno come è strutturata proprio l’icona di Avagliano: il suo volo di colombe è molto movimentato, dinamico; le colombe stesse si incontrano specularmente, a volte si sovrappongono. E’ la forza dello Spirito (Santo) però che le fa librare in alto. Dei fasci di luce presenti nel manufatto indicano una separazione – anche cromatica, nel senso di utilizzo di colori e tinte indicatissime – tra l’umile terra, in giallo ocra, e le varie tonalità di blu a delineare il Paradiso. Veramente Cieli nuovi e terra nuova… nei colori del pannello, tinte complementari una più scintillante dell’altra. L’elemento su cui il pittore ha realizzato l’opera è di per sé stesso sottile e quasi fragile. Non sono mancate, nella precisa illustrazione del manufatto effettuata dalla docente, varie e puntuali citazioni sia bibliche che figurative sul fatto che “Dio fa muovere tutte le cose” e “Gesù rende nuove le cose”. Maria è giunta a noi sotto forma di colomba – come il titolo – proprio allo scopo di “liberarci”, di “redimerci”. Essendo e restando madre e sorella, per noi. Parole di elogio ad Avagliano sono state rivolte da Cibelli; il realizzatore si è dimostrato emozionato, umile e dimesso. Ha detto la sua anche don Cipolletta, che ha parlato di “Messaggi dall’arte alla nostra anima”. Il sacerdote ha ricordato il “volo” di Maria – stigmatizzato dal Concilio Vaticano II – e ha dichiarato che la Madonna è la donna che ha camminato e cammina di più di tutti quanti gli uomini. Non siamo soli, nel nostro viaggio tra mortale e immortale. Alla ricerca di una dimensione nuova.