Tributo a Eco: il doppio ricordo corre sui social

Amedeo Tesauro
A qualche giorno della notizia e in attesa dei funerali laici, i media continuano a snocciolare i ricordi d’archivio e a tributare gli omaggi alla figura di Umberto Eco, professore, scrittore, semiologo e tanto altro (perfino sceneggiatore del Lascia o Raddoppia). Omaggi dovuti, necessari per un intellettuale capace di uscire dal campo di appartenenza e divenire nome di dominio pubblico attraverso il successo letterario e le sue opinioni, omaggi non solo dai media, da chi la notizia deve darla e farla pesare, ma anche da una massa più larga di quanto forse si credeva. La news della morte corre sul web, Facebook si riempie di ricordi e ringraziamenti, Eco che fa tendenza su Twitter, elogi da tutti, proprio su quei social che danno parola a “legioni di imbecilli”, come ebbe a dire in una delle ultime polemiche (più fraintesa che altro). Solite cose, quando uno muore tutti si fermano a celebrarne la vita, figuriamoci se ciò non vale per uno scrittore di rilievo, onnipresente nel dibattito culturale, nome di spicco del pensiero italiano, uno insomma a cui ci si appellava anche prima, e non solo ora. Evitare di banalizzare, perché Eco in tanti l’avevano conosciuto per davvero: si pensi alle generazioni di studenti che si sono affidati ai consigli di Come si fa una tesi di laurea, o semplicemente ai suoi lettori, tanti, in quell’ambito dove Umberto Eco è stato a tutti gli effetti una rockstar, uno da oltre 50 milioni di copie col suo Il nome della rosa, solo per citare il romanzo di maggior successo (il peggiore a detta di Eco stesso). Oppure si pensi ai tanti studenti e studiosi di scienze della comunicazione, quell’amalgama di discipline tanto offeso e insultato, di cui Eco era padre e non solo spirituale, come si usa dire in questi casi. Forse il maggior scherzo riguardante Umberto Eco e la fanfara virtuale di questi giorni sta proprio nella doppia dimensione dei tributi: da un lato chi l’ha conosciuto come scrittore e intellettuale che si fa sentire nel dibattito pubblico, dall’altro chi Eco l’ha conosciuto come esperto del suo campo, la semiotica, l’analisi della cultura popolare, i contributi dati all’analisi della comunicazione. Ovvero gli scritti e gli studi su discipline ritenute assolutamente marginali e perfino inutili dalla maggior parte dell’opinione pubblica, la stessa per cui scienze della comunicazione sono scienze delle merendine, ambiti insignificanti e non meritevoli di approfondimento. Paradossi della comunicazione, paradossi di chi ha surfato tra la cultura alta e la cultura bassa:  Eco autore de Il pendolo di Foucault o Il cimitero di Praga, ma anche della Fenomenologia di Mike Bongiorno o Apocalittici e integrati, tanto per citare alcune delle sue opere. Una sola figura, doppio, e paradossale, il ricordo.